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Tax credit energia, l’F24 scartato non preclude la remissione in bonis

Remissione in bonis per i crediti d’imposta energia: l’Agenzia ha comunicato la riapertura del canale telematico per accedere all’istituto.

Entra nel vivo la remissione in bonis per i crediti d’imposta energia. L’Agenzia ha comunicato la riapertura del canale telematico per consentire l’accesso all’istituto in relazione ai crediti d’imposta energia non comunicati o comunicati in modo errato entro il 16 marzo scorso alle Entrate. A tal fine, oltre al versamento della sanzione fissa di 250 euro utilizzando il codice tributo «8114» tramite il modello F24 Elide, bisognerà presentare la comunicazione in precedenza omessa, in linea con quanto previsto dalla risoluzione n. 27/E del 19 giugno 2023 (si veda l’articolo «Tax credit energia, sì alla remissione in bonis entro il 30 settembre»). Coloro che intendono invece correggere una comunicazione errata dovranno prima annullare tale comunicazione (si veda il punto 2.5 del provvedimento 44905/2023 delle Entrate), per poi procedere al versamento della suddetta sanzione e all’invio della comunicazione corretta. 

Crediti d’imposta che rientrano nella sanatoria

I crediti d’imposta energia interessati dalla sanatoria sono quelli maturati nel corso del 2022, non utilizzati in compensazione alla data del 16 marzo 2023, e non inseriti nell’apposita comunicazione telematica che i contribuenti interessati avrebbero dovuto inviare all’agenzia delle Entrate entro la medesima data. A seguito dell’emanazione del documento di prassi in commento e dalla riapertura del canale telematico, è ora possibile utilizzare il software per la comunicazione dei crediti d’imposta maturati nel 2022, disponibile sul sito dell’agenzia delle Entrate, per sanare entro il 30 settembre 2023 l’omessa comunicazione e beneficiare così della possibilità di utilizzare in compensazione i crediti d’imposta in questione, versando contestualmente la sanzione di 250 euro al fine di perfezionare l’accesso all’istituto della remissione in bonis. 

Compensazione con l’acconto calcolato con il metodo previsionale

In vista della scadenza del 30 settembre 2023 per l’utilizzo in compensazione di buona parte dei crediti d’imposta relativi al “caro energia” maturati nel corso del 2022, le imprese che accederanno alla remissione in bonis si troveranno a dover effettuare una serie di valutazioni di convenienza (utilizzo diretto o cessione a terzi) per non rischiare di subire la perdita economica derivante dall’impossibilità di utilizzarli in compensazione a partire dal 1° ottobre 2023. A tal proposito, in assenza di debiti tributari sufficienti da compensare con i crediti d’imposta energia, un’impresa potrebbe valutare l’opzione di versare da subito un maggiore acconto Ires e Irap utilizzando il metodo previsionale in luogo dell’importo dovuto utilizzando il metodo storico. In relazione a tale ipotesi, con la risposta a interpello 8/2023 è stato chiarito che sebbene non vi sia alcuna preclusione legislativa al versamento di un acconto calcolato con il metodo previsionale per un ammontare superiore rispetto a quello dovuto utilizzando il metodo storico, tale facoltà va comunque contemperata con il limite temporale di utilizzo dei crediti d’imposta in oggetto.

Ne consegue che il versamento di un acconto con il metodo previsionale in misura eccedente rispetto a quanto effettivamente dovuto, non può consentire il rimborso della relativa imposta o un effetto trascinamento alla luce del quale il credito d’imposta in scadenza venga utilizzato in qualsiasi modo dopo la sua scadenza.

L’assenza di attività di controllo

Nella risoluzione 27/E/2023 è stato affermato che l’adempimento dichiarativo previsto dall’articolo 1, comma 6, del Dl 176 del 2022 non rappresenta un elemento costitutivo dei crediti d’imposta energia e la sua omissione può essere sanata attraverso l’istituto della remissione in bonis. In base a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, del Dl 16/2012, l’accesso all’istituto della remissione in bonis è possibile, «sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza». A tal proposito, con la circolare 38/E/2012 è stato chiarito che l’inizio delle citate attività di controllo non è ostativo rispetto all’accesso ai benefici della remissione in bonis nel caso in cui le stesse abbiano ad oggetto un comparto impositivo diverso da quello a cui si riferisce il beneficio fiscale.

Nell’ambito della risoluzione n. 27/E del 2023 è stato correttamente rilevato che l’eventuale scarto del modello F24 inviato in assenza della comunicazione telematica contenente la quantificazione dei crediti d’imposta da compensare dopo il 16 marzo 2023 rappresenta un mero alert e non una vera e propria attività di controllo e quindi non è ostativo rispetto all’accesso alla remissione in bonis. Con riferimento al regime della cooperative compliance, infine, con la circolare 15/E del 26 novembre 2021 è stato chiarito che ai fini dell’applicazione della disciplina della remissione in bonis non rientrano tra le «altre attività amministrative di accertamento» le richieste informative e documentali eseguite nell’ambito del regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del Dlgs 128/2015.

 

Fonte: Il Sole 24 ORE

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