La legge di Bilancio 2025 (la 207/2024) all’articolo 1, commi 81-83 introduce disposizioni stringenti su spese di trasferta e rimborsi delle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto, compresi taxi e Ncc: richiede che il loro pagamento avvenga con metodi tracciabili per poter fruire della relativa deducibilità ai fini Ires/Irpef e dell’Irap, nonché evitare l’imponibilità ai fini dei redditi di lavoro per il dipendente. Fanno eccezione le spese relative ai trasporti effettuate mediante autoservizi pubblici di linea, cui non si applicano le nuove restrizioni.
Tali interventi hanno carattere strutturale, andando a innestarsi nell’articolo 51, comma 5, del Tuir relativo ai rimborsi analitici delle trasferte di lavoro, nell’articolo 54 del Tuir in materia di reddito di lavoro autonomo, e nell’articolo 95 del Tuir in materia di deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro. Peraltro, la lettera d), comma 81, della legge di bilancio 2025 interviene anche sull’articolo 108, comma 2, specificando che le spese di rappresentanza sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili (oltre alle limitazioni ivi specificate).
La finalità è quella di introdurre un contrasto di interessi tra fornitori e acquirenti. In particolare, i fornitori di servizi (ad esempio, alberghi, ristoranti, taxi e noleggi con conducente) potrebbero preferire i pagamenti in contanti per non dichiarare i relativi ricavi. Con le novità, invece, imprese, lavoratori autonomi e dipendenti acquirenti dei servizi sono obbligati a effettuare pagamenti tracciabili, necessari per dedurre i costi ed evitare la tassazione delle somme rimborsate per quanto attiene ai dipendenti e co.co.co..
Secondo la relazione tecnica, l’evasione fiscale nel settore dei trasporti e della ristorazione è significativa. In particolare, si stima che per taxi e noleggi con conducente la propensione all’evasione sia di circa la metà del dichiarato, che scende al 20% circa per gli alberghi e ristoranti. Con le nuove misure è valutato che il maggior gettito ottenuto nel 2026 sarà pari a 432 milioni e dal 2027 al 2030 pari a 244 milioni per ciascun anno. Nessun recupero, invece, è previsto per il 2025, circostanza peculiare visto che le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 e dunque dal 1° gennaio 2025 per soggetti solari e dipendenti.
Pertanto, sarà fondamentale che le spese siano effettuate tramite versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del Dlgs 241/1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari). Nella pratica, il dipendente in trasferta dovrà essere munito di una carta di credito, personale o aziendale per fare fronte alle spese correnti, quali il taxi e il ristorante. Saranno comunque opportuni chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria per chiarire se sono idonee a soddisfare il requisito della tracciabilità anche le carte di credito emesse da soggetti stranieri non tenuti alle comunicazioni all’Anagrafe tributaria.
In ogni caso, si rammenta che l’articolo 51, comma 5, del Tuir in tema di rimborsi analitici, permette che le «altre spese», quali le spese di lavanderia, parcheggio eccetera, anche non documentabili, sostenute dal dipendente in occasione delle trasferte o missioni, possono essere attestate fino all’importo massimo giornaliero di 15,49 euro, elevate a 25,82 euro per le trasferte all’estero, senza necessità che siano documentate. In attesa di chiarimenti ufficiali, queste spese parrebbero fuori dal campo di applicazione della nuova normativa e relative penalizzazioni.
Ma cosa succede al dipendente che in trasferta non sostiene la spesa con uno strumento di pagamento tracciabile? In prima battuta si deve ricordare che giuridicamente la trasferta è uno spostamento temporaneo del lavoratore dalla normale sede di lavoro a un altro luogo di lavoro. Il lavoratore è obbligato ad andare in trasferta su comando unilaterale del datore di lavoro; il lavoratore che si rifiuta può essere soggetto a procedura disciplinare.
A fronte di tale disciplina giuridica, sono previste a favore del lavoratore tutele risarcitorie di carattere economico per spese o disagi patiti in occasione della trasferta. I contratti collettivi nazionali (Ccnl) prevedono generalmente due soluzioni: pagamento di una diaria di trasferta e/o rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per vitto, alloggio, viaggi o trasporto.
Detto ciò, va esclusa la possibilità per il datore di lavoro di non rimborsare le note spese sostenute in trasferta senza pagamento tracciato, in quanto obbligo derivante dall’applicazione della contrattazione collettiva: le spese saranno rimborsate assoggettandole a imposte e contributi.
Il lavoratore, in sostanza, riceverà delle somme nette inferiori rispetto agli importi effettivamente spesi e ciò potrebbe creare delle tensioni nella gestione del personale. In alternativa, come trattamento di miglior favore, potrebbe essere valutata la possibilità di rimborsare gli importi sostenuti senza pagamento tracciato lordizzandoli del peso fiscale e contributivo per neutralizzare gli effetti sul netto in busta paga.
Operativamente, senza addentrarsi in sofisticati sistemi di calcolo, potrebbero essere utilizzati tre coefficienti di lordizzazione applicabili a seconda di determinate fasce retributive. Il valore della lordizzazione dovrà essere contabilizzato separatamente dal rimborso spese in quanto costo del lavoro deducibile ai fini del reddito d’impresa.