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Sport, cambiano le regole per gli enti a doppia qualifica

Due riforme intervengono su Asd, Aps e Ssd: le opzioni in campo e i nuovi regimi

Gli articoli in questa pagina affrontano i temi trattati nella sessione di approfondimento
di Master Telefisco del 3 luglio.

La fiscalità degli enti sportivi, tra riforma dello sport e del Terzo settore, interessa non solo le realtà che scelgono di mantenere il solo riconoscimento sportivo, ma anche quelle dotate di “doppia qualifica”. Proviamo a tracciare un quadro del regime fiscale che le realtà sportive si troveranno ad applicare, che varia a seconda del tipo di qualifica assunta.

Gli enti sportivi che scelgono di iscriversi nel Registro sportivo potranno continuare a fruire della decommercializzazione dei corrispettivi specifici (articolo 148, comma 3, Tuir) e del regime forfettario sulle attività commerciali connesse ai fini istituzionali (legge 398/1991). La prima agevolazione sulle imposte dirette permette di decommercializzare i corrispettivi specifici versati per le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali da iscritti, associati o partecipanti; la seconda consente alle realtà con proventi derivanti da attività commerciali per un importo non superiore a 400mila euro di optare per la determinazione forfettaria Ires e Iva.

Tuttavia, la riforma sportiva ha introdotto importanti novità che consentono agli enti di svolgere attività diverse da quelle sportive dilettantistiche, purché secondarie e strumentali. Una previsione che non sembra tuttavia allineata al quadro fiscale della legge 398/1991 dove, invece, si continua a far riferimento alla nozione di attività connessa e che rischia, in mancanza di coordinamento, di escludere alcune attività strumentali dall’agevolazione.

In questo contesto si aggiungono le novità Iva. Dal 1° gennaio 2025 si assisterà ad un disallineamento del trattamento fiscale dei corrispettivi specifici rispetto al quadro delle imposte dirette. Se oggi i corrispettivi specifici sono esclusi da Iva, questi entreranno nel campo di applicazione d’imposta, seppur in regime di esenzione.

La novità riguarda anche le società sportive dilettantistiche (Ssd), anche se per individuare il relativo regime occorre districarsi tra i vari interventi legislativi che si sono abbattuti nel frattempo sul mondo sportivo. Stando al decreto Pa-bis, infatti, sono esenti dall’imposta le prestazioni strettamente connesse con la pratica dello sport, comprese quelle didattiche e formative, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da organismi senza fine di lucro, incluse le Ssd.

Discorso diverso, invece, riguarda gli enti con doppia qualifica (sport e Terzo settore). In attesa dei nuovi regimi, le associazioni sportive che sono anche associazione di promozione sociale (Aps) – o che intendano acquisire tale qualifica – potranno continuare a fruire sia dell’articolo 148, comma 3, del Tuir sia della legge 398/1991. Una volta divenuto operativo il Codice del Terzo settore (Cts), invece, le Asd-Aps applicheranno quanto previsto dall’articolo 85, in continuità con quanto previsto dal Tuir. Mentre per le attività commerciali, dovranno disapplicare il regime forfettario della 398/1991 (che per associazioni culturali, bandistiche verrà meno), potendo applicare l’articolo 86 del Cts. Tale disposizione, ora al vaglio dell’Unione europea, consentirà a Aps con ricavi annui non superiori a 130mila euro di determinare il reddito di impresa derivante da attività commerciali applicando un coefficiente pari al 3%, e in materia di Iva prevederà l’esonero dalle scritture contabili e semplificazioni.

Per le Asd che scelgano di accedere al Terzo settore nella sezione residuale del Registro, invece, in quanto enti non commerciali potranno valutare il regime forfettario di cui all’articolo 80. Ai fini Iva, per le Asd-Aps dal 1° gennaio scorso è già in vigore un regime analogo a quello previsto dall’articolo 86 del Cts, seppur nella ridotta soglia di ricavi commerciali pari a 65mila euro (e non 130mila), potendo applicare il regime previsto per i contribuenti minimi (legge 190/14). Il regime in questione potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per molte associazioni di piccole dimensioni che potranno così evitare il versamento d’imposta, nonché la presentazione delle dichiarazioni Iva e comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche. Un regime che dovrebbe però essere opzionabile, consentendo, quindi, alle realtà che beneficiano ancora della 398/1991 di continuarne a beneficiarne ai fini Iva.

Fonte: Il Sole 24ORE

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