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Come aprire uno studio legale: la guida di Cassa Forense

Cassa Forense pubblica una guida per i giovani avvocati fornendo chiarimenti sui principali adempimenti per l’apertura di uno studio legale

Partita Iva, regime fiscale, studio individuale o associato. Sono diversi gli adempimenti e le scelte da compiere per un neoiscritto all’albo che decida di aprire il proprio studio legale. A tal fine, Cassa Forense ha pubblicato una guida per giovani avvocati, fornendo chiarimenti sui numerosi adempimenti fiscali ed organizzativi da espletare all’inizio della professione.

In particolare, la guida, a firma Valentina Bertolo, si sofferma su tre aspetti principali: l’apertura della partita Iva, il regime fiscale e la struttura da dare allo studio legale stesso.

La partita Iva

L’apertura della partita Iva rappresenta il primo passo da compiere per il professionista iscritto all’albo degli avvocati.

Occorre segnalare infatti all’Agenzia delle Entrate l’inizio della propria attività, utilizzando il modello AA9/12 (disponibile sul sito dell’Agenzia) entro 30 giorni dalla data di avvio e richiedendo il proprio numero di partita Iva.

La comunicazione, chiarisce la guida, “può essere effettuata o personalmente, recandosi presso uno degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, o telematicamente”, attraverso un intermediario abilitato.

Al momento della richiesta di apertura della partita IVA, inoltre bisognerà comunicare la sede dove il professionista intende esercitare la propria professione (indirizzo dello studio ovvero dell’abitazione).

Presso la sede comunicata, rammenta la Cassa, l’avvocato è tenuto a conservare tutti i documenti fiscalmente rilevanti.

Il regime fiscale

Riguardo al regime fiscale, l’avvocato potrà operare una doppia scelta, a seconda delle proprie esigenze, optando per il regime forfettario ovvero per quello ordinario.

Il primo, spiega la guida, è opzionabile fino a 85.000 euro di fatturato “e consente i seguenti vantaggi:

– no applicazione IVA né a ritenuta d’ acconto;

– beneficio per i clienti che pagheranno importo inferiore;

– no obbligo di compilazione registro dei corrispettivi né di presentare dichiarazioni fiscali o effettuare liquidazioni periodiche;

– esenzione da studi di settore, pagamento IRAP e versamento delle addizionali comunali e regionali;

– tassa fissa del 5% per i primi 5 anni di attività. A partire dal sesto anno, l’aliquota unica sostitutiva aumenta al 15%”.

Il regime Iva ordinario, invece, ha una tassazione progressiva caratterizzata da aliquote Irpef che aumentano con l’aumentare del reddito (in base a cinque scaglioni, dal 23% fino a 15mila euro, fino al 43% per redditi maggiori a 75mila euro).

Sussistono inoltre una serie di obblighi documentali e fiscali: il professionista dovrà “gestire e archiviare correttamente una serie di scritture contabili: il libro giornale, il libro degli inventari, i registri dell’IVA, dei beni soggetti ad ammortamento e tutti gli altri libri previsti dalla normativa nei casi specifici”.

Studio legale singolo o associato?

Relativamente, infine, alla struttura dello studio legale, il giovane avvocato potrà “svolgere la professione con lavoro individuale – oppure – costituendo un’associazione professionale (articolo 4 legge forense) ovvero in forma societaria (articolo 4 bis legge forense).

Lo studio associato contempla la presenza di più professionisti e “può essere monodisciplinare (solo avvocati) o multidisciplinare (professionisti iscritti a più albi)”.

Resta fermo che ogni professionista mantiene il proprio rapporto individuale con i clienti e risponde della propria responsabilità professionale.

Dal punto di vista economico, invece, “il compenso per ogni prestazione deve essere effettuato dallo Studio che, da un punto di vista fiscale, necessita dell’apertura di una Partita IVA ‘unica’ presso l’Agenzia delle Entrate”. In generale, costi e compensi vengono distribuiti tra i professionisti secondo gli accordi presi in fase di costituzione, la quale può avvenire con scrittura privata autenticata o con atto pubblico notarile.

L’esercizio della professione in forma societaria invece è consentito tramite STP – Società tra professionisti e STA – Società tra avvocati.

La STP, specifica la Cassa, “è disciplinata dalla legge 183/2011 e non può esercitare attività forense; l’avvocato può solo essere socio di capitale nei limiti di 1/3 del capitale sociale. Può essere amministratore, ma senza deleghe (incompatibilità – cfr. art. 18 Legge Forense)”.

La STA “è disciplinata oggi dall’ art. 4-bis della Legge Forense, ed è l’unica forma societaria consentita per l’esercizio della professione forense. Alla stessa possono partecipare anche professionisti iscritti ad altri albi professionali (ad es. commercialisti)”.

Rimane sempre fermo il principio della personalità della prestazione professionale.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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