Per la tassazione delle plusvalenze per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non può essere presunto soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato o accertato, ai fini dell’imposta di registro ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale. Ad affermarlo è l’ordinanza 8386/2024 della Cassazione, che ha accolto il ricorso di un contribuente nei confronti delle Entrate.
L’induttivo sulla plusvalenza da vendita immobiliare
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di un contribuente, di un avviso di accertamento relativo a Irpef dell’anno 2003; la Ctr aveva accolto l’appello proposto dall’agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado favorevole al contribuente.
In particolare, il giudice di appello riteneva legittimo l’accertamento induttivo di maggior plusvalenza di un atto di vendita immobiliare, effettuato utilizzando il valore definito dal compratore ai fini dell’imposta di registro e rilevava, altresì, che il contribuente, sul quale gravava il relativo onere, non aveva fornito idonea prova contraria.
La modifica dal 2015
I giudici di legittimità ricordano che la pregressa giurisprudenza della Cassazione ha affermato che nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, l’amministrazione finanziaria era legittimata a procedere, in via presuntiva, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro; rimaneva a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato, accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore.
Successivamente è intervenuto l’articolo 5, comma 3, Dlgs 14 settembre 2015, n. 147 , il quale, ha previsto che gli articoli 58, 68, 85 e 86 del Dpr 917/86, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Gli indici ulteriori
Sulla base delle novità introdotte dal legislatore nel 2015 la Cassazione ritiene fondato il ricorso del contribuente e decidendo nel merito lo accoglie. I giudici di legittimità sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel confermare che la norma di interpretazione autentica contenuta nel Dlgs 147/2015 ha efficacia retroattiva e, quindi, si applica anche al caso in esame, rileva che è da escludere che l’amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale.
È compito dell’agenzia delle Entrate individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.