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Fondo perduto senza verifica sulle violazioni tributarie

È illegittimo il diniego all’erogazione dei contributi Covid fondato sul presupposto di eventuali violazioni o debiti del contribuente.

È illegittimo il diniego all’erogazione dei contributi Covid fondato sul presupposto di eventuali violazioni o debiti di natura tributaria del contribuente. Il fatto che a provvedere al pagamento del contributo ovvero al suo recupero sia l’agenzia delle Entrate prescinde da parte di quest’ultima qualsiasi valutazione che possa subordinare l’esborso alla verifica dell’affidabilità fiscale del richiedente. A stabilirlo è la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza 1769/15/2023.

I requisiti per gli aiuti 

Il contributo a fondo perduto, previsto dal decreto Rilancio (articolo 25 del Dl 34/2020), consiste nell’erogazione ai titolari di attività d’impresa, di lavoro autonomo e agricole, di una somma di denaro commisurata alla diminuzione di fatturato causata dall’emergenza sanitaria.

Gli operatori economici che potevano beneficiare del contributo sono individuati in coloro che esercitano un’attività d’impresa o di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario.

I requisiti, subordinatamente ai quali la normativa ricollega il diritto al contributo sono individuati nella circostanza che i contribuenti nel 2019 abbiano conseguito un ammontare di ricavi e compensi non superiore a 5 milioni di euro e che il totale del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

La decisione 

Sulla base del delineato quadro normativo la Corte di giustizia tributaria lombarda ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo illegittimo il diniego opposto, che era stato fondato sul fatto che l’irregolare situazione fiscale del contribuente avrebbe determinato delle incongruenze tra i dati comunicati dal contribuente e quelli rilevanti ai fini della legittima erogazione dell’agevolazione.

Muovendo da tali premesse i giudici ricordano – a prescindere dalle eventuali violazioni o debiti di natura tributaria – come il rispetto dei requisiti stabiliti dalla norma erano facilmente verificabili dall’agenzia delle Entrate attraverso il raffronto delle fatture elettroniche trasmesse.

Tra l’altro, sottolinea la Corte, la finalità del contributo a fondo perduto è quella di contrastare gli effetti economici negativi conseguenti alla pandemia mediante l’erogazione di disponibilità finanziarie necessarie per mantenere in funzione le attività produttive.

Verifiche limitate 

Pertanto, l’agenzia delle Entrate doveva limitarsi a verificare – mediante il riscontro dei dati trasmessi dal contribuente con le informazioni presenti in Anagrafe Tributaria – la presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi del richiedente non potendo, al contrario, condizionare l’erogazione del contributo sulla base di un giudizio di sussistenza, o meno, di fedeltà fiscale del contribuente.

Fonte: Il Sole 24 ORE

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