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Bonus ai dipendenti a importo variabile e tassato al 23%

L’incentivo liquidato nelle buste paga di gennaio 2025 sarà fino a un massimo di 100 euro lordi e rapportato ai giorni di lavoro

La delega fiscale fa tredici. Il 30 aprile Consiglio dei ministri ha dato il primo via libera al nuovo decreto legislativo con cui vengono riviste alcune regole nella determinazione della base imponibile Irpef e Ires. Ma non solo. Il decreto licenziato, e che sarà inviato alle Camere per il parere delle due commissioni Finanze, sarà ricordato soprattutto per il nuovo bonus ai dipendenti. Si tratta di un incentivo fino a 100 euro destinato ai lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28mila euro con coniuge non separato e almeno un figlio (entrambi a carico), oppure almeno un figlio a carico nelle diverse ipotesi di nuclei monogenitoriali.

L’altro paletto previsto, come spiega anche la nota di Palazzo Chigi, è un’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente (con esclusione di pensioni e di assegni a esse equiparati), percepiti dal lavoratore, d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti. Tradotto in altri termini, il lavoratore non deve essere incapiente. Un vincolo che ha subito suscitato una levata di scudi dell’opposizione. Con Maria Cecilia Guerra del Pd che su X ha sottolineato l’esclusione dal beneficio dei contribuenti a basso reddito fino a 8.500 euro.

Vista dalla prospettiva del Governo, invece, la platea interessata dal bonus sarà di «circa un milione, un milione e centomila famiglie» come ha spiegato il viceministro all’Economia Maurizio Leo. Il contributo, dopo le prime ipotesi (80 euro per i dipendenti fino a 15mila euro o i 100 euro solo per le famiglie monoreddito con figli e coniuge a carico) ha avuto comunque bisogno di un supplemento di istruttoria soprattutto sulle coperture. I dubbi erano sorti sulla possibilità di reperire i 100 milioni necessari a finanziare il bonus con i futuri incassi del concordato preventivo. Entrate però legate alle scelte delle partite Iva di voler sottoscrivere o meno un patto con il Fisco e per questo ritenute aleatorie. Inoltre questi incassi si sarebbero concretizzati con i versamenti dell’acconto in scadenza il 30 novembre, ma sarebbero stati contabilizzati (e dunque sarebbero divenuti certi) non in tempo utile per garantire un incremento delle tredicesime o delle buste paga dei lavoratori dipendenti prima di Natale.

Il meccanismo ipotizzato dallo schema di decreto, ha sottolineato ancora Leo «è una misura temporanea perché il nostro obiettivo è la detassazione delle tredicesime, che abbiamo inserito nella legge delega. Ma stiamo assolutamente attenti ai conti pubblici, perché ce lo chiede l’Europa, vogliamo procedere dando un’impressione ai mercati che ci muoviamo con la massima attenzione».

L’indennità dei 100 euro è comunque a importo variabile perché sottoposta a due variabili non di poco conto. In primo luogo è tassato con aliquota del 23%, almeno dai 15mila euro fino a 28 mila (fino a 15mila euro c’è la no tax area). In sostanza entrando nel reddito complessivo subirà il prelievo Irpef del 2024. In secondo luogo, per non creare iniquità, l’indennità andrà sempre rapportata al periodo di lavoro. In sostanza un dipendente assunto dal 1° giugno 2024 potrà arrivare a ottenere un massimo di 50 euro.

Il bonus, va precisato, non sarà automatico ma sarà riconosciuto al dipendente nella busta paga di gennaio sempreché il lavoratore ne faccia espressa richiesta attestando per iscritto di averne diritto e indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli, o del solo figlio nel caso di un nucleo monogenitoriale. In fase di conguaglio sarà poi verificato dal datore di lavoro il diritto al bonus e in caso dovesse emergere che l’indennità non spetti al dipendente sarà sempre il sostituto d’imposta a recuperare l’importo. Dal canto loro i datori di lavoro potranno recuperare in compensazione il credito d’imposta maturato con l’erogazione del bonus.

Tra la altre novità del decreto il rinvio a fine anno dell’ampliamento dei premi di produttività, che comunque resteranno tassati con imposta sostitutiva al 5%, così come la stretta sulla rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Trovano invece posto alcune norme cha vanno a precisare la tassazione in caso di iscritti all’anagrafe dei fondi sanitari integrativi, così come quella dei beni concessi dal datore di lavoro al dipendente:  questo valore viene identificato nel prezzo mediamente praticato nello stesso stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi in favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro.

Fonte: Il Sole 24ORE

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