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Piani di ristrutturazione omologati, pene meno severe per i falsi attestati

L’articolo del Codice della crisi che stabilisce le sanzioni non contiene il rinvio ai Pro. Si applicano quindi le sanzioni più miti che riguardano l’inattentibilità dei certificati

Eventuali falsità contenute nella attestazione di un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro) non sono punibili per falso in attestazione come avviene per l’asseverazione del concordato o degli accordi di ristrutturazione, ma con il più mite reato di falsità in certificati.

Questo perché l’articolo 342 del Codice della crisi, che indica le sanzioni in materia di attestazioni, è costruito con la tecnica del rinvio e non contiene alcun richiamo all’attestazione del Pro. Un’assenza che la bozza di decreto correttivo al Codice della crisi, che dovrebbe andare in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni, non sembra sanare, nonostante modifichi la disciplina del Pro (si veda l’articolo a fianco).

Le norme

L’articolo 342 del Codice della crisi punisce il professionista che espone informazioni false oppure omette di riferire informazioni rilevanti «nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli…». Poiché è costruito con la tecnica del rinvio, elenca le norme dello stesso Codice della crisi che prevedono tali documenti.

La formulazione del precetto penale mediante rinvio a disposizioni extrapenali implica che non possano essere puniti fatti diversi da quelli espressamente indicati nelle disposizioni richiamate. Nel diritto penale, infatti, il principio di legalità (articolo 25 della Costituzione) ha come precipitato il principio di «tassatività» o di «precisione» della fattispecie, che vieta ogni forma di analogia sfavorevole (si veda, ad esempio, sulla libertà degli incanti, Cassazione 26225/2023, che dichiara inammissibile l’interpretazione analogica in malam partem , proprio in virtù del principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale).

L’articolo 342 non richiama però varie disposizioni che prevedono una relazione dell’attestatore. In alcuni casi si può ipotizzare che si tratti di un elemento accidentale che confluisce nella relazione principale:

l’articolo 63, comma 2 (transazione fiscale in accordi di ristrutturazione), prevede che «l’attestazione deve inerire anche» alla convenienza;

l’articolo 95, comma 2, nel piano liquidatorio consente di proseguire gli appalti pubblici, se “il” professionista attesta (nella sua relazione) che la continuazione è necessaria. Anche l’attestazione speciale (articolo 95, comma 4) per autorizzare l’impresa in concordato a partecipare a gare pubbliche non è richiamata dall’articolo 342: per ritenere applicabile tale reato bisognerebbe sostenere che rientri tra i casi ivi contemplati non per analogia (vietata), ma per interpretazione estensiva (ammessa: si veda Cassazione 27539/2019).

Ma il caso più eclatante è quello dell’attestazione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (Pro), previsto dall’articolo 64-bis, comma 3, del Codice della crisi. Un istituto nuovo, introdotto dal Dl 83/2022: impossibile che la norma incriminatrice lo abbia contemplato anche solo in via estensiva o implicita perché, quando fu scritto l’articolo 342, il Pro non esisteva. È inevitabile, dunque, concludere che il caso non possa essere incluso nelle fattispecie di falso in attestazione, pena la violazione del principio di legalità.

La sanzione

L’eventuale falsità dolosa non sfugge, però, a sanzione. È ragionevole, infatti, che – come già in passato concluse la giurisprudenza (Cassazione, sentenza 16759/2018) quando mancava un reato specifico – si applichi l’articolo 481 del Codice penale, che punisce (con la più mite reclusione sino a un anno, in luogo della pena da due a cinque anni prevista dall’articolo 342 del Codice della crisi) chi, nell’esercizio di un «servizio di pubblica necessità», attesti falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. L’attestatore del Pro svolge certamente un servizio di pubblica necessità, nel senso chiarito dalla giurisprudenza (Cassazione, sentenza 8303/2006): occorre infatti «una speciale abilitazione dello Stato», a fortiori oggi che l’articolo 2, lettera o) del Codice della crisi richiede, oltre alla qualifica di revisore, l’iscrizione all’albo dei gestori; e tale attività è indispensabile per l’omologazione.

Sarà dunque applicabile l’articolo 481 del Codice penale ove sia dimostrata la dolosa falsità della relazione di attestazione del Pro, nei limiti – beninteso – del falso “metodologico” sugli enunciati valutativi (ben chiarito da Cassazione 13016/2024 che richiama le Sezioni unite 22474/2016), ove il giudizio si fondi su una base informativa incompleta o inadeguata e/o su metodi e criteri valutativi palesemente scorretti.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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