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Società di comodo, sì in contenzioso al diritto di rimborso Iva

La Cgt Lazio recepisce la pronuncia della Corte di giustizia Ue e ritiene legittima l’istanza di una società che non aveva effettuato operazioni imponibili

Applicazione immediata da parte dei giudici di merito della sentenza della Corte di giustizia che ha dichiarato illegittimo il divieto per le società di comodo all’esercizio della detrazione Iva.

La pronuncia emessa nella causa C-341/22 (si veda l’articolo «Società di comodo, salta il divieto all’esercizio della detrazione Iva») aveva infatti stabilito l’incompatibilità della disciplina prevista dall’articolo 30 della legge 724/1994 per le società di comodo rispetto alle regole che governano il sistema dell’Iva in quanto violano il diritto unionale sia per quanto riguarda la soggettività passiva che per quanto riguarda il diritto a detrazione dell’imposta.

Dalla portata generale delle pronunce della Cgue e dal valore cogente che esse hanno anche ex tunc, quali garanti dell’interpretazione autentica del diritto unionale, discende un preciso obbligo, per il giudice nazionale, di interpretazione conforme delle leggi nazionali e di disapplicazione delle norme in disaccordo con le statuizioni della Corte.

Proprio in applicazione di questi principi si è espressa, con una pronuncia particolarmente rilevante, la Corte di giustizia tributaria di secondo gradi del Lazio con la sentenza 2403/17/2024 con la quale, applicando immediatamente le conclusioni della Corte di giustizia, ha riconosciuto il diritto al rimborso di una società che era in perdita sistematica disapplicando l’articolo 30 della legge 724/1994. Ricordiamo infatti che l’articolo 30, per contrastare le frodi, prevede una presunzione secondo cui la società non può definirsi operativa, quando l’importo delle operazioni effettuate dalla stessa nel corso di un periodo d’imposta non raggiunge una determinata soglia (calcolata secondo i criteri indicati nella norma).

In particolare, i giudici di secondo grado, riformando la sentenza di primo grado, ritengono legittima la richiesta di rimborso Iva da parte di una società che non aveva posto in essere alcuna operazione imponibile ai fini Iva e che il credito richiesto a rimborso derivava da precedente attività di «costruzione di edifici» esercitata in periodi in cui risultava in perdita sistematica. La Corte, dando atto della sentenza resa nella causa C-341/22 della Corte di giustizia dell’Unione europea, disapplica l’articolo 30 della legge 724/1994 e conferma il diritto al rimborso in capo alla società.

È opportuno, come già sostenuto su queste stesse pagine, ricordare che gli effetti della sentenza C-341/22 si promanano su tutti i rapporti, non esauriti, in cui a un contribuente è stato negato il diritto alla detrazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 30 della legge 724/1994. Dal punto di vista pratico i contribuenti dovranno andare ad analizzare la loro singola posizione per vedere come poter utilizzare questa sentenza a loro favore considerando che è differente la posizione di un soggetto che ha ricevuto un Pvc da quello che si trova in contenzioso.

Con riguardo al contenzioso pendente il giudice potrà, come fatto dal Collegio del Lazio, autonomamente applicare le norme della direttiva coinvolte secondo il significato e la portata attribuitale dalla Cgue, disapplicando l’articolo 30 legge 724/1994 ed accogliendo il ricorso presentato dal contribuente.

Allo stesso tempo i contribuenti potranno depositare in giudizio una memoria ad hoc con la quale evidenziare gli effetti della sentenza della Corte di giustizia e chiedere di disapplicare l’articolo 30 della legge 724/1994 con conseguente accoglimento del ricorso proposto in quanto, essendo venuto meno il presupposto impositivo, l’atto è nullo ed illegittimo e deve essere riconosciuto il diritto al rimborso Iva.

Fonte: Il Sole 24ORE

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