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E-commerce, arriva la stretta sull’evasione Iva dall’estero

Decretato concordato preventivo: Governo mira a recuperare €143M/anno, imponendo garanzie e certificazioni sulle merci extra-UE.

Non solo concordato preventivo per le partite Iva. Con il decreto attuativo della delega fiscale approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri del 25 gennaio, arriva anche una stretta per contrastare il fenomeno dell’evasione Iva attraverso l’e-commerce. In particolare, l’obiettivo è di andare a colpire e quindi di evitare le frodi e gli abusi, che girano essenzialmente intorno all’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto al momento dell’importazione della merce all’interno dell’Unione europea. Con una stretta sui requisiti l’Erario punta a recuperare ogni anno 143 milioni di Iva da questo specifico capitolo. Per capire le proporzioni in gioco basta fare riferimento alla relazione tecnica che accompagna il decreto su accertamento e concordato preventivo. Attraverso la ricostruzione delle commissioni versate alle piattaforme online per poter vendere i propri prodotti online (circa 420 milioni), l’amministrazione finanziaria stima che i 22mila operatori non residenti con rappresentante fiscale in Italia abbiano venduto beni per un importo pari a 2,1 miliardi di euro nel corso del 2022. E qui però sorge il problema, perché l’Iva che ora le nuove regole puntano a recuperare rappresenta allo stato attuale a tutti gli effetti un’evasione: 143 milioni di euro costituiscono circa il 7% dell’importo complessivo delle merci vendute tramite i marketplace digitali.

Un buco che potenzialmente può trasformarsi in voragine proprio in una fase storica in cui i dati certificati dal Mef nella relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva dicono che il tax gap sull’Iva (rilevato nell’ultimo anno su cui sono disponibili le informazioni, ossia il 2021) è sceso a 18 miliardi di euro: una cifra che si è ridotta del 48% rispetto al 2016 (quando era di quasi 38,7 miliardi di euro). Un numero che testimonia come i presidi progressivamente introdotti – anche con costi da non sottovalutare sulle attività economiche che sono state sempre corrette (basti pensare alla permanente situazione di credito che determinano reverse charge e split payment) – abbiano prodotto dei risultati sul miglioramento della tax compliance.

Ma i paradigmi dell’economia stanno cambiando. La forte spinta alla digitalizzazione accelerata anche dalle restrizioni della pandemia hanno fatto crescere i volumi dell’e-commerce. Questo di fatto ha allargato la permeabilità anche agli illeciti e ai comportamenti fraudolenti. Per questo con il decreto attuativo della delega fiscale viene delineata ora una correzione di rotta, che passa prima di tutto dall’obbligo di una garanzia che gli operatorio extra Ue dovranno depositare se si avvalgono di rappresentanti fiscali per effettuare acquisti e vendite intracomunitari. Questo nell’ottica di bloccare il ricorso a prestanome o a strutture societarie di fatto vuote, che una volta sparite lasciano solo una scia di debiti tributari quasi impossibili da recuperare per il Fisco. Ma con il decreto delegato della “riforma Leo” ci saranno anche requisiti più stringenti che vengono richiesti ai rappresentanti fiscali (su cui allo stato attuale si registra una forte concentrazione con i primi 30 che operano per conto di 60mila soggetti): non aver riportato condanne (anche non definitive) per reati finanziari e non aver commesso violazioni gravi e ripetute delle disposizioni tributarie e contributive. A ciò si aggiunge anche la necessità verificare la veridicità e completezza dei documenti prodotti dal contribuente per non rischiare una sanzione amministrativa da 3mila a 50mila euro.

Il tassello introdotto dal decreto delegato fa parte di una strategia più ampia delineata nell’atto di indirizzo della politica fiscale firmato a fine 2023 dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Atto che riporta espressamente come la riduzione del tax gap sarà perseguita anche attraverso il rafforzamento delle attività di contrasto all’evasione e all’elusione nel settore doganale, con particolare attenzione ai fenomeni maggiormente pericolosi, «come i casi di evasione totale dei dazi, delle accise e delle imposte, le frodi Iva all’importazione, attuate anche attraverso piattaforme digitali (dichiarazioni di modico valore nel settore dell’e-commerce)».

Fonte: Il Sole 24ORE

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