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Il punto sul valore giuridico di un messaggio inviato per posta elettronica

L’e-mail, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche

L’email è un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’articolo 2712 c.c.; essa forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. Lo precisa il Tribunale di Cosenza con la sentenza 7 maggio 2024, n. 1019.

Il fatto

Adito in merito ad una vicenda inerente al pagamento di una somma di denaro per la fornitura di taluni materiali il Tribunale di Cosenza, nel suo intervento qui in esame, si sofferma (tra l’altro) sul valore giuridico dei messaggi inviati a mezzo posta elettronica.

È opportuno muovere dal quadro normativo di riferimento richiamando così il Dlgs 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale) secondo cui l’e-mail costituisce un “documento informatico”, ovvero un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art. 1, comma 1, lett. p).

L’e-mail, pertanto, seppur priva di firma, rientra – come espressamente afferma il Tribunale calabrese nella sentenza qui in esame – tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’articolo 2712 c.c. e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle medesime cose (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2024, n. 11584; Cass. civ., sez. I, 29 gennaio 2024, n. 2607; T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 25 ottobre 2023, n. 315; Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2020, n. 4485; Cass. civ., sez. I, ord., 17 luglio 2019, n. 19155; Cass. civ., sez. III, 24 novembre 2005, n. 24814).

Il valore della Pec

Con la precisazione che il sistema via pec (posta elettronica certificata), diversamente dalla posta elettronica ordinaria (peo), è il sistema di invio di comunicazioni con valore legale (ex articolo 1, lett.v-bis, Dlgs n. 82/2005, la posta elettronica certificata è “il sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi”) e l’unico idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni a valenza individuale, con carattere necessariamente recettizio (che cioè, ai sensi dell’articoli 1335 c.c. si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario) (Tar Lazio, Roma, sez. IV, 2 maggio 2024, n. 8771; Cons. Stato, sez. VII, 7 aprile 2022, n. 2588).

Si è così affermato che, in caso di contenzioso, la pec garantisce l’opponibilità a terzi del messaggio, dal momento che la ricevuta rilasciata al mittente del gestore costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e di eventuali messaggi, così come il gestore della casella pec invia al mittente la ricevuta consegna, così certificando che il messaggio che è stato spedito, è stato consegnato e non è stato alterato in fase di trasmissione, con l’attestazione di data ed ora di ciascuna delle operazioni descritte o, in caso contrario, di eventuali errori verificatisi in fase di trasmissione, in modo che non possano esserci dubbi sullo stato della spedizione di un messaggio (Tar Umbria, Perugia, sez. I, 9 maggio 2018, n. 300).

Scambio di mail in una compravendita immobiliare

Vediamo di seguito alcune applicazioni pratiche soffermandoci, in primis, sulla compravendita immobiliare e sullo scambio di messaggi via mail da parte dei contraenti.

Si consideri, sul punto, che il messaggio di posta elettronica privo di firma elettronica non ha l’efficacia della scrittura privata prevista dall’articolo 2702 c.c. quanto alla riferibilità al suo autore apparente, attribuita dal Codice dell’Amministrazione Digitale solo al documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.

E la sottoscrizione costituita dalla firma del dichiarante, cioè dal nome e cognome scritti di suo pugno o quantomeno da una sigla caratteristica ed identificabile, ovvero, in caso di documento informatico, dalla firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, rappresenta l’espressione grafica della paternità ed impegnatività della dichiarazione che la precede, la quale – in mancanza – non comporta la conclusione definitiva di un negozio giuridico allorchè la forma scritta sia richiesta ad substantiam.

Pertanto, una e-mail che contenga espressioni generiche di consenso, ma sia priva della firma elettronica avanzata, qualificata o digitale dei promittenti, non integra l’atto scritto richiesto dagli articoli 1350 e 1351 c.c. (Cass. civ., sez. II, ord. 24 luglio 2023, n. 22012).

Convocazioni condominiali

Passando ora, pur brevemente, alla materia del condominio ci si è interrogati circa la legittimità, o meno, della convocazione dell’assembleare fatta pervenire ad un condomino tramite peo, priva del riscontro di avvenuto ricevimento.

La norma di riferimento è quella dell’articolo 66 disp. att. c.c. – secondo cui «l’avviso di convocazione, (…), deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano» – dalla cui lettura emerge la mancata previsione della peo quale mezzo per la convocazione dei condomini.

E dunque la convocazione a mezzo di una semplice mail non fornisce le medesime garanzie di sicurezza, in ordine alla ricezione della comunicazione, che vengono fornite dagli altri mezzi indicati dal citato articolo 66 (posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano).

Né si prospetta una presunzione di conoscenza correlata al fatto che il messaggio sia giunto all’indirizzo del destinatario: ed infatti, a differenza del possessore di un indirizzo pec, il titolare di un indirizzo peo non ha alcun onere di consultare la posta elettronica in arrivo (sempre ammesso che giunga nella relativa “cartella” e non venga automaticamente spostata in altra a causa dell’operare di eventuali filtri antispam).

Non solo. Se l’amministratore trasmette il messaggio via pec ad un indirizzo email ordinario allora la convocazione non può ritenersi valida; solo se la trasmissione avviene da pec a pec il mittente riceverà le mail di accettazione dal suo gestore pec e l’email di consegna dal gestore pec del destinatario, derivando da tale procedura la certificazione e validità legale della trasmissione (Trib. Roma, 21 maggio 2018) così che l’avviso di convocazione è validamente effettuato (Trib. Tivoli, 5 aprile 2022; Trib. Genova, 23 ottobre 2014, n. 3350, in Archivio delle locazioni 2015, 4, 435; Trib. Massa, 16 giugno 2017).

Quando integra il reato di diffamazione
Ancora, si è osservato in giurisprudenza che in ipotesi di e-mail offensiva dell’onore e della reputazione, inviata a molteplici destinatari, tra cui la vittima, è integrato il reato di diffamazione.

In tal senso si è pronunciata la Cass. pen., sez. V 14 aprile 2023, n. 22631 che ha rilevato come l’invio di una mail dal contenuto offensivo ad una pluralità di destinatari integra il reato di diffamazione anche nell’eventualità che tra questi vi sia l’offeso, stante la non contestualità del recepimento del messaggio nelle caselle di posta elettronica di destinazione.

Al riguardo, è stato spiegato che è la nozione di “presenza” dell’offeso ad assurgere a criterio distintivo tra l’ingiuria e la diffamazione e tale concetto implica necessariamente la presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso e spettatori ovvero una situazione ad essa sostanzialmente equiparabile realizzata con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (call conference, audioconferenza o videoconferenza – Cass. pen., sez. V, 6 luglio 2018, n. 34484): criterio, questo, che vale anche in caso di presenza solo “virtuale” dell’offeso.

Dunque, se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato); di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” (in accezione estesa alla presenza “virtuale” o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della diffamazione (Trib. Campobasso, 29 febbraio 2024, n. 116).

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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