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Società di comodo, gli incroci per il recupero del credito Iva

La Cgt Lazio ha applicato ha applicato la giurisprudenza comunitaria, dichiarando la norma italiana delle società di comodo contraria all’articolo 167 della direttiva 2006/112

La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio 2403 dell’11 aprile 2024 (si veda il precedente articolo «Società di comodo, sì in contenzioso al diritto di rimborso Iva»), applicando la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 7 marzo 2024, causa C-341/22, ha dichiarato la legittimità del diritto al rimborso dell’Iva a una società che risultava non operativa «per tre periodi di imposta consecutivi» (a causa di perdite sistematiche) e contemporaneamente «non aveva posto in essere alcuna operazione imponibile ai fini Iva», disapplicando, quindi, l’articolo 30, comma 4, seconda parte, della legge 724/1994, il quale prevederebbe, in questi casi, non solo l’impossibilità di chiedere a rimborso (o di compensare orizzontalmente in F24) il credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale (in base all’articolo 30, comma 4, prima parte, della legge 724/1994), ma anche, nella sostanza, la «perdita definitiva del credito Iva annuale» (istruzioni al modello annuale Iva).

In particolare, i giudici di secondo grado, riformando la sentenza di primo grado, hanno dichiarato legittima la richiesta di rimborso Iva risultante dalla dichiarazione annuale Iva 2020, relativa al 2019, anche se sono state rispettate tutte e due le condizioni previste dall’articolo 30, comma 4, seconda parte, legge 724/1994 (il quale prevederebbe la «perdita definitiva del credito Iva annuale»):

  • il credito Iva, richiesto a rimborso, «derivava da precedente attività di costruzione di edifici esercitata», fino al 2014, «in periodi in cui risultava in perdita sistematica»; quindi la società, evidentemente, era di comodo «per tre periodi di imposta consecutivi», ai sensi dell’articolo 30, comma 1, legge 724/1994;
  • in questi periodi la «società non aveva posto in essere alcuna operazione imponibile ai fini Iva».

Secondo l’agenzia delle Entrate, invece, a causa del rispetto di queste due condizioni, doveva applicarsi l’articolo 30, comma 4, seconda parte, legge 724/1994 (censurato, però, dalla citata sentenza C-341/22), con la «perdita definitiva del credito Iva annuale» del 2014, riportato in avanti fino al 2019 e, poi, richiesto a rimborso con il modello Iva 2020.

 

Società di comodo

In base all’articolo 30, comma 4, prima parte, legge 724/1994, le società di comodo non possono chiedere a rimborso o compensare orizzontalmente in F24 (o cedere ai sensi dell’articolo 5, comma 4-ter, del Dl 70/1988), il credito Iva annuale (non quello infrannuale/trimestrale).

Il credito annuale Iva (non quello infrannuale), poi, non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi, se ricorrono contemporaneamente le seguenti due condizioni:

  • la società risulta «per tre periodi di imposta consecutivi» non operativa, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, legge 724/1994;
  • la società (risultata non operativa) non ha «effettuato – in nessuno dei menzionati tre periodi d’imposta consecutivi – operazioni rilevanti» ai fini dell’Iva «per un importo almeno pari a quello risultante dall’applicazione delle percentuali» dell’articolo 30, comma 1, legge 724/1994.

 

Perdita fiscale sistematica

Sono considerati non operativi, poi, anche le società e gli enti, che, pur non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 724/1994, alternativamente:

  • presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d’imposta consecutivi;
  • nello stesso arco temporale dei cinque anni, presentano dichiarazioni in perdita fiscale per quattro periodi d’imposta e in uno dichiarano un reddito inferiore all’ammontare determinato ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della citata legge 724/1994.

In questi casi, sono considerati non operativi a decorrere dal successivo sesto periodo d’imposta (articolo 2, commi da 36-decies a 36-undecies, del Dl 138/2011).

 

La giurisprudenza della Cassazione in materia

La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, 2403/17/2024, ha inizialmente ricordato che, relativamente alla soggettività passiva Iva per le società di comodo, l’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione 16091 del 19 maggio 2022, ha sollevato dubbi sulla possibile violazione del principio di neutralità dell’Iva e conseguentemente del diritto unionale, in quanto il «mancato superamento del test di operatività non assumerebbe rilevanza quale prova incontrovertibile del difetto della qualità di soggetto passivo dell’ente», ma assumerebbe rilevanza solo quale fondamento della presunzione legale dell’assenza del presupposto dell’esercizio di un’attività economica, che il contribuente può superare (solo) attraverso la dimostrazione dell’esistenza di situazioni oggettive, estranee alla sua volontà, che non gli hanno consentito di realizzare operazioni imponibili per un volume di affari coerente con gli asset a disposizione.

Il diritto a detrazione, infatti, è ammesso anche se manca un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, nel caso in cui i costi in questione «facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce»; queste spese, infatti, presentano un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche del soggetto passivo (come confermato dalle sentenze della Corte di Giustizia Ue C-132/16 e C-528/19). Il diritto alla detrazione è «ammesso anche in mancanza di operazioni attive, a condizione che i costi siano imputabili all’attività d’impresa».

Sempre secondo la Cassazione 16091/2022, il sistema Ue dell’Iva garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’Iva (come confermato dalle sentenze della Corte di Giustizia Ue C-895/19 e C-45/20).

 

Le motivazioni della sentenza di merito

Ma la principale motivazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria in commento si basa su quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, causa C-341/22 (per approfondire si veda: Mancata detrazione delle società di comodo contraria alla direttiva Ue sull’Iva di Luca De Stefani, in Modulo24 Iva).

«Attività economica» del soggetto Iva indipendente dai risultati – Secondo la citata sentenza C-341/22, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che non è possibile negare la qualità di soggetto passivo Iva a colui che, in un periodo d’imposta, effettua operazioni rilevanti ai fini dell’Iva «il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone».

Detrazione non collegata a un importo minimo delle operazioni a valle – Secondo la citata sentenza C-341/22, l’articolo 167 della direttiva Iva e i principi di neutralità dell’Iva e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non è corretta una normativa nazionale che preveda che il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte, a causa del fatto che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’Iva effettuate a valle dallo stesso sono considerate «insufficienti».

In conclusione, «alla luce della sentenza resa nella causa C-341/22», l’articolo 30 della legge 724/1994, deve essere disapplicato ed è legittimo il diritto al rimborso dell’Iva esercitato dal soggetto passivo Iva.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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