Cerca
Close this search box.

Super tutoraggio per prevenire i rischi fiscali delle aziende

Il Dlgs 221/2023 rinnova e potenzia il regime di adempimento collaborativo. Salvo casi di frode nessuna condanna per chi ha aderito al regime dal 2015 a oggi

Il Dlgs 221/2023 rinnova e potenzia il regime di adempimento collaborativo, ovvero il tutoraggio dell’agenzia delle Entrate per prevenire i rischi fiscali delle aziende. Si estende la platea ai soggetti con fatturato superiore a 750 milioni (la soglia è destinata a scendere a 100 milioni da qui al 2028) e si prevede la possibilità, anche per le Pmi senza i requisiti dimensionali di accesso, di certificare il proprio sistema di controllo del rischio. L’obiettivo è quello di tendere alla prevedibilità dell’imposizione e a una maggiore certezza del diritto. Per centrarlo, tuttavia, occorre più coraggio. L’esperienza di questi anni ha portato molte aziende ammesse al regime a sollevare le medesime criticità e a individuare i correttivi necessari. Il legislatore delegato ha parzialmente risposto a queste esigenze.

Sanzioni penali e amministrative

Non risultano, salvo casi di frode, condanne a carico di soggetti che abbiano aderito al regime dal 2015 a oggi. Per le fattispecie penali tributarie occorre il dolo specifico, che non può certo ravvisarsi in capo a chi si sottopone spontaneamente al tutoraggio. Ora, il fatto che nel decreto 221 sia stata prevista una causa di esclusione della punibilità (peraltro limitata agli elementi attivi) per i rischi comunicati all’Agenzia lascia sul regime l’ombra di un procedimento penale che comunque prende avvio, con le negative conseguenze anche reputazionali che ciò porta con sé (la valutazione della causa di non punibilità spetta al giudice). Questo rischio poteva essere scongiurato eliminando tout court la rilevanza penale delle condotte non fraudolente. Scelta, quest’ultima, più coerente anche rispetto alla prevista esclusione dell’applicazione delle sanzioni amministrative, fondata sullo stesso presupposto.

Occorrerebbe, peraltro, rimuovere la disparità di trattamento tra rischi significativi e non (a discapito di questi ultimi, per i quali, ove monitorati, dovrebbe sempre valere una esimente sanzionatoria amministrativa e penale).

Contraddittorio con l’Agenzia

Complice la carenza di risorse da destinare al regime, il contraddittorio è stato finora connotato in alcuni casi da una certa “rigidità”. Non sembra sufficiente la previsione di un contraddittorio preventivo, occorre un quid pluris perché per questi soggetti la strada del contenzioso dovrebbe essere sempre esclusa (tradirebbe la ratio dell’istituto). Sarebbe senz’altro meglio prevedere una forma di arbitrato affidato a un organismo terzo capace di prendere decisioni veloci sulle divergenze di vedute tra Agenzia e contribuenti.

Interlocutore unico

Le società nel regime devono avere un interlocutore unico ed essere esonerate da forme di controllo a sorpresa. Per tale ragione il coinvolgimento della Guardia di finanza, menzionato dal decreto, dovrà essere inteso come un potenziamento del team dedicato alla gestione dell’istituto e non come la creazione di un ulteriore interlocutore. In quest’ottica, le materie oggetto del tutoraggio dovranno tendere a coprire tutte le problematiche, anche ad esempio quelle connesse al consolidato per i gruppi. Sarà consentito l’accesso al regime a tutte le società consolidate, anche se resta da chiarire il perimetro della eventuale certificazione, verosimilmente limitato soltanto alle nuove ammesse.

Pmi

È meritorio l’intento di estendere la platea alle Pmi e dare un ruolo alle certificazioni dei professionisti (avvocati e commercialisti). Peraltro, sono noti i vantaggi, anche extra tributari, di dotarsi di un sistema di controllo dei rischi (Tcf) che vada nella direzione di una “compliance integrata” atta ad abbracciare le tematiche di cui al Dlgs 231/2001, alla legge 262/2005, alla certificazione Aeo. Del resto, la tax compliance è ormai considerata un aspetto cruciale della governance aziendale ed è ritenuta un indicatore di responsabilità sociale e di un approccio sostenibile al business, che può contribuire a migliorare reputazione e rating Esg dell’azienda. Tuttavia, l’adozione di un Tcf comporta anche il sostenimento di costi e i benefici specifici concessi dalla novella per le Pmi paiono troppo contenuti.

Non sembrano infatti sufficienti la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative non superiori al minimo edittale e la causa di non punibilità penale solo in caso di rischi comunicati con interpello prima della presentazione della dichiarazione.

Alcune di queste problematiche possono essere superate o attenuate dai vari provvedimenti attuativi previsti dal decreto 221, che si spera facciano un altro passo in avanti nella direzione indicata.

 

Fonte: Il Sole 24ORE

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator