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Esonero fino a 650 euro per chi assume donne svantaggiate

La riduzione è riconosciuta per un massimo di 24 mesi a fronte di un contratto a tempo indeterminato e incremento occupazionale

L’articolo 23 del decreto Coesione introduce una specifica agevolazione contributiva in favore delle lavoratrici donne “svantaggiate”, che di fatto replica quelle applicate in epoca pandemica, nonché quella strutturale prevista dall’articolo 4, commi 8-11, della legge 92/2012, ma con una tutela rafforzata.

Il nuovo esonero, riservato ai datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 donne svantaggiate, è pari al 100% della contribuzione datoriale (esclusi i premi Inail) nel limite mensile di 650 euro per un massimo di 24 mesi. L’agevolazione introdotta dalla legge 92/2012, invece, comporta un esonero al 50% (senza massimale) e per massimo 18 mesi.

Sono considerate svantaggiate le donne prive di impiego regolarmente retribuito da 24 mesi, ridotto a 6 se residenti in una delle regioni della Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno (Zes unica) o, in alternativa, se impiegate in settori economici dichiarati con apposito decreto ministeriale a tasso di disparità occupazionale di genere superiore al 25% (per il 2024, Dm 365/2023).

Si ricorda che il requisito di soggetto privo di impiego regolarmente retribuito è definito dal Dm 17 ottobre 2017, secondo il quale è tale il lavoratore subordinato con contratto a termine inferiore a 6 mesi ovvero quello autonomo con reddito annuo contenuto entro i limiti dell’esenzione Irpef (pari a 5.500,00 euro nel 2024). Sono espressamente escluse le lavoratrici domestiche e quelle assunte con contratto di apprendistato.

Incremento occupazionale

L’agevolazione è subordinata al rispetto dei principi generali fissati dall’articolo 31 del Dlgs 150/2015 e dal regolamento Ue 651/2014 in materia di aiuti di Stato, nonché alla specifica condizione dell’incremento occupazionale netto. Tale incremento è determinato come differenza tra il numero degli occupati in ciascun mese e quello dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti, tutti calcolati in Ula, cioè unità lavorative annue. La differenza deve poi tener conto delle diminuzioni occupazionali verificatesi nelle società controllate o collegate o in quelle facenti capo, per interposta persona, allo stesso soggetto, escluse le uscite dovute a dimissioni, pensionamenti per raggiungimento dei limiti di età, licenziamenti per giusta causa o per invalidità.

Il beneficio non comporta alcuna riduzione della pensione futura e non è cumulabile con altri esoneri contributivi riservati al datore di lavoro, eccetto la maxi deduzione del 120% introdotta dall’articolo 4 del Dlgs 216/23 e dal Dm 25 giugno 2024.

Irpef e Ires alleggerite

La norma prevede, infine, che gli acconti Irpef/Ires del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 possano essere calcolati senza considerare l’agevolazione contributiva, cioè in misura inferiore rispetto al criterio ordinario previsionale pari al 100% dell’imposta dichiarata nell’anno precedente. Questa possibilità sarà di fatto applicata da quelle aziende con esonero in scadenza nel 2026 e che pertanto calcoleranno gli acconti sul reddito al netto dell’onere contributivo pieno, cioè non agevolato.

L’effettiva operatività dell’esonero è rimessa all’adozione di un decreto ministeriale da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

L’esonero sarà gestito dall’Inps, con cui il datore di lavoro dovrà interfacciarsi e al quale è affidato lo specifico compito di monitorare la disponibilità delle risorse stanziate, in modo tale da non accogliere nuove richieste in caso di esaurimento dei fondi.

Fonte: Il Sole 24ORE

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