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Consulta, legittima l’Imu indeducibile dall’Irap

Giudicata infondata la richiesta di estendere il giudizio già dato sull’Ires. L’imposta regionale ha natura differente da quella sui redditi

Ires e Irap sono due imposte diverse per natura e per sostanza. Di conseguenza il fatto che l’indeducibilità totale dell’imposta municipare dall’Ires fosse illegittima non comporta lo stesso problema in fatto di imposta regionale sulle attività produttive.

Su questi presupposti la Corte costituzionale, nella sentenza n. 21/2024 redatta da Luca Antonini e depositata il 20 febbraio ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate sul tema dalla Corte di giustizia tributaria di Torino. Nella stessa decisione la Consulta ha respinto, ma per inammissibilità, le obiezioni sulla deducibilità solo parziale dell’Imu dall’Ires, in vigore con percentuali di sconto crescenti dal 2012 al 2019, avanzate dalle Corti di giustizia tributaria di Como e di Genova. Ma andiamo con ordine.

Tutto nasce dalla sentenza 262 del 2020, anche quella redatta da Antonini, con cui la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo il testo originario dell’articolo 14, comma 1 del Dlgs 23/2011 sul federalismo municipale in cui era stabilita la totale indeducibilità dall’Ires dell’Imu pagata dalle aziende sui loro immobili strumentali. L’imposta “municipale” (di nome, perché di fatto quella sui capannoni va in larga parte allo Stato), scrivevano i giudici delle leggi in quella pronuncia, è «un costo necessitato che si atteggia alla stregua di un ordinario fattore della produzione, a cui l’imprenditore non può sottrarsi», e quindi non può non rientrare nel novero degli oneri da scontare dall’imposta sui redditi.

Basandosi su quel precedente, i giudici tributari torinesi hanno ipotizzato la possibilità di estendere lo stesso ragionamento anche all’Irap, senza incontrare però il favore della Consulta.

Nella lettura della Corte si sottolinea infatti che l’Irap è distante dall’imposta sui redditi societari nei presupposti e nei conseguenti meccanismi applicativi. «Inserendosi nel moderno filone di quelle imposte che assumono a loro fondamento una nozione di capacità contributiva che supera il legame con i più tradizionali indici come il patrimonio e il reddito (sentenza n. 288 del 2019) – spiega la decisione depositata ieri -, l’Irap è stata applicata su «un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione» (sentenza n. 156 del 2001)». A sostegno di questa interpretazione la Corte ripercorre alcuni dei principali meccanismi operativi dell’Irap, che per esempio nella sua formulazione originaria non annoverava in alcun modo fra i costi da scorporare alcuni di quelli del personale, «con una radicale differenza rispetto a quanto avviene per la determinazione della base imponibile dell’Ires, dove, in base al principio di inerenza, tale esclusione non sarebbe concepibile». L’imposta regionale, conclude la Consulta, «trova quindi la sua specifica giustificazione nella manifestazione di una capacità produttiva derivante dal potere di organizzazione e coordinamento dei fattori della produzione», al punto che ovviamente l’Irap può arrivare a «poter colpire anche attività in perdita, purché si sia generato un valore aggiunto riferibile alle attività autonomamente organizzate»; ipotesi naturalmente impossibile nel caso dell’Ires.

Nella stessa pronuncia, si diceva, la Corte non accoglie nemmeno le questioni di legittimità sollevate sulla deducibilità solo parziale dell’Imu dall’imposta sui redditi delle società, in vigore fino al 2019. In questo secondo caso, però, almeno in teoria la porta non è chiusa definitivamente perché le obiezioni sono state ritenute inammissibili per assenza di motivazioni. E potrebbero quindi essere ripresentate con argomentazioni più puntuali. Va ricordato che nella sentenza del 2020 la Corte si era interrogata sulla possibilità di «procedere all’estensione d’ufficio in via consequenziale» dell’illegittimità anche agli anni successivi al 2012, oggetto di quella decisione, ma aveva optato per una risposta negativa.

Fonte: Il Sole 24ORE

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