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Partite Iva, acconti a rate alla cassa per 2,5 miliardi

Entro il 16/01, 3M contribuenti (prof. e ditte fino a 170k ricavi) devono saldare o dilazionare le imposte.

Dopo il rinvio, arriva il tempo delle scadenze. Quasi 3 milioni di professionisti, autonomi, ditte individuali in partita Iva saranno chiamati a versare il secondo acconto delle imposte 2023. Una partita non da poco se si pensa che gli effetti di cassa individuati dal decreto Anticipi (il Dl 145/2023 collegato con la manovra) erano stimati in 2,5 miliardi di euro.

La possibilità consentita proprio rispetto alla “solita” deadline del 30 novembre (che comunque ha riguardato la platea non oggetto della misura) ha permesso di spostare in avanti le lancette dell’orologio dei versamenti di circa un mese e mezzo. La deadline da rispettare è ora quella di martedì 16 gennaio: uno spartiacque in cui versare l’importo dovuto in un’unica soluzione oppure la prima di cinque rate dovute fino al mese di maggio. Naturalmente per chi dovesse scegliere la strada della dilazione, sulle rate dalla seconda alla quinta andranno anche aggiunti gli interessi.

Si è trattato di un anticipo (con la coincidenza che poi è finito proprio nel decreto Anticipi) dell’attuazione della delega fiscale, approvata definitivamente dal Parlamento ad agosto 2023. Nell’iter alla Camera, l’inserimento della misura è stato fortemente voluto dal presidente della commissione Finanze a Montecitorio, il leghista Alberto Gusmeroli. Il principio inserito nella legge di riforma (la 111/2023) puntava a tracciare una rotta per il versamento dell’Irpef da parte degli autonomi, dagli imprenditori individuali e dai contribuenti a cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale (le pagelle fiscali) in direzione della progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti degli acconti e dei saldi e di un’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto. Il tutto con una doppia stella polare: niente peggioramenti per il contribuente e senza nuovi o più oneri per la finanza pubblica.

Di fatto, l’assaggio di un’operazione è arrivata sotto forma della possibilità di rinviare l’acconto del 30 novembre e della possibilità di gestirlo a rate per i primi mesi del 2024. Una sperimentazione in cui sono stati posti alcuni vincoli. A cominciare dal fatto che per ora il decreto Anticipi fa riferimento al solo periodo d’imposta 2023. La seconda limitazione riguarda il perimetro soggettivo: rinvio e rateizzazione riguardano solo le persone fisiche titolari di partita Iva che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a centosettantamila euro. Come anticipato, non è però una platea poco numerosa visto che tra forfettari e ordinari potrebbero essere interessati 3 milioni di soggetti. L’ultima limitazione è oggettiva: sono esclusi, infatti, contributi previdenziali e premi Inail, che quindi dovevano già essere versati entro il 30 novembre.

Ora la sfida però sarà fare un passo avanti. Anche in questo caso una traccia già c’è con il parere favorevole arrivato dal Governo nell’approvazione alla Camera della manovra su un ordine del giorno presentato proprio da Gusmeroli. L’obiettivo è che la chance di rateizzare gli acconti venga estesa a novembre 2024 a tutte le attività economiche e dipendenti e pensionati con altri redditi, comprendendo all’interno del raggio d’azione anche la dilazione dei contributi Inps.

Fonte: Il Sole 24ORE

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