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Forfettari, i calcoli per la rettifica Iva nel passaggio di regime

Da restituire l’Iva detratta nel regime ordinario per chi transita in quello agevolato; sì alla rettifica anche se il contribuente esce dal forfettario, per recuperare l’Iva versata e non detratta

Nei passaggi dal regime ordinario a quello forfettario e viceversa occorre sempre verificare la necessità di effettuare la rettifica della detrazione Iva.

I contribuenti già in attività che transitano nel regime forfettario devono, per obbligo di legge, restituire l’Iva che hanno detratto nel regime ordinario seguendo regole differenziate relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati deve essere rettificata in un’unica soluzione, senza attendere il materiale impiego degli stessi, fatta eccezione per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazione se si tratta di fabbricati o loro porzioni.

La rettifica, tuttavia, può essere operata anche nel caso opposto, cioè di passaggio dal regime forfettario a quello ordinario: in questa ipotesi è possibile recuperare, con le medesime regole viste prima e nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie, l’Iva che è stata assolta e non detratta. Per effettuare la rettifica è necessario essere in possesso della fattura che, quindi, deve essere richiesta al momento di effettuazione dell’acquisto.

Particolare attenzione richiede il passaggio al regime ordinario in corso d’anno. Tale fattispecie era impossibile fino al 31 dicembre 2022 in quanto il comma 71 della legge 190/2014 prevedeva la fuoriuscita dal regime forfettario sempre a decorrere dall’anno successivo a quello di perdita dei requisiti o di insorgenza di una causa ostativa.

La legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022) ha modificato il comma 71 prevedendo la fuoriuscita dal regime già a decorrere dall’anno stesso in cui è superata la soglia di 100mila euro di ricavi o compensi percepiti. In questa ultima ipotesi, oltre a dover effettuare il versamento dell’Iva a partire dalle operazioni che comportano il superamento del limite, è necessario procedere alla rettifica dell’Iva a norma dell’articolo 19-bis 2 del Dpr 633/1972, distinguendo tra beni non ammortizzabili e servizi e i beni ammortizzabili.

Per i primi, la rettifica va eseguita in una sola soluzione ma solo se i beni non sono ancora stati ceduti o utilizzati; si pensi al caso di beni invenduti in magazzino per un ammontare di 2mila euro oltre Iva del 22%: in questo caso, occorre rettificare in aumento l’imposta a credito per 440 euro. Per i beni ammortizzabili la rettifica va eseguita solo qualora non siano ancora trascorsi quattro anni dall’entrata in funzione dei beni mobili e dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazione nel caso di fabbricati o loro porzioni e considerando il numero dei mesi intercorrenti tra la data di acquisto del bene e quella di fuoriuscita dal regime forfettario. Si pensi ad un bene ammortizzabile mobile acquistato nel 2023 per 12.200 euro (10.000 imponibile + 2.200) e la fuoriuscita dal regime il 1° ottobre 2024: nel modello Iva 2025 occorre rettificare in aumento l’Iva relativa ai quinti residui per gli anni 2025/2026/2017 (cioè 2.200/5 = 440 * 3 = 1.320) mentre il quinto relativo al 2024 va rapportato ai mesi in cui l’Iva risultava detraibile, vale a dire ottobre, novembre, dicembre (quindi 440:12 * 3= 110). Il totale dell’Iva da rettificare a credito è quindi 1.430 euro.

Fonte: Il Sole 24ORE

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