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Lo scambio tra cripto-attività resta senza rilevanza fiscale

È definitiva la circolare sulla tassazione delle cripto-attività: confermata la definizione del presupposto imponibile già presente in bozza.

È definitiva la circolare sulla tassazione delle cripto-attività (30/E di ieri 27 ottobre). È confermata l’ampia definizione del presupposto imponibile già presente nella bozza. Rispetto alla bozza si segnala, fra l’altro, un maggior dettaglio nell’illustrazione dei casi in cui le permute non sono fiscalmente rilevanti e del concetto di territorialità dei redditi percepiti dai non residenti e dai neo-residenti.

È confermato che la definizione di cripto-attività ai fini fiscali prende spunto dal regolamento Mica, anche se non prevede le specifiche esclusioni previste dal regolamento stesso. Sono quindi tassabili anche le cessioni di non fungible token (Nft) «già emessi» e le cessioni a titolo oneroso di utility token, vale a dire dei rapporti da cui deriva il diritto di acquistare a termine (quando sarà disponibile) il prodotto o il servizio.

La circolare precisa che non costituisce reddito l’acquisto del bene o servizio a prezzo scontato per effetto dell’esercizio del diritto. È inoltre confermato che gli investimenti di natura finanziaria, anche se rappresentati in forma digitale, non rientrano nella definizione e quindi continuano ad essere tassati nell’ambito dell’articolo 67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies, come tutte le attività finanziarie.

Confermato che dal 1° gennaio 2023 non costituisce fattispecie realizzativa lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio l’acquisto di ether con bitcoin) né, in generale, lo scambio di un Nft con un altro Nft. Costituisce, invece, una fattispecie fiscalmente rilevante come permuta, l’acquisto di un Nft con una cripto-valuta. Viene, però, ulteriormente affermato che la permuta tra cripto-valute e money token (un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale) è fiscalmente rilevante, mentre non lo è la permuta tra cripto-valute e asset-referenced-token (un token che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali.

Nelle caso di scambio di cripto-attività aventi le medesime caratteristiche, il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività acquisita corrisponde al valore di carico in euro della cripto-attività ceduta in permuta. Va osservato che questo meccanismo è particolarmente difficile da gestire in regime dichiarativo, a causa dell’applicazione del metodo Lifo.

Una precisazione nuova è che non è prevista la rilevanza di perdite, pertanto, l’eventuale smarrimento o furto delle chiavi private non comporta una fattispecie fiscalmente rilevante.

La circolare è più precisa della bozza nel trattare il caso dei redditi derivanti da attività di staking. Poiché tali redditi sono tassati per il loro intero ammontare senza alcuna deduzione, qualora l’importo percepito comporti la percezione di un provento, diminuito della percentuale trattenuta dal gestore della piattaforma, l’importo da tassare è il provento lordo.

Non sarà facile stabilire quando i redditi prodotti da residenti all’estero o neo-residenti dovranno essere tassati in Italia. Le operazioni fatte attraverso fornitori di servizi in cripto-attività residenti in Italia sono certamente fatte in Italia. Quelle fatte attraverso provider non residenti, anche se iscritti all’Oam, si considerano fatte in Italia se la chiave privata è detenuta attraverso al loro stabile organizzazione in Italia. Il problema è che l’utente non è in grado di sapere come il provider conservi la chiave privata. Inoltre, attualmente l’iscrizione all’Oam presuppone che il fornitore di servizi non residente abbia una stabile organizzazione in Italia (articolo 17-bis del Dlgs 141/2010), ma in base agli articoli 59 e 61 del regolamento (UE) 2023/1114, a partire dal 30 dicembre 2024, i prestatori di servizi potranno operare in Italia anche in libera prestazione.

Nel caso di operazioni fatte al di fuori del circuito dei fornitori di servizi in cripto-attività viene data rilevanza al luogo in cui si trova il supporto in cui è conservata la chiave privata. Si presume che sia conservato in Italia se il contribuente è ivi residente a meno che non dimostri che il supporto è detenuto all’estero. Non si tiene conto del fatto che la chiave privata può essere memorizzata anche senza necessità di un «supporto».

Fonte: Il Sole 24Ore

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