Cerca
Close this search box.

I magazzini non scontano la tassa per le superfici strumentali rispetto all’esercizio dell’attività produttiva

L’onere della prova sulla sussistenza dei presupposti che legittimano l’esenzione parziale o totale del tributo spetta al contribuente

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione – Sezione V in occasione dell’Ordinanza n°23137 del 31 luglio 2023 in materia di tassa rifiuti.
Si tratta di una pronuncia interessante che coinvolge centinaia di potenziali contribuenti esercenti attività d’impresa che occupano aree coperte e scoperte destinate alla produzione di beni e servizi.

In particolare, l’Ordinanza depositata dalla Suprema Corte richiama nello specifico la tassazione delle superfici riconducibili a magazzini destinati alla produzione di materie prime e/o merci che rientrano nella categoria dei rifiuti speciali “non assimilabili agli urbani” .

E’ chiaro il principio esposto dai giudici della Corte di Cassazione in ordine alla possibilità di riduzione della superficie tassabile escludendo quella strettamente funzionale all’esercizio dell’attività produttiva.

Per certi versi già durante la vigenza TARSU la previsione normativa disposto dall’art.62 del D.lgs.n°507/1993 stabiliva espressamente: “Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta”.

Il nuovo assetto normativo contenuto nella L.n°147/2013, per certi versi, riprende alcuni passaggi concettuali già previsti del decreto istitutivo della TARSU facendo salva la possibilità di esentare dal pagamento del tributo quella parte di superficie sulla quale vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili agli urbani e, pertanto, esclusi dal regime di privativa del Comune. E’ questa la ratio che nel caso di specie ha portato gli Ermellini ad esentare la superficie posta nei magazzini industriali dove viene esercitata un’attività produttiva di merci e semilavorati.

Il caso

La questione che riguarda rifiuti speciali è da anni al vaglio dei giudici tributari che nei giudizi di merito non hanno certo aiutato gli operatori del settore depositando spesso sentenze difformi oltre che evidentemente derogatorie rispetto alla normativa di riferimento che dispone i punti fermi inderogabili.

Volendo fare chiarezza sulla normativa che regola il tributo TARI, l’art.1, comma 641 della L.n°147/2013 dispone espressamente che il presupposto della TARI è subordinato al possesso o alla detenzione, a qualsiasi titolo,di locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.

Sul punto, la stessa Corte di Cassazione in più occasioni ha evidenziato che, ciò che rileva ai fini della configurabilità del presupposto d’imposta e quindi dell’obbligazione tributaria è la potenzialità del locale o dell’area a produrre rifiuti, precisando, i giudici di Palazzaccio, che il mancato utilizzo, in concreto, dei locali o delle aree in questione per una decisione esclusivamente riconducibile all’occupante, non è condizione sufficiente per escludere la debenza del tributo.

In altre parole, nel caso in cui la superficie occupata è come si suol dire “ a disposizione ” del soggetto occupante o detentore sia esso persona fisica o giuridica, la stessa, sconta il pagamento della tassa anche in caso di mancato utilizzo della superficie da parte di chi la occupa o la detiene.

Diversamente, al fine di evitare la tassazione è necessario che il contribuente dimostri l’inidoneità del locale o dell’area a produrre i rifiuti in ragione delle sue oggettive condizioni d’inutilizzabilità. Il caso classico, per esempio, è quello di un immobile non servito da utenze domestiche (gas, enel, ecc.) Sono altresì assoggettate al pagamento della TARI anche le pertinenze dei locali adibiti a civile abitazione in osservanza a quanto disposto dall’art.817 del Codice civile. Non scontano invece il pagamento della TARI le aree scoperte pertinenziali o cosiddette accessorie rispetto ai locali tassabili nonché le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non risultano detenute o possedute in via esclusiva.

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza N°23137 del 31 luglio 2023

Ritornando alla pronuncia della Corte di Cassazione, nell’Ordinanza sopra richiamata la Suprema Corte ha confermato il principio generale secondo cui nel computo dell’area tassabile riconducibile a magazzini o comunque capannoni industriali deve essere esclusa quella parte di superficie sulla quale vengono svolte attività “ funzionalmente o strettamente collegate all’esercizio dell’attività produttiva ” dalla quale derivano materie prime o merci rientranti nella categoria dei rifiuti speciali  non assimilabili ” agli urbani.

Sia il D.lgs.n°507/1993 istitutivo della vecchia TARSU (tassa rifiuti solidi urbani) sia la legge n°147/2013 attualmente vigente in materia di TARI escludono la debenza del tributo in caso di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani.
La non assimilabilità del rifiuto a quello urbano preclude la possibilità che lo stesso possa essere oggetto del servizio comunale e, quindi, recuperato, smaltito e avviato al riciclo da parte del Comune.

Non a caso, per questa particolare categoria di rifiuti speciali spetta direttamente al produttore o all’utilizzatore degli stessi provvedere alla loro raccolta attraverso l’ausilio di società specializzate con il relativo costo a carico dello stesso produttore di rifiuti. Tale circostanza vanifica pertanto la possibilità di tassazione della superficie da parte del Comune impositore.

Tuttavia, resta confermato che l’esenzione dal pagamento della tassa in favore del contribuente è sempre subordinato al deposito di documentazione probante che attesti la “ natura speciale ” dei rifiuti prodotti sull’area interessata.

In altre parole, l’onere della prova sulla sussistenza dei presupposti che legittimano l’esenzione parziale o totale del tributo spetta sempre al contribuente che vuole ottenerla, poichè se è vero che l’onere dalla prova dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria grava sempre sull’Amministrazione finanziaria, in questo caso sul Comune impositore, il diritto al riconoscimento dell’esenzione deve essere necessariamente provato dal contribuente, costituendo le esenzioni anche parziali, dalle imposte o tasse, una eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.

Per cui, sia le deroghe alla tassazione sia le riduzioni di superficie o delle tariffe di riferimento non operano mai in via automatica bensì dovranno sempre essere richieste espressamente da parte del contribuente. In altre parole, Tari ridotta solo se il beneficio viene richiesto espressamente dal contribuente provando la sussistenza delle condizioni che legittimano la riduzione.

Volendo continuare il parallelo tra la vecchia versione dell’art.62, comma 3 del D.lgs.n°507/1993 e l’attuale versione disposta dalla L.n°147/2013 in tema di esenzione di superficie, mentre il previgente D.lgs.n°507/1993 art.62, comma 3 correlava l’esenzione dal pagamento del tributo a quella parte di superficie ove per caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese direttamente i produttori stessi, la versione attualmente vigente contenuta nella L.n°147/2013 esenta dal pagamento della TARI quella parte di superficie ove i rifiuti speciali si formano in via continuativa e prevalente ed a condizione che i produttori ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.

Quanto ai magazzini a cui i giudici di Palazzaccio fanno riferimento nell’Ordinanza in commento restano tuttavia assoggettati all’obbligazione tributaria i magazzini destinati allo stoccaggio di semilavorati e/o prodotti finiti connessi a lavorazioni produttive di rifiuti assimilati, dei magazzini di attività commerciali, dei magazzini relativi alla logistica, dei magazzini di deposito merci/o mezzi di terzi.

Fonte: Il Sole 24Ore

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator