Quando il capitale di una società è costituito da azioni o quote di s.r.l. PMI appartenenti a diverse categorie, al momento di redigere lo statuto o di strutturare delibere di aumento di capitale, spesso sorgono interrogativi riguardo alla necessità o meno di organizzare l’operazione in modo che sia rispettata la proporzionalità delle categorie esistenti, o riguardo ai correttivi da porre in essere qualora la proporzionalità non sia mantenuta.
Gli orientamenti della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano offrono utili strumenti interpretativi per aiutare gli imprenditori e i professionisti che li assistono a fare fronte a tali quesiti.
Approvazione da parte delle assemblee speciali
In occasione di aumenti di capitale con emissione di categorie di azioni o quote di s.r.l. PMI non proporzionale rispetto alla compagine sociale di partenza, una delle prime perplessità che si presentano è se si debba fare approvare l’operazione dalle assemblee speciali dei soci titolari di categorie di azioni o quote che non sono oggetto della nuova emissione, e il cui peso percentuale verrebbe pertanto compresso.
In base all’articolo 2376 del Codice Civile, l’approvazione delle assemblee speciali di categoria è necessaria qualora una delibera dell’assemblea generale pregiudichi i diritti di una o più categorie. Ci si chiede appunto se la diluizione di una o più categorie costituisca in sé e per sé un pregiudizio per le stesse.
La massima n. 207 del Consiglio Notarile di Milano espone che nel nostro ordinamento non sussiste un ‘diritto al rango’ delle diverse categorie di partecipazioni e che quindi, in linea di principio, un’emissione non proporzionale di azioni o quote non è idonea di per sé ad arrecare pregiudizio alle categorie la cui proporzione non viene rispettata.
Si badi però che ciò significa unicamente che non vi è una ‘presunzione di pregiudizievolezza ’ degli aumenti di capitale non proporzionali, mentre resta ferma la necessità di valutare volta per volta, se, nel caso concreto, possano in effetti essere lesi i diritti di una o più categorie. Ad esempio, la probabilità che sussista un pregiudizio è maggiore nel caso in cui i diritti diversi delle categorie di azioni o quote riguardano la partecipazione agli utili o ai risultati economici della società.
Lo stesso principio è da applicare alle delibere di S.p.A. e di s.r.l. che, in presenza di categorie di partecipazioni, aumentano il capitale con esclusione del diritto di opzione o, per le s.r.l., di sottoscrizione. L’esclusione di tale diritto – mai consentita a livello statutario, ma solo per effetto delle singole delibere di aumento di capitale – è permessa dalla legge, nel rispetto dei criteri stabiliti dagli articoli 2441 e 2481-bis del Codice Civile , e non può considerarsi di per sé pregiudizievole a prescindere. Anche in questo caso, comunque, è da valutare di volta in volta se, tenuto conto dei diritti specifici di ciascuna categoria, possa ravvisarsi una lesione degli stessi, che richiede quindi la previa approvazione delle assemblee speciali delle categorie interessate.
Il Consiglio Notarile di Milano chiarisce che, per limitare ex ante i margini di incertezza e per contenere il potere dell’assemblea generale di deliberare aumenti di capitale con emissione non proporzionale di categorie o con esclusione del diritto di opzione, lo statuto, indipendentemente dal verificarsi di un effettivo pregiudizio, può introdurre clausole che prevedono la necessaria approvazione delle assemblee speciali in caso di, a mero titolo di esempio, delibere che abbiano ad oggetto tutti gli aumenti di capitale, solo gli aumenti di capitale con emissione non proporzionale di categorie, oppure prevedere che gli aumenti di capitale debbano essere sempre proporzionali.
Non solo, il Consiglio Notarile di Milano si esprime a favore anche di una clausola che esclude la necessità dell’approvazione delle assemblee speciali in tutti i casi di aumento di capitale non proporzionale o solo in alcune ipotesi di aumento di capitale non proporzionale. La legittimità di tale clausola è basata sul presupposto che la stessa non costituisce una deroga alla regola generale dell’articolo 2376 del Codice Civile, inderogabile, della necessità di approvazione dei soci di categoria delle delibere per essi pregiudizievoli, trattandosi invece di una inapplicabilità di tale principio solo in specifici casi e solo nelle ipotesi di aumenti di capitale non proporzionali.
Diritto di opzione e di prelazione
Un altro aspetto che spesso fa sorgere dubbi in occasione di operazioni sul capitale in presenza di categorie di azioni o di quote di s.r.l. PMI è la gestione del diritto di opzione e sottoscrizione e, per le società per azioni, del diritto di prelazione sull’inoptato. Anche per questa fattispecie la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 208 , fornisce utili linee guida.
Innanzitutto, per quanto occorrer possa, viene ribadito che il diritto di opzione e di sottoscrizione sul pro quota dell’intera emissione spetta a tutti i soci, indipendentemente dalla categoria di appartenenza e dal fatto che l’aumento di capitale sia o non sia proporzionale alle categorie di partecipazioni esistenti.
Confermando che, come già accennato sopra, tale diritto può essere escluso o limitato per tutti i soci, o solo per una o più categorie di soci, non dallo statuto come regola generale ma solo dalle singole delibere di aumento di capitale, l’orientamento notarile enuncia inoltre il principio secondo cui il diritto di opzione e sottoscrizione di ciascuna categoria dovrebbe avere ad oggetto in via prioritaria azioni o quote della stessa categoria, ovviamente nei limiti dell’ammontare di azioni o quote di tale categoria di nuova emissione.
Riguardo al diritto di prelazione sulla parte di aumento di capitale rimasta inoptata – diritto attribuito dal Codice Civile per gli aumenti di capitale delle sole società per azioni – ci si aspetterebbe che non sia fattibile escludere tale diritto a priori, nell’ambito della disciplina statutaria, ma solo in occasione di singole delibere di assemblea e sempre ferma l’applicazione delle tutele che l’articolo 2441 del codice civile fa scattare in caso di esclusione del diritto di opzione.
Il Consiglio Notarile di Milano argomenta invece che la possibilità di mantenere intatto il peso proporzionale della propria partecipazione e di non vedere alterato il valore della stessa per effetto di emissione di nuove azioni a prezzi di sottoscrizione non in linea coi valori delle azioni preesistenti è già pienamente garantito dal diritto di opzione, a fronte della diversa finalità del diritto di prelazione di consentire ai soci che esercitano il diritto di opzione di essere preferiti ai terzi per la sottoscrizione delle azioni rimaste inoptate.
Su tale presupposto, la disciplina del diritto di prelazione è quindi di carattere aggiuntivo e interamente derogabile, non solo per effetto di delibere assembleari nell’ambito di specifiche operazioni di aumento di capitale, ma anche a livello statutario. È dunque fattibile, anche statutariamente, sia limitare il diritto di prelazione alle sole azioni della stessa categoria di quelle sottoscritte nell’ambito dell’esercizio del diritto di opzione, sia escluderlo tout court con riferimento a tutte le azioni inoptate di qualsiasi categoria.
Resta in ogni caso fermo, come già avviene sovente nella prassi e come argomentato anche dal Consiglio Notarile di Milano, che, ove si intenda mitigare gli effetti di operazioni sul capitale non proporzionali alle partecipazioni di diverse categorie, è pienamente legittimo che lo statuto o le singole delibere assembleari prevedano che le nuove partecipazioni sottoscritte divengano della stessa categoria di quelle possedute dal socio sottoscrittore, oppure di una determinata categoria nel caso in cui il sottoscrittore non sia già socio.
Fonte: Il Sole 24Ore