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Monitoraggio fiscale, nuovi criteri di residenza e aumento di Ivie e Ivafe

Cambia la tassazione delle persone fisiche residenti in Italia: oltre all’aumento di Ivie e Ivafe, e dell’imposta dovuta sulle cripto-attività, occorre tener conto dei nuovi criteri di collegamento della residenza fiscale. La verifica andrà fatta secondo le nuove regole anche al fine di individuare i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di monitoraggio fiscale, tra i quali la compilazione del quadro RW del modello Redditi, quadro che ora è presente anche nel modello 730.

Le novità della legge di Bilancio 2024

Con la pubblicazione – nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2023 – della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di Bilancio 2024) sono state introdotte importanti novità con particolare riferimento alle aliquote impositive previste per i soggetti, persone fisiche residenti in Italia, che detengono oltrefrontiera attività finanziarie e immobili, investimenti che sono anche oggetto di monitoraggio fiscale (tra i quali spiccala compilazione del quadro RW del modello Redditi).

Il Decreto internazionalizzazione, in particolare con l’articolo 1, Dlgs 27 dicembre 2023, n. 209 («Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale») pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre 2023, è intervenuto apportando significative modifiche ai criteri di collegamento per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche disciplinati dall’articolo 2, comma 2, Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir); in particolare, come meglio diremo in seguito, dal 1° gennaio 2024 è entrato in vigore il nuovo criterio di collegamento della presenza fisica nei confini nazionali per la maggior parte del periodo d’imposta.

Diviene particolarmente interessante valutare l’incidenza concreta di tali importanti novità normative in relazione al regime fiscale delle persone fisiche residenti in Italia che detengono attività finanziarie o immobiliari all’estero; si pensi proprio al nuovo criterio della presenza fisica in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta, che sarà sufficiente a radicare la residenza fiscale nel territorio dello Stato, a prescindere dal rilievo di relazioni personali o di natura economica, ovvero alla potestà di negare la residenza fiscale ove essa sia supportata unicamente dall’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente.

Dopo aver esaminato le novità della legge di Bilancio 2024 in tema di investimenti all’estero ci soffermeremo sulla relazione tra questi e il nuovo concetto di residenza fiscale.

Monitoraggio fiscale

Come noto, le persone fisiche residenti titolari effettive di investimenti e attività finanziarie detenuti all’estero e immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, sono soggette all’obbligo di monitoraggio fiscale, disciplina introdotta nel nostro ordinamento dal Dl 167/1990, convertito dalla legge 227/1990, ossia all’obbligo, tra l’altro, di compilare nella dichiarazione dei redditi – ad esempio, modello Redditi PF – il quadro RW.

Per precisione va osservato che l’obbligo ricade anche sulle società semplici ed enti equiparati (modello Redditi Sp) e gli enti non commerciali (modello Redditi Enc) che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione.

Soggetto obbligato: la sua individuazione passa dal concetto di titolare effettivo ai fini antiriciclaggio

Riguardo al problema di come individuare il titolare effettivo ed i suoi obblighi dichiarativi, posto che la nozione di titolare effettivo, ai fini del monitoraggio fiscale, viene fatta discendere direttamente da quella prevista dalla disciplina antiriciclaggio (articolo 4, comma 1, Dl 167/1990, come modificato dal Dlgs 90/2017: «titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp., e dall’articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni»), al fine di individuare i casi nei quali la norma prevede, per i titolari effettivi di attività estere, gli obblighi di indicazione nel quadro RW, si deve tenere in considerazione di quanto comunicato dagli intermediari finanziari esteri verso l’Amministrazione italiana, ossia delle procedure di scambio automatico delle informazioni finanziarie (CRS), attività questa prevista a livello pressoché globale.

In caso di mancata compilazione del quadro, si applicano le relative sanzioni.

Infatti, il mancato adempimento comporta l’applicazione di sanzioni amministrative. In particolare, si è soggetti all’applicazione di due diverse tipologie di sanzioni:

1) quella legata all’omesso monitoraggio fiscale, che va dal: 3% al 15% degli importi non dichiarati, ordinariamente; 6% al 30%, se la violazione ha ad oggetto investimenti all’estero detenuti in Paesi collaborativi;

2) quella amministrativa da ritardato versamento, in caso di versamento effettuato in ritardo dell’Ivie, con sanzione amministrativa pecuniaria del 30% del valore dell’imposta.

Nel caso in cui il contribuente sani in autonomia la violazione connessa alla mancata indicazione di immobili esteri nel quadro RW è possibile avvalersi della disciplina di favore del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13, Dlgs 472/1997. Utilizzare lo strumento del ravvedimento operoso, ove possibile, permette di ridurre notevolmente l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie, rispetto a quelle eventualmente applicate dall’ufficio accertatore in caso di controlli. Per questo motivo è importante individuare per tempo eventuali errori commessi e predisporre le dichiarazioni dei redditi integrative usate per sanare la situazione, sfruttando la possibilità di versare, oltre agli interessi, le sanzioni ridotte.

Il monitoraggio fiscale, sostanzialmente, è un obbligo – riferito ai contribuenti residenti – che comporta il fatto di dover:

  • dichiarare annualmente il possesso di investimenti e/o immobili;
  • e versare le imposte patrimoniali denominate Ivafe (imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero) e Ivie (imposta sul valore degli immobili esteri). Si tratta di tributi la cui ratio è quella di sottoporre a tassazione il possesso, da parte soggetto obbligato (per semplicità parleremo di persone fisiche), fiscalmente residente in Italia, di attività e/o di un immobile sito in un Paese estero.

 

In breve, si ricorda che le suddette imposte patrimoniali colpiscono i titolari di diritti reali su attività e beni immobili detenuti al di fuori dei confini nazionali.

Presupposto per l’applicazione delle imposte è che il soggetto titolare del diritto reale sia residente fiscalmente in Italia.

L’Ivie e l’Ivafe sono entrate in vigore nel 2012, con il Dl 201/2011 e prevedono che i contribuenti, fiscalmente residenti in Italia, che possiedono attività finanziarie o beni immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno l’obbligo di versare ogni anno la relativa imposta patrimoniale.

Ivie

In particolare, per l’Ivie (articolo 19, comma 13, Dl 201/2011), da un punto di vista soggettivo, sono tenuti al pagamento dell’imposta i seguenti soggetti:

  • le persone fisiche residenti in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Tuir, indipendentemente dalla nazionalità;
  • le società semplici e gli enti equiparati (incluse le associazioni professionali);
  • i trust e le fondazioni;
  • gli altri enti non commerciali,

 

che risultano essere proprietari di diritti reali (usufrutto, il diritto di abitazione e l’enfiteusi), concessionari di aree demaniali o locatari di immobili in locazione finanziaria (Cm 2 luglio 2012, n. 28/E, paragrafo 1.1).

Esattamente come previsto dalla disciplina dell’Imu (tributo che colpisce il possesso di immobili situati in Italia), l’Ivie è un’imposta patrimoniale dovuta in misura proporzionale sulla base di due variabili, ossia:

  • della quota di possesso dell’immobile,
  • e dei mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Nel calcolo viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni.
Imu e Ivie sostitutive delle imposte dirette

Al pari di quanto avviene con l’Imu, per gli immobili esteri adibiti ad abitazione principale e per gli immobili non locati assoggettati all’Ivie non si applica quanto previsto dall’articolo 70, comma 2 del Tuir.

Pertanto, nel caso in cui lo Stato estero preveda, nella sua legislazione interna, la tassazione dell’immobile in base a criteri di tipo catastale o similari, tale ammontare non concorrerà alla formazione del reddito in Italia in base alla valutazione effettuata dallo Stato estero se l’immobile è soggetto all’Ivie.

Si faccia il caso di un ente non commerciale residente in Italia che possiede un immobile estero non locato: risulterà dovuta la sola Ivie, e non anche l’Ires.

Come noto, ma ci preme ricordarlo anche in questa sede, la normativa prevede la possibilità di detrarre dall’Ivie, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui è situato l’immobile e ad esso relativa. Il credito si determina e si utilizza direttamente nel quadro RW del modello Redditi. Quindi, ad esempio, dall’Ivie dovuta per l’anno «n» possono essere scomputate le sole imposte patrimoniali estere ad essa equiparabili versante dal contribuente nello stesso anno «n».

Nel caso in cui l’imposta patrimoniale fosse corrisposta anche con riferimento ad altri beni (non immobili) è necessario predisporre un calcolo in misura proporzionale per individuare la parte dell’imposta riferibile agli immobili. In ogni caso, il credito di imposta non può mai superare l’imposta dovuta in Italia.

Così le imposte pagate all’estero

Deve essere evidenziato che nel caso in cui sussista un’eccedenza di imposta reddituale gravante su immobili esteri, non utilizzata ai sensi dell’articolo 165 del Tuir, dall’imposta dovuta in Italia per quegli immobili si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, anche un ulteriore credito d’imposta derivante da tale eccedenza.

È possibile trovare nella Cm 28/E/2012 dell’agenzia delle Entrate e all’interno delle istruzioni del modello Redditi un quadro dettagliato di tutte le imposte estere fruibili. Queste imposte, se versate nell’anno, contribuiranno ad ottenere il credito di imposta.

Per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo è possibile operare in modo diverso. In particolare, per i Paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dalla somma dovuta per l’imposta si detraggono, prioritariamente, le imposte patrimoniali effettivamente pagate, per ciascun anno di riferimento.

Il credito di imposta utilizzabile in abbattimento dell’Ivie non può, in ogni caso, superare l’imposta dovuta in Italia.

Tale imposta è dovuta soltanto se l’importo spettante derivante dal calcolo supera la franchigia 200 euro. In sostanza sussiste una soglia di esenzione dal versamento dell’Ivie per gli immobili il cui valore complessivo non superi 18.868 euro circa (fino al 2023, in vigenza della vecchia aliquota, la soglia di valore era pari a 26.381 euro circa).

Ivafe

L’Ivafe si applica sui prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero.

I prodotti finanziari sono, oltre agli strumenti finanziari (ossia, l’insieme dei valori mobiliari, gli strumenti del mercato monetario, le quote di OICR e le varie tipologie di contratti a termine e derivati connessi ad attività finanziarie, merci, indici finanziari e non finanziari, ecc.), anche ogni altra forma di investimento di natura finanziaria. Sono quindi esclusi dall’Ivafe:

  • le quote di partecipazione in società estere non rappresentate da titoli;
  • i finanziamenti dei soci;
  • le banconote o le monete in valuta estera;
  • i metalli preziosi.

 

In sostanza, i titoli equiparabili alle azioni in società estere scontano l’imposta, la quale è invece esclusa in caso di mero possesso di una quota partecipativa in un soggetto estero.

Le cripto-attività

A partire dal 1° gennaio 2023 anche le cripto-attività sono soggette all’imposta di bollo e ad un’imposta sul valore analoga all’Ivafe, almeno con riguardo all’aliquota (misura proporzionale dello 0,2%).

La disciplina si differenzia per il fatto che l’imposta sulle cripto-attività è dovuta:

1) anche queste siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone;

2) dalla generalità dei soggetti residenti, ove le cripto-attività non siano assoggettate all’imposta di bollo, e quindi anche da soggetti che detengano le attività in qualità di imprenditori.

L’importo massimo dovuto dai soggetti diversi dalle persone fisiche è però fissato in 14.000 euro (articolo 19, comma 20, Dl 201/2011).

Aliquote e base imponibile

La legge di Bilancio 2024 (legge 213/2023) ha innalzato:

– dallo 0,2% allo 0,4%, l’aliquota dell’imposta dovuta sulle attività finanziarie (Ivafe), ma solo per quelle detenute in Stati o territori a fiscalità privilegiata individuati dal Dm Mef 4 maggio 1999 e successive modifiche (cfr. articolo 19, Dl 201/2011 e il nuovo comma 20-bis introdotto nella disposizione appena menzionata).

Come precisa la Cm 16 febbraio 2024, n. 3/E «A decorrere dal 2024 l’aliquota da applicare sul valore dei prodotti finanziari per calcolare l’Ivafe dovuta è, pertanto, stabilita nella misura del 4 per mille annuo, solo se tali prodotti sono detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato; in caso contrario, continua ad applicarsi la misura ordinaria del 2 per mille annuo».

Il raddoppio della tassazione si accompagna alla mancata previsione nella generalità delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con l’Italia della possibilità di beneficiare del credito d’imposta per le imposte eventualmente pagate all’estero, dato che per le imposte patrimoniali viene normalmente prevista la tassazione esclusiva nel Paese di residenza (l’Italia). Resta quindi necessario procedere con una istanza di rimborso verso il Paese estero qualora questo avesse applicate l’imposta patrimoniale in contrasto con la convenzione (Cm 28/E/2012, paragrafo 2.4.2).

Inoltre, l’incremento del carico fiscale interessa i soli «prodotti finanziari». Pertanto, l’incremento non riguarderà il possesso o la detenzione di cripto-attività (che non sono veri e propri prodotti finanziari e per le quali non si può individuare un luogo fisico di detenzione), come pure i saldi dei conti correnti;

– dallo 0,76% all’1,06%, l’aliquota dell’imposta dovuta sugli immobili detenuti all’estero (Ivie), lasciando invariata, rispetto alle previsioni legislative attualmente in vigore, la determinazione della relativa base imponibile rappresentata dal valore castale dell’immobile ovvero dal suo costo di acquisto o dal valore di mercato a seconda che esso sia situato in uno stato parte delle Ue/See oppure in uno stato extra Ue/See.

La decorrenza delle novità è fissata al 1° gennaio 2024, anche per gli investimenti esteri effettuati in data antecedente.

Quanto alla base imponibile, l’Ivafe continuerà ad applicarsi sul valore dei prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero, tenendo conto della percentuale di possesso nel caso di contitolarità della posizione e del numero di giorni di possesso. La base imponibile è sempre rappresentata dal valore dell’attività finanziaria al 31 dicembre dell’anno oggetto d’imposizione oppure dal valore di mercato rilevato al termine del periodo di detenzione in caso di cessione infrannuale. Nel caso dei conti correnti l’imposta da corrispondere resta in misura fissa e pari 34,20 euro (importo dovuto complessivamente per tutti i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero), parametrata in base al numero di giorni di possesso.

Vale la pena osservare che, dalla portata applicativa della disposizione riguardante l’aumento dell’aliquota Ivafe, è espunta la Svizzera che, a partire dal periodo d’imposta 2024 non è più annoverata tra i paesi e territori di cui al Dm 4 maggio 1999 (si veda il Dm Mef 20 luglio 2023). Pertanto, le attività finanziarie detenute in Svizzera saranno soggette all’aliquota dello 0,2%;

Per quanto riguarda l’Ivie, la base imponibile è sempre rappresentata dal valore dell’attività finanziaria al 31 dicembre dell’anno oggetto d’imposizione oppure dal valore di mercato rilevato al termine del periodo di detenzione in caso di cessione infrannuale.

Le nuove disposizioni trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

Il modello RW nel modello Redditi PF

Per quanto concerne la compilazione del modello RW, l’agenzia delle Entrate con provvedimento 28 febbraio 2024, n. 68687, pubblicato il 29 febbraio scorso, ha approvato il Modello di dichiarazione «Redditi 2024-PF», con le relative istruzioni, da presentare da parte delle persone fisiche nell’anno 2024, per il periodo d’imposta 2023, ai fini delle imposte sui redditi, con alcuni cambiamenti nel quadro RW, modificato nella grafica e nelle relative istruzioni.

Ad un primo confronto fra il Quadro RW 2024 e la versione precedente, che si presentava immodificata da una decina di anni, emerge che:

  • le caselle, seppure confermate rispetto alla vecchia formulazione, contengono l’indicazione di riferimento specifico all’Ivie, all’Ivafe o alla nuova imposta sulle cripto-attività (abbreviata nel modello con «IC»);
  • si spostano nell’ultima riga le caselle (da 29 a 34) relative al conteggio dell’Ivie e dell’Ivafe dovute, dove si affiancano due caselle relative all’imposta sulle cripto-attività;
  • nella colonna 4, si conferma l’esonero da indicazione del paese estero nel caso di valute virtuali.
Modello Redditi 2023, quadro RW

 

Modello Redditi 2024, quadro RW

 

Novità, dunque, che presentano a colpo d’occhio un quadro ancora più complesso, anziché più snello come ci si auspicava, nient’affatto di facile interpretazione, soggetto come tale ad errori di compilazione e futuro contenzioso.

Il Quadro «W» per il monitoraggio fiscale nel modello 730/2024

Con un altro provvedimento (28 febbraio 2024, n. 68472) l’agenzia delle Entrate ha incluso nella dichiarazione semplificata Modello 730/2024 anche la gestione di Ivie, Ivafe e imposta sulle cripto-attività oltre anche la possibilità di assolvere agli obblighi di monitoraggio fiscale.

Il nuovo quadro W, dunque, ospiterà le attività estere di natura finanziaria o patrimoniale, sia ai fini del calcolo delle relative imposte così come per adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale, sostituendo di fatto l’obbligo di presentare anche il quadro RW del modello Redditi PF (unitamente al frontespizio di quest’ultimo), così consentendo di dichiarare le attività finanziarie o patrimoniali detenute all’estero in un modello molto diffuso tra le persone fisiche.

In particolare, il quadro W consente ora di determinare le seguenti imposte per investimenti e attività estere:

  • Imposta sul valore degli immobili all’estero (Ivie);
  • Imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (Ivafe);
  • Imposta sostitutiva sul valore delle cripto-attività.

 

Così come riportato nelle istruzioni alla compilazione del modello il quadro W deve essere compilato dalle persone fisiche residenti in Italia per l’adempimento degli obblighi di comunicazione previsti ed anche per le cripto-attività detenute attraverso portafogli, conti digitali o altri sistemi di archiviazione o conservazione.

Quadro W

 

La residenza fiscale delle persone fisiche

Gli obblighi sopra descritti vanno coordinati con le novità, in vigore anch’esse dal 1° gennaio 2024, circa i criteri che individuano la residenza fiscale delle persone fisiche (nuovo articolo 2, comma 2 del Tuir, come riscritto dall’articolo 1, Dlgs 209/2023).

Dal 2024, ai fini delle imposte dirette si considerano residenti in Italia coloro che:

  • hanno la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 43, comma 2, Codice civile («la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale»);
  • hanno il domicilio nel territorio dello Stato (per domicilio, a tal fine si intende per espressa previsione dell’articolo 2, comma 2 del Tuir, «il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona»);
  • sono presenti nel territorio dello Stato;
  • salvo prova contraria, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.

 

Le prime tre condizioni sopra elencate (residenza, domicilio, presenza) sono tra loro alternative. Pertanto, ad esempio, un soggetto è considerato residente in Italia ai fini fiscali per il solo fatto di avere la residenza in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta, ossia per un periodo pari ad almeno 183 o 184 giorni anche non continuativi (elemento temporale).

L’ultima condizione (iscrizione anagrafica), invece, rappresenta un elemento formale, in quanto è ammessa la prova contraria (si dovrà dimostrare di non aver effettivamente avuto – per la maggior parte del periodo d’imposta – la residenza, in domicilio o la presenza fisica in Italia).

In sostanza, la nuova norma ha inserito – tra i criteri per l’individuazione della residenza fiscale – il riferimento alla presenza fisica, mentre il requisito anagrafico, che fino all’anno scorso era considerato sostanziale (si vedano, a titolo esemplificativo, Corte di Cassazione 28 ottobre 2015, n. 21970; 25 giugno 2018, n. 16634; 1215/1998, secondo cui l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente rappresenterebbe un dato formale di per sé sufficiente per stabilire la residenza italiana anche ai fini fiscali), viene ora considerato di natura formale che ammette la prova contraria.

Esempio

Mario Rossi, pur essendosi trasferito all’estero, ha mantenuto in Italia l’iscrizione anagrafica (non si è iscritto all’Aire). Dal 2024, nonostante le risultanze anagrafiche, sarà considerato non residente in Italia se prova di non aver avuto in Italia, per la maggior parte del periodo di imposta, la residenza civilistica né la sede in cui si sviluppano le relazioni familiari e personali (il domicilio secondo il nuovo articolo 2, comma 2 del Tuir) e di non essere stato presente sul territorio nazionale per la maggior parte del periodo di imposta.

Se risulta non residente non sarà neppure tenuto a compilare il quadro RW del modello Redditi PF 2025, fermo restando l’obbligo di dichiarare eventuali redditi prodotti nel nostro Paese.

Va da ultimo osservato, con riguardo al domicilio, che ora il legislatore ha dato maggiore rilevanza allo sviluppo delle relazioni personali e familiari rispetto alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali, distanziandosi dal concetto civilistico previsto dall’articolo 43, comma 1, Codice civile («luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi»).

Gli interessi economici-patrimoniali, al pari di quelli familiari e personali, torneranno dirimenti qualora si dovesse risolvere il conflitto della doppia residenza applicando i criteri convenzionali, i quali – secondo l’articolo 4, paragrafo 2 del modello Ocse – individuano, quale regola generale, il luogo di abitazione permanente, il centro di interessi vitali, il luogo di soggiorno abituale, la nazionalità, ecc. Si tratta di condizioni da verificare in ordine gerarchico, per cui quelle successive andranno verificate solo se il conflitto non si viene a risolvere utilizzando la precedente condizione, e alternativi. Va osservato che il centro di interessi vitali incluse sia le relazioni personali sia quelle patrimoniale, senza prevalenza delle une sulle altre.

Fonte: Il Sole 24ORE

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