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Il doppio binario sui crediti d’imposta apre un nuovo fronte penale

Sentenze Sezioni Unite 34419/2023 e 34452/2023: Implicazioni penali per erronea qualificazione credito d'imposta.

Le due recenti sentenze delle Sezioni Unite (34419/2023 e 34452/2023) sull’esatta qualificazione del credito di imposta inesistente rispetto a quello non spettante avranno significative conseguenze anche sotto il profilo penale. Secondo l’alto consesso il credito è inesistente se ricorrono congiuntamente due requisiti. Il primo si realizza al verificarsi di una delle tre seguenti condizioni:

a) il credito è, in tutto o in parte, il risultato di un’artificiosa rappresentazione;

b) il credito è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge;

c) il credito, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo.

Il secondo requisito attiene invece alle modalità attraverso cui l’illecito può essere rilevato dai verificatori. Per trattarsi di credito inesistente, l’inesistenza non deve essere riscontrabile mediante la liquidazione delle dichiarazioni con procedure automatizzate ai fini delle imposte dirette ed Iva (articoli 36-bis del Dpr 600/73 e 54-bis del Dpr 633/72) ovvero mediante il controllo formale delle dichiarazioni (articolo 36-ter del Dpr 600/73).

Sotto un profilo pratico il primo requisito appare oggettivamente individuabile, soprattutto per la prima situazione (artificiosa rappresentazione) e la terza (estinzione del credito al momento del suo utilizzo). Qualche problema interpretativo potrebbe sorgere per la seconda (mancanza del presupposto costitutivo). Si pensi alle contestazioni in tema di credito ricerca e sviluppo dove l’assenza delle novità assoluta dell’esito della ricerca (in violazione al Manuale di Frascati) secondo l’amministrazione finanziaria, come emerge dalle numerose contestazioni, farebbe venir meno il presupposto costitutivo del credito. Per questo aspetto quindi è verosimile che in futuro, fino a quando la giurisprudenza di legittimità non assumerà una specifica interpretazione, le posizioni dell’amministrazione e dei contribuenti saranno distanti.

Il secondo requisito, concernente le modalità di controllo di individuazione dell’illecito presenta invece profili di maggiore soggettività. Si tratta infatti, come ribadito dalle Sezioni Unite, della potenziale rilevabilità attraverso la liquazione delle dichiarazioni o del controllo formale dell’illecito contestato a nulla rilevando come l’Ufficio o il reparto della GdF abbia nel caso concreto constatata la violazione (verifica con accesso, controllo a tavolino, controllo incrociato ecc.).

Sotto questo profilo anche il credito inesistente, se suscettibile di essere scoperto attraverso la liquidazione delle dichiarazioni o il controllo formale, viene derubricato a non spettante.

Mentre l’individuazione di ipotesi di indebite compensazioni mediante controlli ex articoli 36-bis e 54-bis (liquidazione delle dichiarazioni con procedure automatizzate) appaiono alquanto circoscritte, gli illeciti potenzialmente individuabili con il controllo formale (articolo 36-ter) potrebbero risultare numerose. E infatti in base all’articolo36 ter (comma 2 lettera d) gli uffici possono determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti.

Quindi non si tratta di un “incrocio” di dati risultanti dall’anagrafe tributaria ma di un esame dei documenti in possesso dei contribuenti: un simile controllo, a ben vedere, potrebbe disvelare quasi tutte le indebite compensazioni (ascrivendole così nella categoria dei crediti non spettanti) con la sola eccezione di condotte particolarmente simulatorie non individuabili dall’esame documentale.

Si tratta di situazioni, anche, e soprattutto, sul versante penale, che saranno oggetto di un vivace confronto tra accusa e difesa, stante le differenti conseguenze derivanti da un’indebita compensazione di credito non spettante rispetto a un credito inesistente (reclusione fino a 2 anni anziché fino a 6, non punibilità, o meno, in caso di pagamento del debito tributario ecc.). Si ritiene che in questi procedimenti penali sarà più che mai necessario l’intervento di consulenti tecnici o periti, affinché chiariscano al giudice se l’indebita compensazione contestata poteva essere scoperta attraverso l’esame delle dichiarazioni e dei documenti del contribuente ovvero necessitavano altri strumenti ispettivi: solo in quest’ultimo caso sarà ipotizzabile il più grave reato di compensazione con crediti inesistenti.

Fonte: Il Sole 24ORE

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