Non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 2.065,83 euro, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione. Qualora le azioni siano cedute prima di tale termine, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione. È quanto prevede la lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir.
Per agevolare il cosiddetto azionariato popolare ai dipendenti, la lettera g) dell’articolo 51, comma 2, del Tuir prevede la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente del valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore a 2.065,83 euro. Ai fini della quantificazione del valore delle azioni è necessario rifarsi a quanto indicato dall’articolo 9 del Tuir e in particolare al comma 4 il quale precisa che il valore normale è determinato:
a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
b) per le altre azioni, per quote societarie non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalla società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti. Come previsto dal comma 2-bis dell’articolo 51 del Tuir, l’ agevolazione non si applica a tutte le azioni ma solo esclusivamente a quelle «emesse dall’impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa».
L’offerta delle azioni deve essere concessa alla generalità dei dipendenti, ossia a tutti i dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, comprendendo anche i dipendenti part time (agenzia delle Entrate, risoluzione n. 3/E/2002 e risoluzione n. 129/E/2004). Tra i destinatari dell’agevolazione rientrano anche la generalità dei collaboratori coordinati e continuativi, ai quali si applicano le disposizioni fiscali relative ai lavoratori dipendenti (circolare n. 67/E/2001). Il requisito della generalità dei dipendenti deve sussistere al momento iniziale del piano di azionariato diffuso (risoluzione n. 97/E/2005). Il requisito stesso può ritenersi soddisfatto anche qualora dall’offerta delle azioni siano esclusi i dipendenti che non abbiano maturato una minima anzianità aziendale, qualora sia volta solo a garantire un effettivo inserimento funzionale del lavoratore nell’azienda (risoluzione n. 129/2004). Viceversa, non potranno essere agevolate le azioni concesse: a singoli dipendenti; a ex dipendenti ovvero a pensionati.
Il limite di 2.065,83 euro costituisce una franchigia in senso tecnico per periodo d’imposta. Pertanto, ove il predetto limite sia superato sarà ripresa a tassazione solo la parte eccedente del valore delle azioni assegnate. La non concorrenza alla formazione del reddito del dipendente è vincolata al fatto che le azioni non siano riacquistate da parte della società emittente o dal datore di lavoro ovvero comunque cedute per almeno tre anni.
Sulla predetta condizione è necessario effettuare alcune precisazioni:
1) in caso di cessione delle azioni entro tre anni, l’importo non assoggettato a imposizione al momento dell’assegnazione è tassabile quale reddito di lavoro dipendente nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione;
2) qualora il dipendente sia stato destinatario di azioni in diverse annualità e abbia ceduto solo parte di esse al fine del rispetto della condizione temporale di tre anni, è possibile fare riferimento al criterio in base al quale si considerano cedute prime le azioni acquisite in data meno recente secondo il principio Fifo (risoluzione n. 186/E/2002);
3) il limite temporale non è condizione di accesso all’agevolazione qualora la cessione delle azioni sia richiesta ex lege (risoluzione n. 118/E/2005);
4) secondo la risoluzione dell’agenzia delle Entrate n. 5/E/2008, la cessione delle azioni al datore di lavoro ovvero alla società emittente (ovvero a «società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa») non è vincolato ad alcun arco temporale al fine della perdita dell’agevolazione. Pertanto, in caso di cessione delle azioni al datore di lavoro/società emittente, le stesse saranno riprese a tassazione anche qualora l’effettiva cessione sia avvenuta successivamente ai tre anni;
5) l’obbligatorietà della cessione delle azioni concesse ai dipendenti prevista dal piano azionario in caso di cessazione del rapporto di lavoro, non è considerabile quale obbligo ex lege; pertanto, nel predetto caso, qualora la cessione avvenisse prima dei tre anni, il valore delle azioni sarebbe ripreso a tassazione (risoluzione n. 174/E/2007).
La legge 232/2016 ha previsto la possibilità di trasformare in esenzione d’imposta, il premio di risultato detassabile con azioni della società/datore di lavoro o delle società del gruppo anche nell’ipotesi in cui non siano rispettate le condizioni previste dalla lettera g) sopra riportate riportata.
L’agenzia delle Entrate (circolare 5/E/2018) ritiene che la deroga disposta dalla predetta disposizione riguardi non solo il limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma anche la condizione che richiede l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti nonché la condizione di non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio dalla assegnazione nonché, anche oltre tale termine, al datore di lavoro o alla società emittente. Ne consegue che non si genererà reddito imponibile nei confronti del lavoratore che sostituisca, in tutto o in parte, il premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o del gruppo:
i) sia nel caso in cui l’offerta sia rivolta, anziché alla generalità, a categorie di lavoratori, purché in conformità alle previsioni contrattuali (aziendali e/o territoriali);
ii) sia nel caso in cui il valore delle azioni “convertite” superi il limite di euro 2.065,83 previsto per ciascun periodo d’imposta potendo, pertanto, essere assegnate azioni per un importo complessivo pari a euro 5.065,83 (2.065,83 + 3.000 di premio convertito);
iii) sia qualora le medesime azioni siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro;
iv) sia, infine, qualora siano cedute prima che siano trascorsi tre anni dalla conversione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva.
Resta fermo che la cessione delle azioni da parte del dipendente potrà generare «reddito diverso», in base all’articolo 67, del Tuir. In relazione alla disciplina tributaria da applicarsi alle plusvalenze derivanti dalla vendita delle azioni assegnate in luogo, in tutto o in parte, del premio di risultato, si rileva che la plusvalenza fiscalmente rilevante è determinata dalla differenza tra il prezzo della vendita delle azioni e l’importo del premio di risultato erogato in azioni.
Fonte: Il Sole 24 ORE