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Trust, tassazione in uscita con binari differenziati fra disponente e terzi

Il nuovo impianto normativo dell’imposta di successione è incentrato sul rapporto di coniugio, parentela e affinità, ma nei due diversi regimi cambia il momento in cui tale rapporto assume rilievo

Nella riforma dell’imposta di successione e donazione (approvata in via preliminare dal Governo il 9 aprile), una delle novità di maggior rilievo è rappresentata dalle disposizioni previste per regolamentare – in via normativa – la rilevanza dell’istituto del trust ai fini di tale imposta. Il regime impositivo previsto è coerente con quello al quale, in assenza di norme espresse, erano giunte in via interpretativa la giurisprudenza e la dottrina e con la natura di atto di donazione a formazione progressiva.

Il nuovo impianto normativo, sia con riferimento al regime di tassazione “all’uscita” sia con riferimento a quello di tassazione “all’entrata”, è quindi incentrato sul rapporto di coniugio, parentela e affinità esistente tra il disponente e i beneficiari, anche se nei due diversi regimi muta il momento in cui tale rapporto assume rilievo. Nel regime di tassazione all’entrata, di cui al terzo comma del nuovo articolo 4-bis del Tus (il Testo unico sull’imposta di successione), secondo lo schema di decreto messo a punto dal Governo, assume rilievo il rapporto esistente tra disponente e beneficiari nel momento in cui il patrimonio viene trasferito al trustee.

Nel regime di tassazione all’uscita, invece, di cui ai primi due commi di tale nuovo articolo 4-bis, assume rilievo il rapporto esistente tra disponente e beneficiari nel momento in cui il patrimonio viene attribuito in via definitiva dal trustee a questi ultimi. Nel regime di tassazione all’uscita il rapporto di coniugio che ha rilievo è quindi quello così qualificabile alla data di insorgenza del presupposto impositivo, e cioè alla data di attribuzione del patrimonio ai beneficiari, a nulla rilevando quello in essere alla data di trasferimento dei beni dal disponente al trustee. In particolare si ritiene che, ai fini della determinazione delle aliquote e delle franchigie applicabili, rilevi il permanere o meno del rapporto di coniugio alla data dell’attribuzione del patrimonio ai beneficiari ovvero, se antecedente, alla data della morte del disponente. Così, il beneficiario che sarà coniuge del disponente alla data di attribuzione patrimoniale – o che lo era alla data della morte del disponente – beneficerà del regime impositivo di favore riservato al coniuge, mentre il beneficiario che aveva cessato di essere coniuge (alla data dell’attribuzione se il disponente è ancora in vita, ovvero alla antecedente data della morte del disponente) non potrà godere del regime di favore che spetta al coniuge.

Si deve inoltre considerare che qualunque soggetto che aderisca alle finalità del trust può, con il consenso del trustee, incrementare il fondo in trust apportando beni o diritti. Un trust, pertanto, può essere lo strumento per mezzo del quale un soggetto diverso dal disponente (il terzo apportatore) realizza una liberalità a favore dei beneficiari. Si pensi, ad esempio, a un trust istituito da genitori con beneficiari i loro figli, al quale una zia apporta del patrimonio che così andrà a beneficio dei nipoti.

In riferimento a questo caso riteniamo che il termine “disponente” nel nuovo articolo 4-bis del Tus sia stato utilizzato non ricorrendo al suo significato giuridico di colui che istituisce il trust, bensì nel suo più ampio significato economico di colui che dispone di propri beni o diritti trasferendoli al trustee per incrementare il fondo in trust. Ne consegue, pertanto, che nell’ipotesi in cui una parte del fondo in trust sia stata apportata da un soggetto (terzo apportatore) diverso da chi ha istituito il trust, le aliquote e le franchigie applicabili siano quelle che dipendono dal rapporto di coniugio, di parentela o di affinità esistente tra tale terzo apportatore e i beneficiari.

Mentre non si pongono problematiche particolari nel caso di opzione per la tassazione all’entrata, che secondo la bozza di norma si ritiene debba essere esercitata dal terzo apportatore quale “disponente” di quell’apporto, più complessa è la gestione da parte del trustee nel regime di tassazione all’uscita, in quanto deve tenere evidenza contabile della diversa provenienza del fondo in trust. Nel momento in cui il patrimonio viene definitivamente attribuito ai beneficiari, ai fini della determinazione delle aliquote e delle franchigie applicabili, è infatti necessario distinguere tra il patrimonio che in origine era stato trasferito al trustee dal disponente, con riferimento al quale rileva il rapporto di parentela tra chi ha istituito il trust e i beneficiari, e il patrimonio che in origine era stato trasferito al trustee da un terzo apportatore, con riferimento al quale, invece, rileva il rapporto di parentela tra tale terzo apportatore e i beneficiari.

Fonte: Il Sole 24ORE

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