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Le norme Ue non vietano di rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione

La Corte di giustizia precisa come interpretare la direttiva 2008/52

La direttiva 2008/52, per quanto riguarda le controversie rientranti nel suo ambito di applicazione, consente agli Stati membri di rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione o di prevedere incentivi o sanzioni, purché le norme non impediscano alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Lo ha ribadito la Corte di giustizia Ue con l’ordinanza del 3 settembre 2024 (causa C-658/23), resa sul rinvio pregiudiziale del Tribunale di primo grado di Bucarest circa l’interpretazione della direttiva 2008/52.

La vicenda

Nel caso esaminato, che riguardava la riscossione di un credito, il tribunale rileva che, in base alle norme rumene, i ricorrenti avrebbero dovuto (a pena di irricevibilità del ricorso) partecipare a un incontro informativo sulla mediazione prima del deposito del ricorso o dopo l’avvio del procedimento, entro il termine fissato dal giudice. Tuttavia, con la sentenza 266/2014, la Corte costituzionale rumena ha dichiarato l’incostituzionalità di queste norme per contrasto con la Costituzione che sancisce il libero accesso alla giustizia. In particolare, la Corte costituzionale avrebbe richiamato il preambolo e gli articoli 3 e 5 della direttiva 2008/52 dichiarando che «si riferiscono solo alla possibilità, e non all’obbligo, per le parti di seguire la procedura di mediazione. Tali disposizioni non contengono quindi alcun elemento obbligatorio legato alla mediazione e ancor meno alla procedura di informazione preventiva sui vantaggi della mediazione».

Il tribunale si interroga sull’adeguatezza della soluzione raggiunta dalla Corte costituzionale. E, in applicazione del principio del primato del diritto dell’Unione, ritiene di poter disapplicare la sentenza.

La decisione

La Corte di giustizia Ue ribadisce, in primo luogo, che la direttiva 2008/52 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che renda obbligatorio il ricorso alla mediazione o che lo sottoponga a incentivi o sanzioni (confermando la sentenza Menini e Rampanelli, C-75/16). Quindi, una normativa nazionale come quella rumena in base alla quale, in alcuni tipi di procedimenti civili, gli attori devono partecipare a un incontro informativo sui vantaggi della mediazione, è in linea di principio compatibile con la direttiva, purché questa normativa non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso alla giustizia.

Tuttavia, secondo la Corte di giustizia, la Corte costituzionale rumena nel dichiarare l’incostituzionalità della normativa nazionale non si è basata su un’interpretazione errata della direttiva 2008/52. Infatti, si è limitata a considerare che la direttiva si riferisce solo alla possibilità, e non all’obbligo, per le parti di seguire una procedura di mediazione, senza ritenere che la direttiva vieti agli Stati membri di rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione. Né la direttiva disciplina la situazione in cui uno Stato non disponga di tali norme.

Nei fatti, la sentenza della Corte costituzionale rumena ristabilisce la situazione in cui lo Stato membro non dispone di una legislazione che renda il ricorso alla mediazione obbligatorio o soggetto a incentivi o sanzioni, cosicché la sentenza non può essere ritenuta contraria alla direttiva 2008/52. Dunque, la Corte di giustizia ritiene che non sia necessario esaminare le conseguenze da trarre dal principio del primato del diritto dell’Ue in presenza di una giurisprudenza costituzionale contraria, non essendo tale la situazione sottoposta al suo giudizio.

Fonte: Il Sole 24ORE

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