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Smart e remote working, nuove normative e implicazioni

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Si parla tanto di lavoro a distanza, utilizzando vari termini: telelavoro, lavoro da remoto, lavoro agile, smart work, che insieme ai vantaggi della rivoluzione digitale che li accompagna, insinuano anche tanti dubbi.

Questo perché, l’organizzazione del lavoro si è trasformata rapidamente, portando alla diffusione di modelli di lavoro a distanza, come il lavoro agile (smart work) e il lavoro da remoto (remote work). Sebbene questi due termini possono sembrare simili e sono spesso confusi, essi rappresentano approcci distinti, sia nelle modalità operative che nella regolamentazione.

L’argomento, inoltre, è diventato di interesse particolarmente rilevante, in seguito alla pandemia di COVID-19, che ha sicuramente accelerato l’adozione di queste differenti modalità di lavoro e ha sollevato nuove questioni legali e organizzative.

Si propone nel proseguo, una trilogia di argomenti, al fine di fornire una panoramica sulle recenti evoluzioni del lavoro agile e da remoto, esaminando la normativa italiana che li disciplina, con particolare attenzione alle implicazioni per il benessere dei lavoratori e alle sfide legali per l’azienda.

Definizione e normativa

Il termine smart work o lavoro agile indica un tipo di lavoro subordinato privo di vincoli (orari o spaziali) e un’organizzazione per obiettivi, concordata periodicamente tra dipendente e datore di lavoro. Quale modalità di lavoro flessibile, permette al dipendente di alternare presenza in ufficio e lavoro a distanza, con la possibilità di autogestire orari e attività, secondo gli obiettivi assegnati, ma con una maggiore autonomia su luogo e tempi di lavoro, senza che ciò intacchi l’azienda. Il termine remote work, spesso impropriamente confuso con smart work, indica il lavoro da remoto così come utilizzato nella lingua inglese, e si riferisce ad una modalità di lavoro in cui il lavoratore svolge le proprie attività esclusivamente al di fuori della sede aziendale, individuando una situazione lavorativa, in cui i dipendenti hanno accesso a personal computer portatili, con la possibilità di collegarsi virtualmente ai server dell’ufficio lavorando da remoto. 

Il passaggio dalle modalità di lavoro subordinato tradizionali alle nuove più flessibili opportunità rese disponibili dalle tecnologie, deve essere progressivo e ben coordinato, laddove le imprese devono maturare le tempistiche e le dinamiche che meglio si adattano alla propria realtà aziendale, attraverso esperimenti digitali e con regolari sessioni di feedback, al fine di mantenere viva e trasparente la comunicazione con i collaboratori in remoto.

Il lavoro agile (smart work)

Considerata la nuova frontiera del lavoro digitale, il lavoro agile è una modalità lavorativa che supporta il lavoratore nel suo equilibrio tra lavoro e vita privata, nonché il datore di lavoro stesso, il quale vede la sua produttività in azienda crescere visibilmente.

Si tratta di una modalità lavorativa flessibile, che non prevede vincoli di orario e luogo, se non quelli concordati tra lavoratore e datore di lavoro. L’obiettivo del lavoro agile è di favorire una maggiore libertà organizzativa e responsabilizzazione del dipendente, che può gestire autonomamente tempi e luogo di lavoro. La produttività è valutata in base agli obiettivi e ai risultati raggiunti, anziché sul tempo trascorso in sede.

Il lavoro agile o smart work è, quindi, una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato organizzata per fasi, cicli e obiettivi, senza vincoli per il dipendente, ma stabiliti di volta in volta con il datore di lavoro, così da permettere al lavoratore di conciliare i tempi di vita e lavoro ma, al contempo, di favorire la crescita della produttività aziendale.

In Italia, il lavoro agile è stato introdotto ed è definito dalla Legge 81 del 22 maggio 2017. La normativa italiana ne stabilisce le linee guida, come una modalità subordinata che si basa su un accordo scritto tra lavoratore e datore di lavoro. Questo accordo deve includere:

• gli obiettivi e le modalità operative;

• i tempi di disconnessione, garantendo il diritto del lavoratore a non essere reperibile fuori dall’orario concordato;

• la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.

La Legge prevede, inoltre, che il datore di lavoro adotti le misure necessarie per garantire la protezione dei dati trattati durante l’attività agile e fornisca al lavoratore la formazione necessaria per identificare eventuali rischi.

A partire dal 1° aprile 2024, è stata rafforzata la tutela dei lavoratori agili, tra cui:

• l’obbligo per le aziende di erogare una formazione specifica sulla sicurezza anche per chi lavora fuori sede;

• la protezione dei dati personali, con norme specifiche di cybersecurity per i dispositivi utilizzati a distanza;

• un obbligo di revisione annuale delle politiche di smart working per garantire che siano sempre in linea con le esigenze aziendali e dei lavoratori.

La normativa introdotta dalla citata Legge 81/2017, mira a tutelare sia la produttività che il benessere del lavoratore, garantendo un equilibrio tra libertà organizzativa e sicurezza.

Il lavoro da remoto (remote work)

Diversamente, il lavoro da remoto si riferisce a una modalità di lavoro svolta esclusivamente fuori dalla sede aziendale, ma in un luogo fisso, come la casa o uno spazio coworking, e prevede spesso un orario di lavoro rigido, simile a quello che si terrebbe in ufficio.

Il lavoro da remoto in Italia, che prevede l’uso dell’anglicismo “remote work”, non è altro che l’evoluzione del telelavoro tradizionale, regolato dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) di settore e dal D.P.R. 70/1999, un primo passo verso la grande rivoluzione digitale, che termina nell’evoluzione dello smart work.

Sulla base della normativa, l’azienda deve fornire e manutenere gli strumenti di lavoro, come computer e connessioni, e coprire eventuali costi aggiuntivi. I diritti del telelavoratore sono gli stessi dei lavoratori in sede, compresi quelli sindacali, e sono regolati nell’ambito di un accordo specifico.

A differenza dello smart work, il lavoro da remoto mantiene spesso un orario rigido e regolato, con una struttura simile a quella tradizionale e, in genere, si applica a lavoratori autonomi, freelance o a dipendenti che svolgono mansioni da luoghi distanti rispetto all’ufficio.

In altre parole, mentre il lavoro agile promuove una flessibilità che si adatta alle esigenze del lavoratore, il lavoro da remoto rimane più vicino al concetto di lavoro subordinato tradizionale, anche se svolto fuori sede.

Pur presentando le suddette differenze, sia il lavoro agile che da remoto presentano entrambi, indubbiamente, numerosi vantaggi per i datori di lavoro, quali:

• una maggiore produttività, garantita da una maggiore flessibilità, fa sì che i collaboratori da remoto tendono a impegnarsi maggiormente rispetto ai propri colleghi in ufficio e a essere in definitiva più produttivi;

• un risparmio sui costi, dai tradizionali costi di affitto ai mobili stessi per l’ufficio, tagliati di netto quando il team è distribuito in remoto;

• dipendenti più motivati, perché più soddisfatti potendo gestire al meglio anche la propria vita privata.

Sia nel lavoro agile che nel lavoro da remoto, si applicano le norme del GDPR (Regolamento UE 2016/679) per la protezione dei dati personali; tuttavia, il lavoro agile prevede misure più stringenti, essendo specificamente normato per garantire che la sicurezza informatica e la riservatezza siano protette anche fuori dalla sede aziendale.

Da ultimo, si rende opportuno un breve accenno alla recente Circolare n. 20/E dell’Agenzia delle Entrate del 4 novembre 2024, nella quale l’Amministrazione, con riferimento alle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale (D.Lgs. 209/2023) in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti in vigore dal 2024, ribadisce che la semplice presenza sul territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile, incluse le frazioni di giorno) è sufficiente a configurare la residenza fiscale in Italia.

In particolare, rendendo chiarimenti sul computo delle frazioni di giorno, illustra che per effetto dell’introduzione del nuovo criterio della presenza fisica, le persone che lavorano in smart working nello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono considerate fiscalmente residenti in Italia, senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di collegamento previsti dalla normativa (residenza civilistica, domicilio, iscrizione anagrafica).

Implicazioni sul benessere dei lavoratori e sulla produttività

L’adozione, sia del lavoro agile che del lavoro da remoto, è causa di un forte impatto sul benessere psicofisico dei lavoratori e sulla produttività aziendale. Questi modelli, infatti, offrono vantaggi in termini di flessibilità e autonomia, ma presentano anche sfide come l’isolamento sociale e il rischio di burnout. Ecco perché si richiede alle aziende di adottare le pratiche necessarie per supportare i propri dipendenti, in un contesto di lavoro agile o da remoto, soprattutto per l’impatto che può avere sulla produttività e sulle dinamiche di team. 

Se dal punto di vista normativo il lavoro agile e il lavoro da remoto presentano differenze, può dirsi in generale, che la diffusione di queste nuove modalità di lavoro ha portato con sé numerosi cambiamenti nell’esperienza lavorativa e nel benessere dei dipendenti.

Ma se è vero che questi modelli offrono vantaggi significativi, presentano anche molte sfide, che influenzano sia la produttività che la salute psicofisica dei lavoratori.

È vero che, lavorare da casa o in un contesto flessibile consente ai lavoratori di risparmiare tempo nei trasferimenti e di conciliare meglio gli impegni familiari, e che questa modalità contribuisce a ridurre lo stress da spostamento e migliora la qualità di vita.

Inoltre, la modalità da remoto promuove l’autonomia e la responsabilità, permettendo ai lavoratori di gestire il proprio tempo in base alle necessità personali. Questo approccio stimola la fiducia e può favorire una maggiore soddisfazione lavorativa.

Dunque, i benefici sono tanti, ma anche i rischi di queste modalità di lavoro, mettono in luce le condizioni che ne sfavoriscono un impatto positivo, diventando quasi trappole per il dipendente.

Il lavoro a distanza può generare isolamento sociale, che in alcuni casi porta a un aumento dello stress e a sentimenti di solitudine; lavorare lontano dai colleghi riduce il senso di appartenenza all’azienda, aumentando il rischio di burnout. Comporta problemi di comunicazione, perché i collaboratori in remoto non sono fisicamente presenti ai meeting, né ci si può imbattere in loro nei pressi della macchinetta del caffè. Sicuramente le videochiamate possono sostituire le riunioni e supportare il team nel naturale sviluppo di relazioni interpersonali, ma non possono sostituire il rapporto umano.

Il diritto alla disconnessione è un’altra delle sfide più importanti, soprattutto in contesti di smart work, dove l’autonomia sugli orari può trasformarsi in un’aspettativa di reperibilità continua. I lavoratori da remoto si dimostrano estremamente zelanti nella comunicazione circa lo stato di avanzamento di un progetto e si preoccupano di evidenziare prontamente eventuali ostacoli incontrati, a tutte le ore senza più controllo.

Nel gergo comune del lavoro da remoto, si utilizza l’espressione “sempre disponibile”, laddove esistono conseguenze negative considerevoli, quando un lavoratore da remoto è reperibile 24 ore su 24, dato che perde in termini di salute e di equilibrio lavoro/vita privata. Mentre, il datore di lavoro vede la produttività calare progressivamente, proprio perché tutto ciò, incide sulla produttività stessa; si pensa, infatti, che la flessibilità aumenti la produttività, ma al contrario, indica spesso una tendenza al calo, sia per stanchezza che per via della mancanza di contatto diretto con il team e di feedback immediati.

In queste circostanze, le aziende devono intervenire per supportare il dipendente in remoto, introducendo obiettivi chiari e garantendo le ore di lavoro e di riposo, come anche la richiesta di disponibilità al collaboratore tramite strumenti di messaggistica, e-mail e videochiamate concordate, così da rispettare sin dall’inizio il rapporto di collaborazione.

È necessario, altresì, sfatare lo stereotipo del collaboratore meno produttivo da casa, rispetto ai suoi colleghi in ufficio, perché semplicemente privo di fondamento. Piuttosto, è vero invece l’esatto opposto, dato che la produttività aumenta con la flessibilità lavorativa, sempreché come suddetto, siano rispettati gli elementi fondamentali del rapporto stesso di lavoro.

Ogni persona è diversa e, con la giusta dose di libertà, ogni collaboratore in remoto può perfezionare la propria routine lavorativa in modo diverso, da chi è più mattiniero, a chi lavora meglio nelle ore pomeridiane o serali, il lavoro da remoto consente a tutti di gestire il proprio lavoro in modo flessibile, ottimizzandone la produttività.

Resta inteso che, per massimizzare i benefici e ridurre i rischi, le aziende devono adottare politiche di supporto al benessere e promuovere la formazione per aiutare i lavoratori a gestire l’autonomia. Alcuni degli obiettivi che l’azienda potrebbe perseguire, al fine di coinvolgere e motivare i collaboratori da remoto sono:

• la trasparenza e il controllo degli obiettivi che ogni team è tenuto a perseguire, con i manager in costante contatto con i propri collaboratori, al fine di individuare velocemente e risolvere ogni punto di incertezza o ostacolo al normale svolgimento delle mansioni lavorative. Ciò anche attraverso l’utilizzo di software di project management, così da facilitare il controllo delle attività e il progresso dei singoli progetti, nonché chiarire le idee ai collaboratori in remoto;

• la comunicazione giornaliera è la chiave in qualunque piano per la gestione di un team e di un’impresa, soprattutto lo diventa nel lavoro da remoto, laddove la collaborazione all’interno dei/tra i diversi team è essenziale per mantenere alto il livello di produttività. La comunicazione da remoto è garantita attraverso i vari strumenti che la tecnologia oggi mette a disposizione, quali l’organizzazione di videoconferenze giornaliere o settimanali per fare il punto della situazione con tutti i team e la programmazione di regolari meeting 1-on-1 dando spazio alle singole individualità;

• la dimostrazione di empatia verso i collaboratori a livello umano, mostrando interesse riguardo lo stato psico-fisico di coloro che lavorano in remoto, con indicazioni sull’importanza di pause regolari, di esercizio fisico, di spegnere le notifiche, di non richiedere “troppa disponibilità” al di fuori degli orari di lavoro pattuiti;

• attivare la socializzazione, per evitare il senso di isolamento, organizzando diversi tipi di incontri virtuali per scambi di opinioni personali e informali, creando dei canali di comunicazione informale che consentano la condivisione di interessi;

• assicurarsi che il lavoratore in remoto abbia un ambiente lavorativo confortevole, che i compiti assegnati siano chiari e gli equilibri nel team sani e positivi.

In tal modo, chi lavora da remoto potrà avere la serenità di farlo garantendo risultati positivi anche all’azienda.

Sfide legali e controversie

Legate al lavoro agile e da remoto, ci sono tutte le sfide legali e le controversie emergenti, derivanti da problemi legati alla privacy, alla sicurezza dei dati e alla sorveglianza dei dipendenti in un contesto di lavoro remoto. Si tratta di questioni legate anche al risarcimento dei danni alla salute e per la sicurezza sul lavoro in un ambiente “remoto” nonché le eventuali dispute legali derivanti da questa nuova modalità lavorativa, che le aziende e i lavoratori si trovano ad affrontare.

L’adozione del lavoro agile e da remoto ha posto sicuramente nuove questioni legali, generando controversie legate soprattutto alla privacy, alla sicurezza e alla tutela dei diritti dei lavoratori.

La regolamentazione, ancora in evoluzione, è fondamentale per chiarire i confini e le responsabilità tra lavoratori e datori di lavoro.

Con riferimento alla Legge 81/2017, che come su anticipato disciplina il lavoro agile, al suo articolo 21, prevede che nell’accordo individuale tra azienda e dipendente, siano specificate le modalità di gestione e controllo del datore di lavoro e quali condotte comportano l’applicazione di sanzioni disciplinari.

In particolare, per quanto riguarda “il potere di controllo”, se si esclude chiaramente il controllo diretto, in quanto la prestazione lavorativa si svolge fuori dalla sede (locali) aziendale, assume particolare importanza la disciplina del controllo a distanza. Laddove l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori dispone, che i controlli a distanza possono essere effettuati solo in presenza di determinate condizioni, quali:

a) esigenze organizzative produttive;

b) sicurezza del lavoro;

c) tutela del patrimonio aziendale;

d) la sussistenza di un accordo con i sindacati.

Restano però esclusi da tali vincoli, a norma del comma 2, dello stesso articolo 4, gli strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

Alla luce di queste disposizioni normative, si può dedurre che il datore di lavoro può effettuare dei controlli a distanza sul lavoratore in remoto, purché nei limiti del rispetto della privacy e nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali; infatti, deve fornire un’adeguata informativa sulla modalità d’uso degli strumenti e la modalità di effettuazione dei controlli, con il divieto dell’utilizzo di webcam o software aziendali rivolti al controllo del lavoratore e ogni altra forma di controllo occulto, salvo il caso in cui il lavoratore realizzi dei comportamenti illeciti ai danni del datore di lavoro.

La gestione dei dati personali è, quindi, particolarmente delicata nel lavoro da remoto e si impone alle aziende di proteggere i dati trattati a distanza e di adottare sistemi di sicurezza specifici per evitare violazioni. Le aziende devono inoltre rispettare il già citato GDPR (Regolamento UE 2016/679) e assicurarsi che il personale utilizzi dispositivi sicuri.

Un’altra conseguenza diretta del lavoro da remoto, nel mutamento del rapporto lavorativo, è il cambiamento dell’obbligo di “tutela della salute e della sicurezza del lavoratore”, di cui all’articolo 2087 c.c., in quanto il datore di lavoro rimane responsabile della salute e della sicurezza del lavoratore anche se si trova in un ambiente lavorativo diverso dai locali aziendali.

Con riguardo alla responsabilità del datore di lavoro, in particolare la Legge n. 81/2017 di riferimento, prevede da un lato l’obbligo di informare il lavoratore dei rischi specifici connessi al lavoro da remoto, dall’altro la responsabilità del datore di lavoro per infortunio o malattia professionale connessi al malfunzionamento e al difetto di sicurezza degli strumenti tecnologici che abbia affidato al lavoratore per lavorare in remoto.

Le principali sfide legali sono, pertanto, legate:

1. al controllo del lavoro da remoto e alla gestione della privacy con l’utilizzo improprio di dati personali e casi di risarcimento per danni alla privacy stessa dei dipendenti;

2. al diritto alla disconnessione con violazione dello stesso, che ha portato diverse aziende a pagare indennizzi, soprattutto per violazioni legate alle richieste di disponibilità fuori dall’orario concordato, anche se in tal caso, i lavoratori possono reclamare risarcimenti se dimostrano che la reperibilità continua ha danneggiato la loro salute.

Si deve, dunque, concludere che per garantire l’equità è essenziale che le aziende adottino politiche trasparenti e rispettino le normative sulla privacy e sul controllo del lavoro a distanza, riducendo così il rischio di controversie.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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