Cerca
Close this search box.

Corte Ue: la vendita di beni in pegno è «sganciata» dal credito e non ha l’esenzione Iva

Mentre la concessione di prestiti garantiti da beni mobili è esente Iva, la commissione di vendita è soggetta ad Iva perché si tratta di prestazioni indipendenti e non accessorie al contratto di prestito su pegno

Per la Corte di giustizia dell’Unione europea le prestazioni relative all’organizzazione di vendite all’asta di beni dati in pegno non hanno carattere accessorio rispetto alle prestazioni principali di crediti su pegni. Ciò in quanto vi è un differente trattamento fiscale ai fini Iva tra le due operazioni che, tra di loro, sono indipendenti. Questo è il principio reso nella causa C-89/23 del 18 aprile 2024.

Il caso

Una società portoghese esercita un’attività di mutuante su pegno, consistente nella concessione di prestiti garantiti da beni mobili. Tale attività, ai sensi della normativa Iva unionale e nazionale, è assoggettata ad Iva.

Per i beni mobili concessi in pegno e non ritirati o ritirati in ritardo di oltre tre mesi dalla scadenza dai mutuatari, la società organizza delle vendite all’asta di tali beni, percependo una commissione di vendita ai sensi della norma portoghese di riferimento. L’amministrazione finanziaria ha contestato al contribuente portoghese il mancato assoggettamento ad Iva di tali commissioni di vendita, trattandosi di prestazioni indipendenti e non accessorie al contratto di prestito su pegno.

Pertanto, l’attività di prestito su pegno, la cui concessione è esente da Iva, sarebbe distinta dalla successiva fase di vendita all’asta.

Ai fini della sussistenza dell’accessorietà e, dunque, per usufruire delle migliori condizioni impositive della prestazione principale, è necessario valutare il risultato dell’operazione nel suo complesso: l’operazione principale è quella senza la quale l’operazione non avrebbe una funzione effettiva.

Esaurito tale riscontro in senso positivo, la prestazione principale determina il trattamento dell’intera operazione imponibile, che diventa “cessione di beni” o “prestazioni di servizi”, con tutto ciò che consegue ai fini impositivi (territorialità, momento impositivo, detraibilità, esenzioni, eccetera), secondo la qualificazione dell’operazione che si ritiene principale. Vi è per così dire una sorta di omogeneizzazione del trattamento ai fini Iva, in base alle norme che regolano la prestazione principale.

Facendo applicazione di tali principi, la Corte di giustizia ha ritenuto che la vendita all’asta dei beni mobili dati in pegno sia sganciata dalla concessione del pegno sulla base di tre considerazioni.

La prima, secondo cui le prestazioni in parola sono tra di loro indipendenti tanto dal punto di vista materiale quanto formale; del resto, la concessione del credito potrebbe essere fornita anche senza la vendita all’asta dei beni dati in pegno, ovvero quest’ultima potrebbe essere organizzata da soggetti terzi.

La seconda, per cui la vendita dei beni in pegno non è la conclusione abituale della concessione di un prestito su pegno, in quanto, fino al momento dell’aggiudicazione all’asta, il mutuatario può adempiere al proprio debito e riavere il possesso del bene concesso a garanzia.

La terza, e più rilevante, evidenzia che le finalità delle due operazioni sono tra di loro autonome: la concessione del prestito su pegno è volta a concretizzare un mutuo con un bene mobile in garanzia; la vendita all’asta del bene in pegno, invece, è volta a recuperare il capitale e i relativi interessi per il mutuante.

Dunque, secondo la Cgue, la vendita di beni dati in pegno non può usufruire dell’esenzione Iva, stante la natura autonoma e non accessoria rispetto alla prestazione di concessione di un mutuo su pegno.

Fonte: Il Sole 24ORE

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator