Nelle notificazioni a mezzo Pec, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la «nullità», e non la «inesistenza», della notificazione. Il destinatario ha il dovere di informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati. Sono i principi affermati dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, con ordinanza 30082/2023 del 30 ottobre.
La Corte d’appello aveva dichiarato improcedibile l’appello proposto dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca contro la sentenza con cui il Tribunale aveva accolto le domande di alcuni impiegati amministrativi volte all’accertamento del loro diritto all’assunzione a tempo indeterminato con il riconoscimento dei relativi diritti economici.
Il ricorso in appello venne depositato in cancelleria e, quindi, integrato con il decreto di fissazione dell’udienza, come previsto dal rito del lavoro. L’Avvocatura dello Stato provvide a trasmettere a mezzo Pec al difensore dei ricorrenti in primo grado un messaggio contenente la menzione degli atti notificati (“appello depositato”, “decreto fissazione udienza”, “relata”) e apparentemente allegati al messaggio. Tuttavia, dalla dimensione degli atti (“1 bytes”) indicati nella Pec, la Corte d’appello aveva ritenuto provato quanto sostenuto dai difensori dei lavoratori, ovvero che si trattasse di file del tutto vuoti. Sulla base di tale accertamento di fatto, il giudice aveva ritenuto “inesistente”, e quindi non sanabile, la notificazione dell’atto d’appello, «per la totale mancanza materiale dell’atto da notificare».
Contro tale decisione il Ministero ha proposto ricorso per Cassazione, contestando alla Corte territoriale di non avere considerato il dovere del destinatario della notificazione di segnalare al notificante eventuali anomalie nell’invio degli atti mediante posta elettronica certificata (Pec) e di avere trattato come “inesistenza” un’ipotesi «di mera irregolarità o, al più, di nullità della notificazione».
La qualificazione del vizio della notificazione come “inesistenza” è decisiva, in quanto nel rito del lavoro è consentito al giudice concedere un termine per procedere alla notificazione, non effettuata del ricorso tempestivamente depositato in cancelleria, solo in caso di notificazione “nulla”, non anche nel caso di notificazione “omessa o inesistente” (si veda, tra le tante, Cassazione, sezioni unite, 20604/2008).
La Cassazione ha più volte messo in guardia il giudice sulla necessità di considerare la categoria della “inesistenza” della notificazione come residuale spiegando che essa è «configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto» (si veda, tra le tante, Cassazione, Sezioni Unite, 14916/2016). Nel caso specifico, il procedimento di trasmissione degli atti e la consegna sono avvenuti correttamente, mentre viene in rilievo l’ipotesi della «totale mancanza materiale dell’atto, perché gli allegati, pur menzionati nel messaggio di posta elettronica certificata, risultano inconsistenti, come desumibile dall’indicazione delle dimensioni pressoché nulle dei relativi documenti informatici». Il sistema infatti indicava dimensioni inverosimili per degli allegati (“1 bytes”). La Corte di legittimità ribadisce che il destinatario ha il dovere di «informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via Pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente» (Cassazione 4624/2020).
La Cassazione continua rilevando che, relativamente al tema se la notifica sia da considerarsi “nulla”, e quindi rinnovabile, o “inesistente”, e pertanto tale da rendere improcedibile il giudizio di appello, assume decisiva rilevanza il fatto che il messaggio Pec trasmesso al difensore degli appellati indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza, sia i nomi degli appellati, sia l’oggetto della notificazione, sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d’appello. La consegna del messaggio, anche se gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era, però, idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione. È quindi esclusa la “inesistenza” della notificazione.
Conclude la Cassazione che, esclusa l’inesistenza, la mera nullità obbliga il giudice d’appello a «fissare un termine perentorio per la rinnovazione che “impedisce ogni decadenza” secondo la regola generale contenuta nell’articolo 291 codice procedura civile, che – a differenza della rimessione in termini (articolo 153 codice procedura civile, comma 2) – prescinde da qualsiasi valutazione sulla incolpevolezza del notificante».
Fonte: Il Sole 24Ore