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Rimborso per l’Ivafe sulle quote estere di Srl, prevale il diritto europeo

Giudici tributari riconoscono rimborso Ivafe a contribuente per anni pre-2014, disapplicando norma nazionale in favore del diritto UE.

I giudici tributari territoriali, nel riconoscere il diritto al rimborso al contribuente dell’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero, ndr) versata per annualità anteriori al 2014, hanno disapplicato la norma interna stante la preminenza del diritto Ue su quello nazionale.

Così si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza 3293 dell’8 novembre 2023 (presidente Izzi, estensore Politano).

Un contribuente si opponeva al silenzio-rifiuto dell’agenzia delle Entrate per l’Ivafe versata erroneamente in eccesso per il 2012 e il 2013, imposta dovuta per la detenzione all’estero di quote di partecipazione in una Srl. Il ricorrente aveva contestato l’operato dell’Ufficio facendo presente che la norma del 2014 (articolo 9, legge 161/2014) ha modificato la disciplina del 2011 (articolo 19, Dl 201/2011) venendo meno l’applicazione dell’imposta per la semplice detenzione di quote in Srl aventi sede all’estero; secondo la tesi del ricorrente, tale novazione vale anche per le annualità pregresse al 2014. L’Ufficio ribadiva in giudizio la legittimità del proprio operato precisando che l’imposta in questione non si applica più sulle attività finanziarie quali valuta estera, metalli preziosi, polizze assicurative e altro, ma si applica sui prodotti finanziari, sui conti correnti, libretti di risparmio e altro; peraltro, l’Agenzia, quale elemento dirimente, sottolineava che l’irretroattività è inibita ex lege in quanto è proprio il regime transitorio della novella (articolo 9, comma 2) a disporre che l’effetto delle nuove disposizioni inizia a decorrere dal periodo d’imposta relativo al 2014.

I giudici di prime cure rigettavano il ricorso ritenendo che la citata novella, con la quale il legislatore italiano ha posto rimedio ai solleciti della Ue in merito alla violazione del principio comunitario di libera circolazione dei capitali, avesse decorrenza solamente a partire dal periodo d’imposta relativo al 2014.

La supremazia del diritto Ue

Di diverso avviso i giudici d’appello che hanno riformato la sentenza disapplicando la norma interna.

La Corte lombarda ha preliminarmente osservato come il versamento dell’Ivafe era stato effettuato in forza di una norma nazionale italiana dichiarata contraria al principio di libera circolazione dei capitali nella Ue. Tuttavia, hanno precisato i giudici, la nascita e la tutela dei diritti di origine comunitaria è assistita dal principio comunitario di effettività, dal quale discendono tutti gli elementi che oggi connotano l’integrazione giuridica europea.

Al fine di rendere effettiva l’integrazione del sistema comunitario con quello dei singoli Stati membri, la Cgue, sin dall’inizio della sua attività, per la soluzione di eventuali conflitti fra norma interna e Comunitaria, ha ritenuto necessario garantire una preminenza automatica delle norme Ue su quelle interne, sia anteriori che posteriori.

Sulla base delle predette considerazioni, i giudici tributari lombardi hanno evidenziato che la norma del 2011 fosse sin dall’inizio in contrasto con il Trattato Ue (e in particolare con l’articolo 63) e con l’articolo 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo e, di conseguenza, fosse illegittima l’imposizione dell’imposta anche per il 2012 e il 2013. La Corte ha concluso che, nel caso di specie, si era configurato un indebito oggettivo da rimborsare avendo il contribuente versato l’imposta sulla base della previgente normativa fiscale italiana che, seppur in vigore fino al 2014, era stata modificata per allinearsi alle disposizioni della normativa Ue.

Fonte: Il Sole 24ORE

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