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Conferimenti e holding, riforma per superare i limiti

Il conferimento di partecipazioni in regime fiscale di realizzo controllato riveste un ruolo centrale, soprattutto per le imprese familiari.

Nell’alveo delle operazioni straordinarie, il conferimento di partecipazioni in regime fiscale di realizzo controllato riveste un ruolo centrale, soprattutto per le imprese familiari. È infatti il principale strumento per costituire le “holding di famiglia”.

Con l’inserimento del comma 2-bis nell’articolo 177 del Tuir, il legislatore ha mostrato la volontà di agevolare e semplificare ulteriormente i conferimenti di partecipazioni, quali operazioni imprescindibili per la riorganizzazione aziendale, estendendo la disciplina anche alle partecipazioni di “minoranza qualificata”.

Le finalità riorganizzative sottese al regime sono ben chiare anche all’agenzia delle Entrate, che ha costantemente confermato la piena legittimità delle holding di famiglia costituite mediante conferimento di partecipazioni in regime di realizzo controllato (tra le numerose, segnaliamo la risposta a interpello 5/2023).

L’articolo 177, comma 2-bis del Tuir presenta, tuttavia, requisiti piuttosto stringenti e l’interpretazione dell’Agenzia su alcuni passaggi tecnici limita fortemente l’attuazione della norma. In particolare, l’atteggiamento delle Entrate è piuttosto rigido sulla caratura delle partecipazioni conferite: esse devono superare di per sé le soglie minime, cosicché risultano esclusi sia i conferimenti di partecipazioni inferiori, ma che consentono alla conferitaria di integrare tali soglie in virtù delle partecipazioni già detenute, sia i conferimenti plurimi da parte di più soggetti. D’altro canto, la stessa Agenzia non considera abusive le operazioni preliminari (quali compravendita o donazioni) volte a far acquisire al soggetto conferente la soglia di partecipazione minima e poter così accedere al regime (risposte 450 451 del 2022).

I paletti delle Entrate

L’aspetto indubbiamente più critico della disciplina riguarda le partecipazioni detenute in società che si qualificano come holding, per cui secondo l’Agenzia:

il possesso di una sola partecipazione sottosoglia tramite la holding, anche di valore marginale detenuta in fondo alla catena partecipativa, pregiudica l’applicazione del regime;

la qualifica di società holding deve essere verificata non considerando i dati contabili, ma sulla base dei valori correnti della società (risposta 869/2021, poi confermata dalle risposte e 5 del 2023).

Questa impostazione non è pienamente coerente con la ratio della norma, né adeguatamente supportata sotto il profilo tecnico-giuridico, per quanto la criticità più rilevante riscontrata riguarda l’aspetto pratico. La verifica della qualifica di holding sulla base dei valori correnti, infatti, impone agli operatori complesse valutazioni d’azienda con il rischio di contestazioni; la presenza di partecipazioni minime anche all’ultimo livello della catena partecipativa impone forzate dismissioni. Infine, stando alla risoluzione 43/E/2017, la società conferitaria e quella scambiata devono essere società di capitali residenti. Ancora una volta, le conclusioni dell’Agenzia non risultano adeguatamente supportate dal punto di vista normativo e penalizzano ingiustificatamente riorganizzazioni di aziende con profili di internazionalità.

L’occasione della delega

In questo contesto si inserisce la legge delega 111/2023, che prevede all’articolo 6 «la sistematizzazione e razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni mediante conferimento, con particolare riferimento alle partecipazioni detenute nelle holding».

Nell’ambito di una riforma fiscale “a tutto tondo”, ci aspettiamo che vengano definitivamente superati i limiti applicativi dell’articolo 177, comma 2-bis relativi alle holding. E auspichiamo che la delega sia l’occasione per una più ampia riflessione sul regime del realizzo controllato, in linea con lo spirito della norma, talvolta non condiviso a pieno dall’Agenzia. In particolare, andrebbero superati gli ingiustificati limiti sulla residenza fiscale e riconosciuta la piena legittimità delle operazioni riorganizzative (ad esempio le fusioni) volte a riconfigurare l’assetto partecipativo del gruppo per renderlo conforme ai requisiti del menzionato comma 2-bis.

Fonte: Il Sole 24Ore

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