Se da un lato è certamente positivo che le criptoattività siano state disciplinate fiscalmente in Italia, dall’altro le attuali disposizioni prestano il fianco a molteplici perplessità. Lo abbiamo più volte sottolineato sul Sole 24 Ore.
Chiaramente una circolare non può ribaltare il diritto positivo: quindi, qualsiasi documento dell’Agenzia non può rimediare a un testo normativo precario. Il fatto è che, però, ora abbiamo un documento di prassi in consultazione (sino a fine giugno) che rischia di alimentare qualche ulteriore incertezza. Anche se, trattandosi appunto di una bozza in consultazione, potrebbe aprire la strada a qualche correzione di rotta. Di seguito segnaliamo le più rilevanti.
Obblighi di RW e sanatorie
La prima questione riguarda il quadro RW. In più occasioni abbiamo riportato che, fino al 31 dicembre 2022, la norma non richiedeva l’obbligo di indicazione delle criptoattività. Il testo (fino al 31 dicembre 2022) è chiaro: vanno dichiarati «gli investimenti all’estero ovvero (le) attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia». Chi si occupa di questi temi sa dove si trovano le criptovalute (si noti che ora ci riferiamo alle “criptovalute” e non alle “criptoattività”, si veda oltre) e che non si può parlare di attività estere.
Poi, se si considera quanto affermato dalle Entrate ai fini reddituali – cioè che le valute virtuali andavano assimilate alle valute estere – si sa anche che, se la giacenza media non superava il controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi, le medesime valute virtuali non risultavano affatto «suscettibili di produrre reddito in Italia». Tutto questo tralasciando la questione delle sanzioni, ancorate all’ubicazione (fisica) territoriale.
L’Agenzia, a ogni modo, nella bozza di circolare prosegue nel sostenere la propria tesi, cioè che le valute virtuali andavano comunque indicate nel quadro RW, citando il Tar del Lazio. Il fatto è che nel documento in consultazione vengono menzionate – quanto all’obbligo di compilazione del quadro RW fino al 2022 – solo le criptovalute (c’è solo un passaggio in cui si citano le criptoattività).
Tant’è che nella bozza, a proposito delle nuove norme, si afferma che «continua ad essere oggetto di compilazione nel quadro RW la detenzione di cripto-valute, alla quale si aggiungono tutte le altre fattispecie di cripto-attività (…)». Parimenti, sempre nello stesso punto, riguardo alle modifiche all’articolo 1 del Dl 167/1990, le Entrate precisano che «dal 1° gennaio 2023, tale attività di monitoraggio deve avere ad oggetto tutte le cripto-attività e non solo le cripto-valute». Come a dire: l’obbligo c’era già in passato per le valute virtuali, mentre ora la nuova norma lo introduce per tutte le altre criptoattività (ad esempio, per gli Nft).
A questo punto, però, sfugge una cosa: perché ci si dovrebbe avvalere della sanatoria per il passato per le criptoattività diverse dalle valute virtuali? Questo considerando che il documento in consultazione afferma che la regolarizzazione riguarda tutte le criptoattività, e non soltanto le valute virtuali.
Su questo aspetto abbiamo in più occasioni segnalato l’evidente contraddizione che si ha nell’introdurre un obbligo di legge dal 2023 (per tutte le criptoattività, valute virtuali comprese) e, allo stesso tempo, una sanatoria per il passato. Nella bozza di circolare si afferma, in sostanza, che solo le valute virtuali andavano indicate in passato nel quadro RW, mentre la sanatoria riguarderebbe tutte le criptoattività (e non solo le valute virtuali). C’è qualcosa che non torna.
Fiscalità retroattiva
A non tornare sono anche le precisazioni contenute a proposito del comma 127 della legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022). Norma che stabilisce che le plusvalenze relative a criptoattività si considerano (fino al 2022) realizzate in base all’articolo 67 del Tuir e che le minusvalenze possono essere dedotte ex articolo 68, comma 5, dello stesso Tuir.
Avevamo già segnalato che, posta l’indeterminatezza della previsione (l’articolo 67 sui redditi diversi abbraccia molteplici vicende impositive), la norma non può essere considerata interpretativa, né “di qualificazione”. Ora, l’Agenzia (probabilmente prendendo atto di ciò) precisa che si tratta di una “norma transitoria” al fine di consentire la deduzione delle minusvalenze.
In realtà, però, il comma 127 tutto è fuorché una norma interpretativa, “di qualificazione” o (ovviamente) “transitoria”. Forse, visto il tema, è più corretto ritenerla “cripto-retroattiva”. Saranno i giudici a stabilire in futuro l’esatta valenza. Poiché la circolare è ancora in consultazione sarebbe, dunque, necessario che la versione finale rivedesse (anche) questo aspetto.
Fonte: Il Sole 24 ORE