Il regime del margine si applica alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione e d’antiquariato, effettuate da un soggetto passivo-rivenditore, quando tali beni gli siano stati ceduti all’interno della Comunità europea, da uno dei seguenti soggetti:
a) da una persona che non sia un soggetto passivo;
b) da un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia esentata in base all’articolo 136 della direttiva 2006/112/Ce;
c) da un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo benefici della franchigia per le piccole imprese (articoli da 282 a 292 della direttiva 2006/112/Ce) e riguardi un bene d’investimento;
d) da un altro soggetto passivo-rivenditore, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia stata assoggettata a Iva, in aderenza al regime speciale previsto (articolo 314 della direttiva 2006/112/Ce).
Tale regime, rientrando tra quelli speciali, che deroga al sistema generale dell’Iva, comporta che i casi di applicazione previsti debbano essere interpretati in termini restrittivi (Litdania, C-624/15).
Ma tale regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per definire detto regime debbano essere intrepretati in un modo che priverebbe quest’ultimo dei suoi effetti. Infatti, l’interpretazione di tali termini deve risultare conforme agli obiettivi perseguiti da detto regime e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale (Pfc Clinic, C-91/12; Cassazione sezioni unite, 21105/2017).
In materia di cessione di oggetti d’arte, la Cassazione (ordinanza 12330/2022) ha sancito un principio che, di regola, risulta valevole in generale per le cessioni soggette al regime del margine, secondo cui, risultando derogatorio rispetto alla disciplina fiscale ordinaria degli acquisti intracomunitari, impone che il contribuente provi la sussistenza dei relativi presupposti di fatto, per cui l’indicazione sulla fattura del cedente della dicitura «regime del margine oggetti d’arte» (oppure da collezione o di antiquariato o beni d’occasione), non può ritenersi un mero elemento formale, impedendo la sua omissione la prova del requisito d’ordine soggettivo ( Cassazione 37261/2021).
Il caso affrontato nella sentenza C-365/22 Ce
La Corte d’appello di Liegi ha respinto le domande del ricorrente, ritenendo che la sentenza di Cgue da lui posta a base della propria tesi difensiva (Sjelle Autogenbrug, C-471/15) non riguardava, come nella fattispecie, veicoli rivenduti «per pezzi di ricambio» senza alcuna individualizzazione di questi ultimi, bensì parti prelevate dal soggetto passivo rivenditore stesso da veicoli fuori uso e rivendute come tali da costui.
Il giudice ha poi considerato che occorreva verificare se detti veicoli avessero mantenuto le funzionalità che possedevano allo stato nuovo in modo da poter essere riutilizzati come tali o previa riparazione e se potessero poi essere qualificati come «beni d’occasione» in base all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, direttiva 2006/112/Ce. Sempre la Corte ha rilevato che da un lato ciò non avveniva manifestamente nel caso dei veicoli venduti dal soggetto per «pezzi di ricambio» in quanto tale menzione attestava oggettivamente che le vetture non erano più idonee, in linea di principio, a un riutilizzo in quanto tali, e che occorreva prendere in considerazione le circostanze oggettive in cui erano avvenute le operazioni di rivendita.
Dall’altro lato è stato considerato che per i veicoli ridotti allo stato di rottame non potevano neppure qualificarsi come «beni d’occasione» siccome non potevano essere utilizzati nuovamente avendo conservato le caratteristiche che possedevano allo stato nuovo e il loro impiego era limitato unicamente al recupero di qualche pezzo e dei materiali che lo compongono.
La questione finiva alla Corte di giustizia che ha posto l’attenzione sul fatto che, per far rientrare i veicoli definitivamente fuori uso nell’ambito applicativo del regime del margine, dovrà essere il giudice nazionale a dover accertare che, conformemente alla giurisprudenza Ue, tali vetture contenevano ancora parti costitutive che conservavano le funzionalità che possedevano allo stato nuovo, in modo da poter essere riutilizzate come tali o previa riparazione.
Sempre il giudice belga, a parere della Cgue, dovrà accertare che detti veicoli non siano stati in realtà venduti per essere semplicemente distrutti o trasformati in un altro oggetto. Infatti, un veicolo le cui parti costitutive, che conservano le funzionalità che possedevano allo stato nuovo, non vengono prelevate dall’acquirente per essere riutilizzate come tali o previa riparazione, non rimarrebbe nel ciclo economico suo proprio e non potrà quindi beneficiare del regime del margine (E Lats, C-154/17).
Così il giudice del rinvio, nell’ambito di tale verifica dovrà vagliare tutte le circostanze oggettive in cui è avvenuta l’operazione di rivendita. Infatti, le nozioni utilizzate nella Direttiva 2006/112/Ce sono di natura oggettiva e si applicano a prescindere dalle finalità e dai risultati delle operazioni (E Lats, C-154/17).
Se è contrario agli obiettivi del sistema comune dell’Iva prendere in considerazione l’intenzione di un soggetto passivo che partecipa all’operazione, il giudice belga potrà invece valutare gli elementi oggettivi, quali la presentazione e lo stato dei veicoli, l’oggetto del contratto, il valore al quale le vetture sono state vendute, il metodo di fatturazione o l’attività economica dell’acquirente.
In conclusione, la Cgue ha ritenuto che gli autoveicoli, definitivamente fuori uso, acquistati da un’impresa presso le persone di cui all’articolo 314 della suddetta direttiva e destinati a essere venduti «per pezzi di ricambio» senza che i pezzi siano stati da essi asportati, costituiscono beni d’occasione ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, di detta direttiva, qualora, da un lato, essi contengano ancora pezzi che conservano le funzionalità che possedevano allo stato nuovo in modo da poter essere riutilizzati come tali o previa riparazione e, dall’altro, venga accertato che tali veicoli sono rimasti nel ciclo economico loro proprio per effetto di un siffatto riutilizzo dei pezzi.
Fonte: Il Sole 24 ORE