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Agrivoltaico, sulla determinazione della rendita gli impianti eolici fanno da battistrada

Il comma 21 della legge 208/2015 stabilì la rendita catastale per agroenergie, escludendo macchinari ed attrezzature dal calcolo.

Quale rendita catastale per le agroenergie? Il comma 21 della legge 208/2015 aveva previsto che la rendita dei fabbricati produttivi, accatastati nei gruppi D e E, fosse effettuata mediante stima diretta e tenendo conto solo del suolo, delle costruzioni e degli elementi strutturalmente connessi, con specifica esclusione di «macchinari, congegni, attrezzature e altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo».

In applicazione a tale disposizione, l’agenzia delle Entrate ha chiarito con la circolare 2/E/2016 che rientrano nel campo delle costruzioni «qualsiasi opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo», comprese le opere di fondazione e di supporto in genere.

Di conseguenza, a partire dal primo gennaio 2016, le componenti impiantistiche degli immobili possono essere tolte dalla determinazione della rendita catastale. Questo ha comportato che gli impianti di produzione di energia da fonte fotovoltaica, originariamente accatastati considerando anche la componente produttiva, formata dai pannelli fotovoltaici veri e propri, dagli inverter, nonché da tutta la componentistica necessaria per produrre energia elettrica, fossero oggetto di una drastica riduzione della rendita, che, allo stato attuale comprende solo il suolo, «gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali eventuali recinzioni, platee di fondazione, viabilità» e le costruzioni necessarie per tenere infissi al suolo i pannelli, come chiarito dalla circolare 27/E del 13 giugno 2016.

Allo stesso modo anche gli impianti di biogas hanno potuto beneficiare di una riduzione della rendita catastale. Infatti, a partire dal 2016 l’accatastamento comprende solo il suolo, le opere murarie che contengono digestori e motori, nonché i sopracitati locali tecnici, le platee, le recinzioni e le fondazioni, con esclusione di tutte le componenti produttive.

Anche le centrali eoliche rientrano tra gli immobili produttivi e a partire dal 2016 possono determinare la propria rendita al netto delle componenti produttive; tuttavia, si è generato un ampio contenzioso relativo alla natura della torre su cui poggiano la navicella, il rotore e tutte le componenti necessarie per trasformare l’energia del vento in energia elettrica. Su tale punto, l’agenzia delle Entrate ha sempre considerato la torre come “costruzione”, poiché dotata dei caratteri di solidità, stabilità, consistenza volumetrica e immobilizzazione al suolo. Al contrario, i possessori di impianti eolici hanno sempre ritenuto che la torre, per le proprie caratteristiche tecniche, rappresentasse una parte dell’impianto produttivo e non una mera costruzione.In aderenza a tale interpretazione, la Cassazione ha ripetutamente abbracciato la tesi dei contribuenti, ritenendo che, le torri di sostegno agli impianti eolici siano da escludere dalla determinazione della rendita catastale poiché rappresentano una «componente essenziale ed attiva della macchina, che svolge una funzione di contrasto della forza impressa dal vento sulle pale, al fine di consentire alle pale di offrire la massima resistenza possibile e al generatore di sfruttare la potenza del vento per generare così l’energia elettrica».

L’agenzia delle Entrate ha recepito la posizione espressa dalla Cassazione e con la circolare 28/E del 16 ottobre 2023 (si veda l’articolo «Eolico, palo di sostegno fuori dalla rendita catastale») ha chiarito che le torri eoliche non debbano più essere considerate nella determinazione della rendita catastale.Tale interpretazione può avere conseguenze rilevanti anche sulla determinazione delle rendite degli impianti fotovoltaici e specialmente dei nuovi impianti agrivoltaici, che, mediante l’utilizzo di strutture di sostegno consentono di svolgere l’attività agricola sul suolo sottostante e contemporaneamente di produrre energia da fonte fotovoltaica sui pannelli soprastanti. Le strutture necessarie per sostenere i pannelli, infatti, non sono mere costruzioni infisse al suolo, ma sono componenti essenziali del ciclo produttivo che consentono ai pannelli di ruotare nella direzione del sole per massimizzare l’efficienza produttiva. Sarebbe coerente applicare questo ragionamento logico anche con riferimento alle strutture di sostegno degli impianti agrivoltaici con la conseguente esclusione dal calcolo della rendita.

Fonte: Il Sole 24Ore

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