Nel diritto tributario ci sono tematiche che periodicamente riaffiorano, come un fiume carsico che scorre sotterraneo per lunghi tratti per poi riemergere in superficie. Una di queste è la possibilità da parte dell’amministrazione finanziaria di riqualificare in cessione d’azienda la cessione totalitaria di quote, al fine di liquidare l’imposta di registro proporzionale al posto di quella fissa.
Secondo la sentenza 34917/2023 della Corte di cassazione (depositata lo scorso 13 dicembre) questo tentativo va rigettato poiché si tratta di operazioni giuridicamente ed economicamente differenti.
Tra Entrate e Cassazione
Il dibattito, in questi anni, si è sviluppato attorno all’interpretazione dell’articolo 20 del Testo unico del registro (il Dpr 131/1986, in sigla Tur).
L’amministrazione finanziaria – che pure aveva affermato in varie occasioni che non vi è alcuna assimilazione possibile tra vendita di quote, anche totalitaria, e vendita dell’azienda – nella pratica ricorreva spesso alla riqualificazione dei contratti, innestando il contenzioso.
La Cassazione alternava pronunce “pro Fisco” ad altre – tanto in sede civilistica quanto tributaria – in cui affermava solennemente che il trasferimento di quote non è mai qualificabile come trasferimento di azienda. Posizione, quest’ultima, assolutamente ferma in dottrina (studio del Notariato 170-2011/T, e circolari Assonime 3/2018 e 13/2019).
In mezzo, come spesso accade, si trovava la giurisprudenza di merito, a volte schierata sulle posizioni delle Entrate e a volte – molto più spesso, in verità – su quelle della difesa privata.
L’interpretazione risolutiva
Si è poi giunti a una diversa lettura dell’articolo 20 del Tur, imperniata sugli effetti giuridici “intrinseci” dell’atto registrato, prescindendo da elementi extra-testuali e dal testo di altri atti anche collegati. Ci si è arrivati, però, a “colpi” di norme di interpretazione autentica (emblematica la relazione illustrativa alla legge di Bilancio 2018) e di sentenze della Corte costituzionale (158/2020 e 39/2021) e addirittura della Corte di giustizia Ue (decisione C-250/2022).
L’oggetto principale delle contestazioni era l’accoppiata “conferimento d’azienda/cessione di quote”, oggi accertabile solo ricorrendo (nel caso) all’abuso di diritto, ma mai alla pura e semplice riqualificazione del contratto. Per quanto il binomio “cessione totalitaria di quote/cessione di azienda” si coniughi, generalmente, all’interno dell’atto stesso portato a registrazione, la più chiara delimitazione dei confini tra attività “interpretativa” e ricerca dell’abuso di diritto (disciplinato dall’articolo 10-bis della legge 212/2000) ha condotto sia l’agenzia delle Entrate sia la Cassazione a riconoscere e valorizzare i differenti effetti giuridici e fiscali dei due atti posti a confronto (pur con qualche dubbio dell’amministrazione riguardante l’eventuale successiva incorporazione da parte del cessionario): una tesi subito accolta dai giudici di merito.
Ma evidentemente non tutti gli uffici si sono convinti, perché il contenzioso è proseguito.
Una nuova pronuncia
Il caso affrontato dalla sentenza 34917/2023 della Cassazione è emblematico: due soggetti cedenti trasferiscono a quattro soggetti acquirenti (tra cui una società) l’intera partecipazione da loro detenuta in un’azienda agricola.
La Ctr Lombardia (sentenza 3804/25/2019) boccia la riqualificazione del contratto in cessione di azienda operata dalle Entrate, che ricorrono in Cassazione sostenendo come l’unica cessione totalitaria emergerebbe dalla sommatoria delle varie cessioni, senza, quindi, che vi fosse necessità di ricorrere a elementi extra-testuali.
La tesi non convince la Suprema corte, sia perché cessione di partecipazione (anche totalitaria) e cessione d’azienda non producono affatto i medesimi effetti giuridici (anche se nel caso di specie veniva prevista la separata trasmissione di debiti e crediti sociali), sia perché il tentativo di dimostrare come il complesso aziendale sottostante fosse pienamente attivo è avvenuto ricorrendo a elementi estranei all’atto, i quali, anche se “pacifici in causa”, vanno sempre esclusi in sede di applicazione dell’articolo 20 del Tur.
Pochi mesi prima la stessa Cassazione (ordinanza 14535/2023) aveva rigettato il ricorso dell’Agenzia che aveva riqualificato in cessione di azienda un insieme di operazioni composto dalla costituzione di una Srl, il successivo aumento di capitale e la cessione a terzi di tutte le quote di partecipazione al capitale.
Che la saga sia finalmente giunta all’ultima puntata? Forse si può riflettere sul fatto che il legislatore tributario non è così ingenuo da non sapere che acquisendo il 100% delle quote (e perché non il 51%?) – o incorporando una società, rivestendo la qualifica di beneficiario in una scissione o di conferitario di una azienda – si ottiene il dominio sui beni coinvolti, ma ha deciso che tali operazioni siano tassate in modo agevolato (imposta fissa).
Altrimenti, opinando diversamente, credendo di interpretare le norme si finisce per disapplicarle: attività non consentita al contribuente ma neppure ad amministrazione o giudici tributari.
LE POSIZIONI SUL CAMPO
Prima prassi dell’agenzia delle Entrate favorevole al contribuente
Risoluzioni 251368/1983, 310356/1989 e 47/2006
Pronunce di Cassazione pro Fisco
Sentenze 8542/2016, 11877/2017 e 881/2019 Ordinanze 11666/2009, 24594/2015
Pronunce di Cassazione pro contribuente
Sentenze 26690/2006, 16031/2007, 16030/2010, 17948/2012
Giurisprudenza di merito a favore Agenzia
Ctr Liguria 946/01/2016, Ctr Toscana 1252/13/2016 e Ctr Emilia-Romagna 226/13/2017
Giurisprudenza di merito a favore contribuente
Ctr Lombardia 94/22/2012 e 3466/49/2014, Ctr Sardegna 386/08/2016, Ctr Lazio 23334/19/2017, Ctp Torino 1132/04/2019 e Ctp Vicenza 156/03/2017
Nuove pronunce di prassi a seguito delle norme interpretative sull’articolo 20 del Testo unico del registro (Tur)
Risposte a interpello 956-1469/2018 e 13/2019
Nuove pronunce di Cassazione pro contribuente a seguito delle norme interpretative sull’articolo 20 del Tur
Sentenza 25071/2021 e ordinanze 20641/2021 e 26491/2022
Nuove pronunce di merito pro contribuente
Cgt Lazio 3993/06/2022, Ctr Toscana 583/02/2021, Ctr Lombardia 4230/21/2021 e 768/19/2021, Ctp Reggio-Emilia 182/02/2020 Ctp Udine 160/01/2019, Ctp Ferrara 43/1/2020 e Cgt Emilia-Romagna 220/10/2023. In senso contrario Cgt Emilia-Romagna 1425/14/2022
Recenti pronunce di Cassazione pro contribuente
Sentenza 34917/2023 e ordinanza 14535/2023
Fonte: Il Sole 24ORE