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Il contributo alla formazione non preclude il forfettario

Nella risposta a interpello n. 3 del 9 gennaio il caso della banca che riconosce un sostegno al corso per consulenti.

Il soggetto che eroga una borsa di studio non è un datore di lavoro; pertanto, lo svolgimento dell’attività nei suoi confronti non fa scattare la causa ostativa che preclude l’applicazione del regime forfettario a coloro che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti dei datori di lavoro. Lo precisa la risposta n. 3 del 9 gennaio dell’agenzia delle Entrate.

L’istanza veniva presentata da una banca intenzionata ad offrire ai giovani laureati o diplomati, la partecipazione a un percorso formativo propedeutico alla preparazione per l’esame di abilitazione per l’attività di consulente finanziario, nella prospettiva di un potenziale inserimento nella propria rete commerciale.

Il percorso prevedeva il riconoscimento, a ciascun partecipante, per i sei mesi di durata dell’attività didattica di un «contributo allo studio» pari a 1.300 euro mensili, al lordo delle imposte.

Il contributo veniva riconosciuto con l’intento esclusivo di supportare i partecipanti nella loro attività di studio e di formazione per l’esercizio della professione di consulente finanziario; precisava l’istante che i partecipanti non avrebbero svolto alcuna attività lavorativa.

Chiarita la natura di «borsa di studio» del contributo erogato, il quesito si incentrava sulla possibilità per i percettori che, successivamente sarebbero entrati a far parte della rete commerciale della Banca con la stipula di un mandato di agenzia, di applicare il regime forfettario di cui alla legge 190/2014.

Considerato che la percezione di una borsa di studio è, a norma dell’articolo 50, comma 1, lettera c), del Tuir, un reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente, la Banca chiedeva se questa circostante integrasse la fattispecie di cui alla lettera d-bis) del comma 57 della legge 190/2014 che preclude l’accesso al regime forfettario alle persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta. La banca chiedeva se l’erogazione di un reddito di lavoro dipendente (la borsa di studio) la qualificasse come datore di lavoro.

Nella risposta dell’agenzia delle Entrate si ricorda che la nozione di «datore di lavoro» è stata chiarita dalla circolare 9/E/2019 e che non rientrano nell’ambito di applicazione della causa ostativa, i percettori dei redditi di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c), d), f), g), h), h­-bis), i) ed l), del Tuir, ferma ovviamente restando la loro corretta qualificazione ai fini fiscali.

Pertanto, il reddito percepito dal partecipante al corso è un reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente e, come tale, va assoggettato a tassazione ma il soggetto che la eroga non è considerato datore di lavoro.

Ne consegue il via libera all’applicazione del regime forfettario da parte dei percettori che intraprendano un rapporto professionale attraverso un mandato di agenzia con la banca, a condizione, naturalmente, che risultino rispettati tutti gli ulteriori requisiti richiesti dalla legge.

Fonte: Il Sole 24ORE

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