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Concordato, fuori dai giochi chi è migrato alla flat tax nel 2024

Nuove cause di esclusione previste dal decreto correttivo alla riforma. Chi aderirà al patto punterà probabilmente anche ad anticipare quanto più possibile gli incassi nell’anno

Uno dei cardini su cui si basa la logica dell’accordo tra Fisco e titolari di partita Iva, per la definizione anticipata del reddito tassabile, è quello della preventività. Ma nel concordato annuale “sperimentale” riservato per il 2024 a chi applica il regime forfettario, questo presupposto appare piuttosto labile e ciò potrebbe rendere la scelta particolarmente agevole.

I contribuenti che applicano il regime di tassazione sostitutivo, previsto dall’articolo 1, commi 54-89, della legge 190/2014, si troveranno di fronte all’opportunità di aderire entro il prossimo 31 ottobre alla proposta di reddito 2024: a soli due mesi dalla chiusura dell’anno e senza doversi formalmente impegnare anche per il 2025. La proposta potrà quindi essere valutata con il dato consolidato relativo al fatturato dei primi dieci mesi del 2024 e non sarà certo difficile prevedere cosa succederà nei due che mancano alla fine dell’anno.

L’anticipo degli incassi

Probabilmente chi aderirà punterà anche ad anticipare quanto più possibile gli incassi nell’anno, nel tentativo di massimizzare i benefici che l’adesione al concordato annuale può riservare. È evidente, infatti, che il primo vantaggio del predefinire con l’agenzia delle Entrate un reddito tassabile sta nel fatto di defiscalizzare la differenza esistente tra il maggior reddito effettivo e quello, minore, accettato con la proposta di concordato. Il tutto con un occhio alla soglia di ricavi (85mila euro annui) che consente il mantenimento della flat tax.

Dunque, per i forfettari il concordato 2024 sembra rappresentare una ghiotta opportunità per effettuare una pianificazione fiscale del reddito tassabile a proprio vantaggio, fermo restando, comunque, che dal 2025 il concordato passerà anche per questi soggetti ad essere strutturato su base biennale e che gli aderenti all’accordo 2024 partiranno comunque da uno storico accettato.

Le cause di blocco

In questo contesto assumono particolare rilevanza le nuove cause di esclusione dal concordato, che saranno ufficializzate con il varo definitivo del decreto correttivo della riforma fiscale e che si aggiungeranno a quelle già previste dal Dlgs 13/2024.

Lo schema del nuovo decreto prevede infatti che siano esclusi dalla possibilità di aderire alla proposta concordataria le partite Iva individuali che aderiscono, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfettario. In pratica, se nel primo periodo d’imposta oggetto di concordato (quindi il 2024) c’è un cambio di regime fiscale di tassazione del reddito, da ordinario a forfettario, si entra in un contesto incompatibile con l’eventuale accettazione della proposta concordataria.

Di contro, l’accesso al patto fiscale è consentito a chi ha – sempre per effetto del passaggio dal regime di tassazione ordinario a quello forfettario – ha applicato per la prima volta il forfait nel periodo d’imposta che precede quello inerente alla proposta (quindi nel 2023).

Restano invece esclusi dal concordato i forfettari che hanno effettivamente iniziato l’attività nell’anno antecedente all’applicazione del concordato, secondo quanto stabilito dall’articolo 24 del Dlgs 13/2024. In altri termini, chi ha aperto la partita Iva nel 2023 applicando il forfait rimane fuori dai giochi.

L’esclusione dal “patto fiscale” viene stabilita solo quando, nel primo periodo d‘imposta oggetto di concordato, si verifica un cambio di regime di tassazione a “scendere”: da ordinario a forfettario. Così, chi nel 2024 lascia per obbligo o per scelta il regime di forfettario del 2023 per passare a quello ordinario, dovrebbe poter comunque accedere al concordato preventivo sulla base della proposta che emerge dalla sezione IV del quadro LM del modello Redditi 2024.

Infine, è opportuno ricordare che anche per i forfettari valgono le cause di blocco generali previste dal sistema: la presenza di debiti fiscali o previdenziali superiori a 5mila euro; l’omessa presentazione delle dichiarazioni in almeno uno dei tre anni precedenti il concordato; l’aver avuto condanne per uno dei reati penali previste dalla legge.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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