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Società di comodo, la delega valorizza l’effettiva attività

La riforma fiscale rivede la disciplina delle società non operative. Un intervento atteso, considerati i molti fraintendimenti sul tema.

La riforma fiscale prevede la revisione della disciplina delle società non operative. È un intervento atteso, considerati i molti fraintendimenti che vi sono tuttora sul tema.

La disciplina delle società non operative (o “di comodo”) è nata negli anni 90 del secolo scorso (articolo 30 della legge 724/1994) per contrastare – sotto il profilo tributario – quelle società che non svolgono un’effettiva attività economica.

La norma prevede una sorta di tassazione dissuasiva della scelta di utilizzare un involucro societario al quale vengono intestati beni che, presuntivamente, si ritengono non afferenti un’attività economica. Tutto ciò risulta confermato dagli iniziali interventi delle Entrate (circolari 5/E/2007 e 7/E/2013). Ma non solo. Anche la specifica previsione dell’articolo 2, comma 36-quinquies, del Dl 138/2011 – in base alla quale viene stabilito che, per le società non operative, l’aliquota Ires viene elevata di 10,5 punti percentuali – conferma la ratio di penalizzare i risultati societari come se lo schermo societario non esistesse, assoggettandoli a un’aliquota molto prossima all’Irpef applicata ai più elevati scaglioni di reddito delle persone fisiche.

Purtroppo, nel tempo, tali finalità sono state fraintese, soprattutto identificando il possibile contrasto alla disciplina nelle (sole) oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei valori minimi. Oggettive situazioni che tuttavia riguardano specificatamente soltanto il filtro amministrativo dell’interpello (comma 4-bis dell’articolo 30 già citato). Infatti, non vi può essere alcun dubbio che la norma attualmente contempla due presunzioni legali, come si è sempre riportato su Il Sole 24 Ore: la prima collega al test di operatività il fatto ignorato della non operatività del soggetto; se a questa presunzione non si fornisce la prova contraria trova allora applicazione la successiva presunzione di cui al comma 3 dell’articolo 30, secondo cui, per gli enti non operativi, «si presume che il reddito del periodo d’imposta non sia inferiore a…» (oltreché quella, stabilita dal successivo comma 3-bis, sul valore della produzione netta ai fini Irap “minima”).

Si tratta, in sostanza, di presunzioni legali cosiddette “a catena”. Sicché il contribuente può certamente dimostrare, attraverso ad esempio i bilanci, di svolgere un’effettiva attività economica (se si riflette, le oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei valori minimi andrebbero a comprimere – illegittimamente – la prova contraria). Se tale prova contraria viene fornita non può, evidentemente, trovare applicazione la seconda presunzione, riferita alla dichiarazione dei valori minimi, trattandosi – come è stato riportato – di presunzioni legali “a catena”.

Tali conclusioni sono state finalmente recepite, dopo molti anni, da talune pronunce della giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione 13336 9339 del 2023; 4946 26219 del 2021); tuttavia, specie nella giurisprudenza di merito, si registrano molte sentenze che valutano ancora – e a volte in termini molto restrittivi – la presenza o meno di oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei ricavi minimi. Per questo è da considerare positivamente l’intervento della legge delega di riforma (articolo 9 della legge 111/23) che si propone la revisione della disciplina attraverso nuovi parametri che consentano di individuare le società effettivamente “senza impresa”, facendo riferimento, in particolare, alla disciplina Iva e alla giurisprudenza interna e a quella unionale (fatti salvi i dubbi riportati nell’altro articolo).

Nella relazione illustrativa all’originario Ddl si menzionano le disposizioni dell’articolo 4 del Dpr 633/1972 secondo il quale non sono considerate attività commerciali il possesso di determinati beni (immobili abitativi, unità da diporto, aeromobili da turismo, eccetera) che vengono messi a disposizione dei soci e dei loro familiari gratuitamente o a fronte di un corrispettivo inferiore al valore normale. Allo stesso modo non vengono considerate attività commerciali in ambito Iva il possesso, non strumentale né accessorio ad altre attività esercitate, di partecipazioni o quote sociali, costituenti immobilizzazioni, al fine di percepire dividendi, interessi o altri frutti, senza strutture dirette ad esercitare attività finanziaria, ovvero attività di indirizzo, di coordinamento o altri interventi nella gestione delle società partecipate.

In sintesi
1 – L’articolo 30 della legge 724/1994 intende penalizzare quelle società che non svolgono un’effettiva attività economica (abuso della persona giuridica). È prevista una sorta di tassazione dissuasiva della scelta di utilizzare un involucro societario al quale vengono intestati beni che, in via presuntiva, si ritengono non afferenti un’attività economica. In questo senso i primi pronunciamenti dell’agenzia delle Entrate (circolari 5/E/2007 e 7/E/2013, par. 6).

2 – La normativa ha tuttavia subito alcune “alterazioni” soprattutto identificando il possibile contrasto alla disciplina nelle oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei valori minimi. Oggettive situazioni che però riguardano specificatamente il solo filtro amministrativo dell’interpello (comma 4-bis dell’articolo 30 della legge 724/1994). In sede di difesa il contribuente deve infatti dare prova che svolge un’effettiva attività economica (dato ricavabile ad esempio dai bilanci).

3 – La legge 111/2023 (delega di riforma fiscale) interviene per rivedere la disciplina. Verranno identificati nuovi parametri che consentano di individuare le società effettivamente senza impresa tenendo anche conto dei principi elaborati, in materia di Iva, dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte di giustizia dell’Unione europea (articolo 9 della legge delega). Nella relazione al ddl di riforma si fa riferimento all’articolo 4 del Dpr 633/1972 che individua ex lege alcune attività come non commerciali.

Fonte: Il Sole 24Ore

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