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Aliquota Ires ridotta solo se l’attività non è commerciale

La Cassazione: per l’accesso all’agevolazione non rileva soltanto il requisito soggettivo, ma anche la natura dell’attività svolta

Aliquota Ires ridotta: sì all’agevolazione ma solo se l’attività svolta in concreto dall’ente è non commerciale. È quanto statuito dalla Cassazione che, con l’ordinanza 2860/2024, torna a fare il punto sui requisiti soggettivi e oggettivi di applicazione, sulla scia degli ultimi orientamenti di prassi e giurisprudenziali.

Il caso

Il caso riguarda un Istituto diocesano nei confronti del quale l’agenzia delle Entrate recuperava a tassazione maggior Ires, disconoscendo l’applicabilità dell’agevolazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del Dpr 601 del 1973. Vale a dire quella misura che consente un dimezzamento dell’aliquota d’imposta Ires – del 12% anziché del 24% – nei confronti, tra gli altri, di enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza. Ciò nel presupposto che l’Istituto religioso, oltre all’attività legata ai fini di religione e culto, svolgeva anche gestione di locazioni da cui ricava proventi utilizzati per corrispondere la remunerazione ai sacerdoti.

I chiarimenti della Cassazione

Nel cassare la sentenza impugnata, la Cassazione si pone in continuità con l’ormai consolidato quadro di prassi e giurisprudenza sul punto. Per l’accesso all’agevolazione, non rileva soltanto il requisito soggettivo, ma anche la natura dell’attività svolta dallo stesso. Non è escluso che la misura scatti anche per i proventi derivanti dalla locazione, come nel caso di immobili ricevuti per lasciti e donazioni negli istituti diocesani. Ciò, tuttavia, a condizione che i proventi siano effettivamente ed esclusivamente impiegati nelle attività istituzionali previsti dalla norma. Inoltre, si deve essere in presenza di un mero godimento del patrimonio immobiliare. Con la specifica, dunque, che gli immobili non debbono risultare inseriti nel contesto di un’organizzazione in forma imprenditoriale. Piuttosto è necessario che siano posseduti al mero scopo di trarne redditi di natura fondiaria attraverso i quali l’ente si sostiene e si procura i proventi per poter raggiungere i propri fini istituzionali (sul punto circolare 15/E/2022).

Seppure tali chiarimenti siano da accogliere nell’intento di perimetrare l’ambito di questa misura speciale, va precisato che l’agevolazione ha carattere soggettivo e non oggettivo. Spettando solo ed esclusivamente agli enti espressamente indicati dalla norma. Prova ne è, da un lato, la sua previsione all’interno del Titolo I del Dpr 601/73, relativo alle «agevolazioni di carattere soggettivo», mentre le agevolazioni previste per particolare settori di attività sono previste nei successivi titoli. Dall’altro canto, l’ipotesi di disapplicazione espressa che scatta solo con riguardo agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, senza specificare nulla in relazione alle attività e alle modalità con cui queste sono esercitate. Quest’ultimi sono infatti destinatari di un’apposita fiscalità promozionale nel Codice del Terzo settore, per la cui operatività si attende il varo Ue.

Fonte: Il Sole 24ORE

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