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La tassazione sale al 42% per le plusvalenze sulle criptovalute

Il prelievo in aumento rispetto all’attuale 26% scatterà oltre i 2mila euro

La proposta di incremento dal 26% al 42% dell’aliquota sulle plusvalenze da criptoattività a partire dal 1° gennaio 2025, contenuta nell’articolo 4 del Ddl di bilancio trasmesso al Parlamento, ha suscitato forte preoccupazione tra gli investitori.

In base alla normativa attualmente in vigore, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2023, esiste innanzitutto una soglia di 2mila euro, entro la quale nessuna imposta è dovuta. Nel momento in cui viene superato l’importo di 2mila euro su base annua, tutta la plusvalenza realizzata è tassabile. La soglia di esenzione non trova applicazione nel caso in cui vi sia un intermediario, anche non finanziario, che si occupi della tassazione delle plusvalenze in qualità di sostituto d’imposta per conto del contribuente. Dal 1° gennaio 2023, inoltre, mentre le operazioni di scambio tra cripto e valute tradizionali sono sempre fiscalmente rilevanti, non sono invece tassabili le plusvalenze generate dallo scambio di criptoattività aventi eguali caratteristiche e funzioni. È il caso, ad esempio, dello scambio di una determinata quantità di ether con un controvalore in bitcoin. Nel momento in cui vengono effettuate tali operazioni, è importante ricordare che se i bitcoin ottenuti dalla permuta saranno successivamente ceduti incassando valuta tradizionale, il costo fiscale dei bitcoin da confrontare con il corrispettivo incassato dalla vendita è pari al costo originario in valuta tradizionale degli ether utilizzati nella citata operazione. La permuta tra criptovalute e stablecoin non è invece sempre fiscalmente irrilevante. Come chiarito con la circolare 30/E del 2023, infatti, sono rilevanti fiscalmente solo le permute tra criptovalute e i cosiddetti «e-money token» e non anche le permute tra criptovalute e i cosiddetti «asset-referenced-token». La determinazione delle plusvalenze tassabili per coloro che non hanno optato per il regime del risparmio amministrato o gestito è molto complessa soprattutto in presenza di numerose operazioni. Il calcolo del costo di acquisto della cripto-attività ceduta deve essere infatti effettuato utilizzando il metodo Lifo, ossia considerando l’ultima quantità acquistata come la prima ceduta e ricostruendo a ritroso tutti i vari acquisti.

A differenza delle proposte attualmente allo studio in Danimarca, dove il prelievo del 42% colpirebbe anche le plusvalenze non realizzate, ma solo potenziali, dal prossimo anno in Italia non cambierà il metodo di tassazione delle plusvalenze, che resterà sempre collegato all’effettiva realizzazione della plusvalenza (a seguito della vendita o permuta della cripto-attività), ma solo l’aliquota di tassazione applicabile al momento del realizzo della plusvalenza, che salirà dal 26% al 42%. Per quanto riguarda le minusvalenze compensabili con le plusvalenze realizzate dalla cessione o permuta di criptoattività, non sono attualmente ammesse in compensazione le minusvalenze subite prima del 1° gennaio 2023. L’ammontare delle minusvalenze che in ciascun periodo d’imposta eccede la soglia di 2mila euro può essere riportato in compensazione negli anni successivi, ma non oltre il quarto. Anche se l’attuale testo della norma non prevede una riduzione dell’ammontare delle minusvalenze subite nel 2023 e 2024 compensabili con le plusvalenze realizzate a partire dal 2025, non è da escludersi che nel corso dell’esame parlamentare della manovra sarà introdotta una riduzione al 61,9% del loro ammontare, come già avvenuto in passato in occasione dell’incremento dal 20% al 26% della tassazione sulle rendite finanziarie. Allo stesso modo non può escludersi che possa essere prevista la possibilità di affrancare le plusvalenze maturate al 31 dicembre 2024, pagando l’imposta sostituiva del 26% su base opzionale, per evitare l’applicazione retroattiva del prelievo tributario.

Fonte: Il Sole 24ORE

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