Si avvicina velocemente la scadenza del 31 ottobre 2024 per l’invio all’agenzia delle Entrate dell’istanza di sanatoria per il credito d’imposta ricerca e sviluppo maturato nei periodi d’imposta dal 2015-2019, e che alla data del 22 ottobre 2021 risulta indebitamente utilizzato in compensazione e non recuperato con atto già definitivo. Le imprese si trovano a dover valutare molte variabili per poter prendere una decisione: annualità ancora aperte, possibilità di chiedere la certificazione ex articolo 23 del Dl 73/2022 con una complessa procedura che coinvolge il Mimit, e che difficilmente può concludersi entro il 31 ottobre 2024, attività di controllo dell’agenzia delle Entrate già in corso o chiuse, questionari ricevuti, impatti contabili. Un “puzzle” molto complesso, e con alcuni “pezzi” che si sono aggiunti da poco (come la certificazione, il cui meccanismo è definitivamente noto dal 4 luglio 2024 con le Linee guida Mimit).
Da qui, si reitera la richiesta di un’ulteriore proroga del solo termine di presentazione dell’istanza (si veda il Sole 24 Ore dell’11 ottobre 2024), che si potrebbe almeno far coincidere con il termine del (primo) versamento, ossia il 16 dicembre 2024: 45 giorni in più sarebbero utili senza creare malefici sulle entrate dello Stato.
Due aspetti conseguenti l’adesione alla sanatoria riguardano il trattamento contabile e fiscale del riversamento e degli eventuali interessi da rateazione.
Per quanto attiene l’onere da riversamento, si ritiene che esso sia da imputare a conto economico (voce B14) nell’esercizio 2024 di presentazione dell’istanza; detto costo è indeducibile ai fini Ires e Irap, non essendo stato tassabile il credito originario, contabilizzato a suo tempo nella voce A5. Il debito rateizzato andrà contabilizzato nella voce D12 del passivo, suddividendolo tra parte a breve termine (seconda rata entro il 16 dicembre 2025) e parte oltre l’esercizio successivo (terza rata entro il 16 dicembre 2026), con possibile attualizzazione, se significativa. Si ritiene opportuna, se del caso, anche una descrizione in nota integrativa del costo eccezionale del credito riversato ai sensi dell’articolo 2427, comma 1, n. 13, del Codice civile al fine di consentire al lettore del bilancio di apprezzare il conto economico privo di elementi eccezionali (Oic 12, paragrafo 115).
Gli interessi passivi sono dovuti nel caso in cui l’impresa opti per il versamento in tre rate di pari importo, con la seconda e la terza da corrispondere entro il 16 dicembre 2025 e 16 dicembre 2026, maggiorate degli interessi legali calcolati a decorrere dal 17 dicembre 2024. Si ritiene che detti interessi passivi siano soggetti al limite del 30% del Rol, essendo derivanti da una scelta finanziaria dell’impresa; ci si chiede se il tasso di interesse legale da conteggiare sulla seconda e terza rata sia quello del 2024 (2,5%) come da risposta n. 168 del 5 agosto 2024, oppure quello tempo per tempo vigente.
Infine, merita evidenziare che le imprese, nel valutare il da farsi, devono identificare gli anni sanabili, con la distinzione tra crediti non spettanti o inesistenti che complica non poco la questione, anche tenuto conto che notizie stampa (si veda il Sole 24 Ore del 12 ottobre 2024) riferiscono che il Mef dovrebbe emanare entro qualche settimana un atto di indirizzo per fornire indicazioni chiare sulla menzionata distinzione. Questo potrebbe ulteriormente incidere sulle scelte delle imprese in relazione alla differente scadenza dei termini di accertamento a seconda che il credito si qualifichi come non spettante o inesistente, come di seguito evidenziato.
Il credito d’imposta oggetto di sanatoria può essere maturato per le spese sostenute nel periodo 2015-2019, per i soggetti solari, ed essere stato utilizzato per la prima volta nel 2016, quale periodo d’imposta successivo al 2015, prima annualità rilevante per la maturazione del credito. La situazione a questo punto si complica, perché intervengono due aspetti:
– il nuovo articolo 38-bis del Dpr 600/1973, introdotto dal Dlgs 13/2024, ed applicabile con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024, in base al quale (comma 1, lettera c) l’atto di recupero deve essere notificato, a pena di decadenza, rispettivamente per i crediti non spettanti o inesistenti, entro il 31 dicembre del quinto anno e dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo, e ciò, peraltro, a conferma del previgente regime;
– l’articolo 5, comma 12, del Dl 146/2021, come modificato dal Dl 145/2023, secondo cui in deroga all’art. 3, co. 3, L. 212/2000, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero dei crediti d’imposta (sia inesistenti che non spettanti) utilizzati negli anni 2016 e 2017 è prorogato di un anno.
In concreto, considerando i crediti non spettanti utilizzati nel 2016 e 2017, l’atto di recupero doveva essere emesso entro il sesto anno successivo all’utilizzo, e quindi rispettivamente entro il 31 dicembre 2022 e 31 dicembre 2023; scadenza avvenuta entro il 31 dicembre 2023 anche per il credito utilizzato nel 2018, mentre per quello utilizzato nel 2019 la scadenza è il 31 dicembre 2024; gli utilizzi successivi al 2019 scadono a partire dal 2025.
Viceversa, per i crediti inesistenti utilizzati nel 2016 e 2017, l’atto di recupero deve essere emesso entro il nono anno successivo (otto ordinari ed uno di proroga), e quindi rispettivamente entro il 31 dicembre 2025 ed il 31 dicembre 2026; va da sé quindi che per i crediti inesistenti non vi sono annualità in scadenza nel 2024.
Fonte: Il Sole 24ORE