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Academy aziendali, una strada per ridurre il gap di competenze

Un’analisi di Assolombarda, partendo da 15 casi, trova in questa formula un percorso per aumentare il tasso di istruzione dei lavoratori

Nel 2025, secondo quanto previsto dal Consiglio europeo, il tasso minimo di partecipazione alle attività di istruzione e formazione per i 25-64enni dovrà attestarsi al 47 per cento. Un obiettivo dal cui raggiungimento l’Italia appare ancora molto lontana. Trend evidente se si considera, come ripercorre un report di Assolombarda, che la quota di laureati di cui può disporre il mercato del lavoro italiano è ancora troppo bassa rispetto al panorama europeo: l’incidenza dei laureati sulla popolazione di 25-64 anni e 30-34 anni è pari al 21,6% e al 29,2% nel 2023. In questo caso la Lombardia presenta tassi migliori della media nazionale (rispettivamente il 23,5% e il 33,7%) ma ancora troppo distanti dai benchmark di altri Paesi Ue (viene citato l’esempio della Catalogna dove l’incidenza di laureati tra 30 e 34 anni sfiora il 57% nel 2023).

A questo dato viene inoltre accostata la difficoltà di reperimento di alcune figure professionali: secondo l’indagine Excelsior, ad esempio, nella top 4 sono presenti operai specializzati (63,6%), professioni tecniche (52,2%), conduttori d’impianti (49,9%) e professioni high skilled (46,5). Dunque? Una soluzione è lo sviluppo delle Academy. Il report infatti analizza 15 casi – stando agli ultimi dati disponibili relativi al 2022 sono 120 le Academy aziendali in Italia – che vanno da Accenture ad Accor, da Agrati a Bosch TEC, da Coca-Cola HBC Italia a Dompé, da FANUC Italia a Fastweb, da Gruppo CAL – Logical Job a ITP, da NTT Data a Pirelli, da Rold a Sirti e a Zucchetti per ricostruire lo stato dell’arte e le prospettive di evoluzione futura.

Un’opzione che poggia sulla tradizione dal momento che la prima Academy aziendale fu fondata già nel 1927 da General Motors e che le sue potenzialità furono ben intercettate a metà degli anni ’50 da un altro big, sempre negli Stati Uniti, quale era la General Electric. Oggi, infatti, il tema delle Academy aziendali, racconta la ricerca, è tornato al centro dell’attenzione per una serie di ragioni: l’ulteriore salto tecnologico verso piattaforme digitali che consentono sia una gestione sempre più efficace di percorsi in formato “blended” sia esperienze formative sempre più immersive; il definitivo affermarsi del paradigma della “learning organization” in cui i processi di generazione, condivisione e sviluppo di conoscenze e competenze diventano la fonte primaria di vantaggio competitivo; la necessità infine di assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo delle competenze, sia dal punto di vista tecnico, sia per favorire l’attrazione e la retention dei talenti.

Nell’analisi emergono tre tratti distintivi: l’attenzione alle persone, l’espansione oltre i confini aziendali e il ruolo nell’innovazione e nel cambiamento. Queste realtà si configurano come veri e propri centri di apprendimento lungo tutto l’arco della vita professionale, influenzando non solo l’organizzazione stessa ma anche la rete di partner e fornitori. Le Academy si rivelano dunque cruciali nell’affrontare lo skill shortage. Questo perché permettono di assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo delle competenze già acquisite, ma anche di gestire, conservare e trasferire le conoscenze, sia esplicite che non, delle organizzazioni aziendali. Centrano infine un bisogno: governare la crescente domanda di sviluppo professionale da parte dei collaboratori.

«In un mercato del lavoro che cambia, l’investimento sulle persone, sulle competenze e sui nuovi modelli manageriali e organizzativi è fondamentale per la crescita del capitale umano all’interno delle aziende – spiega Monica Poggio, vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Ricerca e Capitale Umano -. Non sorprende, dunque, che le Academy aziendali si stiano diffondendo nel nostro territorio, sia nelle grandi imprese sia nelle Pmi».

Case history
1- PIRELLI – Undici academy
Le professional academy in Pirelli nascono dalla necessità di offrire opportunità formative specialistiche a supporto dei vari ruoli, attraverso un modello omogeneo tra tutte le funzioni aziendali e garantendo esperienze altamente qualificanti a tutti i collaboratori dell’azienda. Attualmente le academy sono 11 tutte coordinate dalla funzione Learning centrale. I formatori sono per lo più interni. Ogni academy offre un catalogo di corsi raggruppati in macrocategorie in base alle specializzazioni da sviluppare.

2- ACCOR- Business Unit indipendente
Creata nel 1985 viene chiamata Académie ed è concepita come una Business Unit indipendente in grado di autoalimentarsi ed essere autosufficiente, sia attraverso i canali interni (vendita di servizi alle strutture della rete) che esterni (vendita di servizi ad altre organizzazioni del settore e non). Gli obiettivi e le modalità per raggiungerli sono esplicitati in un catalogo. L’offerta si compone di due filoni: uno focalizzato sullo sviluppo della leardership e uno sullo sviluppo trasversale di tutte le professionalità.

3 – COCA COLA HBC iTALIA – Percorso per “license”
L’Academy raggruppa tutte le attività rivolte alla formazione dei lavoratori che si occupano della funzione commerciale e della supply chain. L’offerta formativa verso i venditori è articolata sulla base dei diversi canali di vendita. Una delle caratteristiche distintive è l’utilizzo delle “license” per contraddistinguere il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento. Non sono solo traguardi formativi che segnano la crescita professionale ma anche soluzioni ideate per scandire temporalmente la formazione permanente.

4 -FASTWEB – Programma attivo dal 2015
Un sistema composito che propone una pluralità di interventi e di attività. La parte fondamentale dei contenuti viene diffusa attraverso ILEX, un programma di sviluppo ai confini tra knowledge sharing e formazione, nato nel 2015. Prima della pandemia tutta la formazione prevista da questo programma avveniva in presenza. Dal 2020 si è spostata tutta online con l’attivazione di una formazione specifica dei relatori sulla didattica “a distanza”.

Fonte: Il Sole 24ORE

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