È una circolare a due facce quella diffusa dall’agenzia delle Entrate sugli aggiornamenti al regime dei forfettari.
Il primo aspetto, negativo, è all’ultimo paragrafo, dove la circolare 32/E/23 invita gli uffici a valutare la disapplicazione delle sanzioni «qualora riscontrino condizioni di obiettiva incertezza» riguardo ai comportamenti assunti dai contribuenti nelle more dei chiarimenti. Non è una novità (la stessa frase si trova, ad esempio, al termine della circolare 6/E/2022 sulla rivalutazione e il riallineamento, anch’essa tardiva), ma resta una cattiva abitudine. Innanzitutto perché i principi dello Statuto del contribuente vanno applicati e non valutati. E poi perché la disciplina commentata dall’Agenzia il 5 dicembre scorso è contenuta nella legge 197/2022 che è in vigore da circa un anno. Nel frattempo i forfettari che in corso d’anno hanno superato i 100mila euro di ricavi/compensi – e i loro consulenti – sono stati costretti a inventare come comportarsi, nella totale assenza di chiarimenti, e ora si trovano probabilmente nella “scomoda” condizione di ritornare sui propri passi, correggendo fatture, incassi, versamenti e così via. Il ritardo interpretativo ha causato disagi, e valutare la disapplicazione delle sanzioni è forse meno del minimo sindacale.
L’altro volto della circolare è invece del tutto positivo e riguarda l’aspetto operativo. Ancora una volta ci si è trovati a dover interpretare una norma scritta male e, per di più, in contrasto con la direttiva comunitaria, che collega il superamento del limite al volume d’affari e non agli incassi (pudicamente la circolare afferma che la disposizione «si è ispirata» alla direttiva). Da un lato occorreva dar forma all’applicazione dell’Iva «a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento» del limite di 100mila euro; dall’altro l’articolo 6, comma 4, del Dpr 633/72 “inchioda” la stessa applicazione dell’imposta al momento della fatturazione, in tutti i casi in cui essa anticipa il pagamento. Un rebus praticamente irrisolvibile, che l’Agenzia, con molto pragmatismo, ha risolto minimizzando le conseguenze del superamento: l’imposta si applica sull’intera operazione che porta sopra soglia (senza spezzature d’importo) e su tutte le altre cessioni/prestazioni – già effettuate o ancora da effettuarsi – non ancora fatturate; mentre le operazioni già fatturate restano nel forfait anche se i relativi importi sono percepiti successivamente all’incasso che ha determinato lo “splafonamento”.
Sul resto (ma qui era più semplice) si sono seguiti i principi generali, applicando il regime reddituale ordinario Irpef all’intera annualità e, per quanto attiene alle ritenute, guardando alle date di incasso e non a quelle di fatturazione. Considerate le premesse, una soluzione perfetta era impossibile, ma contenere il danno è sicuramente apprezzabile. Se i chiarimenti fossero stati diffusi sei mesi fa non ci sarebbe stata alcuna critica da fare.
Fonte: Il Sole 24ORE