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Vendita, annullamento del contratto se senza l’inganno la parte non avrebbe contrattato

Sul piano oggettivo l’idoneità a trarre in inganno richiede l’impiego di mezzi adeguati

«In tema di annullamento del contratto per dolo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1439 e 1440 c.c., il dolus causam dans, ossia tale che senza di esso l’altra parte non avrebbe contrattato (sull’an), si distingue dal dolus incidens, ossia che influisce sulle sole condizioni della contrattazione (sul quomodo), ma non è determinante del consenso, il quale non può dar luogo ad invalidità del contratto, ma solo alla riparazione dei danni, sicché, ove il raggiro abbia influito solo sulla quantificazione del prezzo, il contratto di vendita non può essere annullato». Questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 17988/24.

Il dolo

Si legge nella decisione che il dolo, quale vizio del consenso, inteso in senso oggettivo, in contrapposizione al dolo in senso soggettivo, si concretizza nei raggiri perpetrati ai fini di alterare la volontà negoziale della vittima, inducendola così in errore. Nella fattispecie si trattava di una vendita di auto “schilometrate”. In questa dimensione il dolo è sinonimo di inganno e causa di annullamento del contratto quando i raggiri adoperati abbiano a oggetto circostanze essenziali del negozio, nel senso di determinanti per la prestazione del consenso del raggirato. Pertanto, il dolus causam dans, ossia tale che senza di esso l’altra parte non avrebbe contrattato (sull’an), si distingue dal dolus incidens, ossia che influisce sulle sole condizioni della contrattazione (sul quomodo), ma non è determinante del consenso, il quale non può dar luogo a invalidità del contratto, ma solo alla riparazione dei danni. 

L’annullamento del contratto

Ne discende che, ai fini dell’annullamento del contratto, il raggiro posto a fondamento del dolo, per un verso, deve ingenerare nella parte che lo subisce una rappresentazione alterata della realtà e, per altro verso, deve provocare un errore influente sull’an della prestazione del consenso. Sicché affinché vi sia dolo devono sussistere le seguenti condizioni:

1) che vi sia una condotta, commissiva od omissiva, materializzata da raggiri, ossia da un complesso di manovre e artifizi;

2) che tale condotta sia riconducibile ad un animus decipiendi del deceptor, ossia che vi sia una specifica intenzione di ingannare;

3) che in conseguenza il deceptus (contraente raggirato) sia caduto in errore;

4) che vi sia un nesso di causalità sia tra i raggiri e l’errore sia tra la condotta fraudolenta e la decisione del deceptus di stipulare il contratto.

Venendo al caso concreto i Supremi giudici richiamano il dolo commissivo che richiede la realizzazione di una condotta attiva, in cui siano ravvisabili gli estremi di un complesso di artifizi integranti i raggiri, che alterino il processo di formazione della volontà del deceptus.  

La macchinazione fraudolenta

Segnatamente il dolo commissivo postula che un contraente sia stato ingannato per il tramite di una “macchinazione fraudolenta” e attiva posta in essere da un altro soggetto. Rientra in tale condotta ogni artifizio, ogni menzogna, purché grave e non facilmente smascherabile. E ciò anche quando tali raggiri siano utilizzati non per suscitare nella controparte l’intento di contrarre, bensì per indurla a tenere un comportamento del quale l’autore dei raggiri ignorava il contenuto negoziale. Sul piano oggettivo l’idoneità a trarre in inganno richiede l’impiego di mezzi adeguati. Mentre la reticenza e silenzio possono acquistare rilevanza in relazione alle circostanze e al contegno che determina l’errore. È necessario però che il silenzio sia intenzionalmente ingannevole ovvero che la reticenza del contraente si inserisca in una condotta che si configuri nel complesso quale malizia o astuzia diretta a realizzare un inganno. La prova che il raggiro abbia provocato sul meccanismo volitivo un errore da considerarsi essenziale ricade sulla parte che lo deduce.

Conclusioni

Per l’effetto, affinché si produca l’annullamento del contratto, non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull’altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche semplici menzogne, che abbiano avuto comunque un’efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte e quindi sulla prestazione del consenso di quest’ultima. Alla stregua dei precedenti rilievi, il giudice del rinvio dovrà chiarire se i raggiri abbiano avuto un’incidenza determinante sulla stipulazione del contratto oppure abbiano inciso sulle sole condizioni del contratto (e segnatamente sulla quantificazione del corrispettivo).

Fonte: Il Sole 24ORE

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