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Risparmio d’imposta con la tassa piatta sulla differenza di reddito

Lavori in corso per rendere il concordato preventivo più attrattivo per imprese e professionisti. Le ipotesi di lavoro su cui si sta cercando un’intesa prevedono importanti e vantaggiose modifiche legate all’introduzione di un regime opzionale di imposizione sostitutiva sul reddito incrementale concordato con l’Erario.

In pratica per i periodi d’imposta interessati dal concordato (2024-2025) i contribuenti dovrebbero poter optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva determinata su una base di calcolo pari alla differenza, se positiva, tra il reddito di lavoro autonomo/impresa concordato e il corrispondente reddito del periodo precedente (anno d’imposta 2023) a quello cui si riferisce la proposta, applicando aliquote variabili a seconda del voto Isa guadagnato nel periodo d’imposta 2023.

La condizione inserita dalla commissione Finanze del Senato al parere sul Dlgs correttivo prevede una serie di aliquote agevolate alla differenza di reddito scaturente dall’adesione al concordato. Proviamo a vederle nel dettaglio:

per i contribuenti con punteggio Isa da 8 (compreso) a 10 l’aliquota proposta è pari al 10 per cento;

per i contribuenti con punteggio Isa da 6 a 8 l’aliquota proposta è pari al 12 per cento;

per i contribuenti con punteggio Isa inferiore a 6 l’aliquota proposta è pari al 15 per cento.

Questo intervento in altre parole postula una sorta di flat tax incrementale sul maggior reddito concordato col fisco per il 2024-25 rispetto alla base di partenza del 2023.

Come si vede dalla tabella in pagina i vantaggi possono anche essere notevoli. Nei primi due casi trattandosi di Srl il beneficio è sicuramente determinabile in modo certo e lineare e non lascia spazio a situazioni di carattere soggettivo. Si parte da un’aliquota uguale per tutte le società di capitali pari al 24% e sul maggior reddito concordato la flat tax applicabile dipende dal voto Isa del 2023.

Nel primo caso un voto Isa che supera l’8 in pagella postula una forfettizzazione più bassa, con aliquota al 10 per cento. Nel secondo caso un posizionamento fra il 6 e l’8 eleva l’aliquota al 12 per cento.

In queste ipotesi si tratta di vantaggi che finiscono almeno per dimezzare rispetto all’ipotesi iniziale di aliquota piena il carico fiscale sul maggior reddito dichiarato rispetto al 2023 per effetto del concordato.

Nella bozza di parere nulla viene detto in tema di Irap, per cui ad oggi non è ipotizzabile, un risparmio in relazione a tale tipologia d’imposta.

In tema di Irpef il vantaggio potrebbe essere addirittura ancora più sostanzioso. Si vedano il terzo e quarto esempio in pagina. Qui il discorso cambia radicalmente al crescere dell’aliquota marginale propria del contribuente. Nel terzo caso dove l’entità del reddito dichiarato sul 2023 pari a 93.417 euro prevederebbe evidentemente l’applicazione dell’aliquota pari al 43% il vantaggio di tassare in flat tax al 10% si fa particolarmente sentire creando un risparmio che è sicuramente non indifferente.

Nel quarto caso, stante la maggior differenza fra il reddito concordato per il biennio 2024-25 e quanto dichiarato nel 2023, il vantaggio è più consistente in termini assoluti, rispetto al terzo caso, anche se esso è meno importante percentualmente per il fatto che non tutto il nuovo reddito concordato incontra l’aliquota del 43%, poiché una fetta di reddito che va dai 42.118 euro (imponibile dichiarato nel 2023) ai 50mila euro incrocia l’aliquota del 35 per cento.

Negli ultimi due esempi proposti nella tabella, altri vantaggi fiscali si dovrebbero generare in tema di addizionali comunali e regionali all’Irpef, dove il beneficio sarebbe modulabile in funzione del luogo di residenza del contribuente. In questi casi l’aliquota secca assorbe anche le addizionali generando in termini assoluti (e percentuali) ulteriori elementi di risparmio fiscale.

Fonte: Il Sole 24ORE

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