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Società veicolo, la detrazione Iva passa dall’attività economica

Si è dibattuto sulla legittimità della detrazione Iva relativa ai costi di una società veicolo per acquisizioni di società holding.

Negli anni si è dibattuto se fosse o meno legittima la detrazione Iva relativa ai costi (assistenziali, professionali, consulenziali, eccetera) sostenuti da una società costituita come società veicolo (Spv) in un’operazione di acquisizione (Lbo o Mlbo) ricondotta nell’alveo delle società holding. In tale contesto si è radicata la distinzione tra la holding di pura detenzione e di coordinamento delle attività delle società controllate (holding pura), rispetto alla holding che sviluppa anche una vera e propria attività operativa, senza limitarsi all’esercizio dei diritti di socio di maggioranza ma compie anche altre attività quali quelle di finanziamento o di consulenza a favore delle società controllate oppure altre attività finalizzate alla produzione o scambio di beni o servizi (holding mista).

L’agenzia delle Entrate ha sempre negato la detrazione Iva esercitata da Spv che si limitano alla mera detenzione delle partecipazioni acquisite senza svolgere alcuna attività economica, riconducendola alla figura delle holding. Per quanto di interesse nel caso di specie, nella circolare 30 marzo 2016, n. 6/E, in tema di operazioni di acquisizione con indebitamento, è stato precisato che «(…) la mera detenzione di una partecipazione societaria, senza il compimento di operazioni ulteriori e soggette ad Iva, non configura lo svolgimento di un’attività economica, in forza della quale una società può acquisire la qualifica di soggetto passivo dell’imposta. Risulta, in tal modo, precluso il diritto alla detrazione dell’imposta, legato inscindibilmente alla qualificazione dell’operatore come soggetto passivo di imposta» (sentenza del 6 febbraio 1997, causa C-80/95; sentenza del 22 giugno 1993, causa C-333/91).

Sulla base di tali principi, l’agenzia delle Entrate specifica con la medesima circolare che «ove ci si trovi in presenza di una situazione in cui la società veicolo (cosiddetta Special purpose vehicle – Spv o BidCoo NewCo) esercita quale attività la sola detenzione di partecipazioni, senza interferire in alcun modo nella gestione delle società controllate, si è del parere che non possa essere riconosciuto il diritto alla detrazione dell’Iva gravante sulle other fee né alla predetta società veicolo, né – successivamente alla fusione – alla società target qualora la stessa sia stata incorporata o abbia incorporato la citata Spv. A diverse conclusioni circa la detraibilità dell’Iva addebitata si potrebbe giungere, ovviamente, nel caso in cui la società veicolo non rivesta un ruolo di mero detentore di partecipazioni, svolgendo un’attività commerciale ai sensi di quanto disposto dall’articolo 9 della direttiva 112 del 2006, così come recepito dall’articolo 4 del Dpr 633 del 1972».

È pacifico nella giurisprudenza nazionale (da ultimo, Corte di cassazione 2213 del 28 aprile 2023) e comunitaria (C-248/20 del 18 maggio 2021) che in tema di Iva, ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia, tuttavia, richiesto il concreto svolgimento dell’attività di impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (Corte di cassazione n. 23994 del 3 ottobre 2018; Corte di cassazione n. 7440 del 17 marzo 2021; Corte di Giustizia Ue C-153/11 del 22 marzo 2012; Corte di giustizia Ue C219/12 del 20 giugno 2013) e senza che rilevino, dunque, le ragioni per cui questa non ha concretamente inizio, salva, ovviamente, l’ipotesi di abuso del diritto alla detrazione.

Successivamente, in tema sempre di holding, con la risposta a interpello 758 del 3 novembre 2021, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che una holding «operativa» che offre ai soggetti partecipanti direttamente e indirettamente servizi di comune interesse e fruizione, prestando servizi di varia natura, può essere qualificata come soggetto passivo Iva sin dalla sua costituzione e di conseguenza può esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva assolta.

In sede comunitaria, il consolidato orientamento della Corte di Giustizia ritiene che la semplice detenzione di una partecipazione societaria, come pure la mera assunzione di partecipazioni finanziarie in altre imprese, senza interferenza in modo diretto o indiretto nella gestione di queste ultime, non possa integrare un’attività economica ai sensi della disciplina Iva, in ragione della quale una società può acquisire la qualifica di soggetto passivo d’imposta.

Pertanto, per le holding la condizione che consente di svolgere un’attività economica e acquisire lo status di soggetto passivo Iva è rappresentata dall’interferenza nella gestione delle società partecipate ove essa implichi il compimento di operazioni soggette ad Iva quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici da parte della holding in favore delle controllate.

A questo riguardo, chiarisce sempre la Corte di Giustizia, «le spese connesse all’acquisizione di partecipazioni nelle sue controllate, sostenute da una società holding che partecipa alla loro gestione e che, a detto titolo, esercita un’attività economica, devono essere considerate come rientranti nelle sue spese generali e l’imposta sul valore aggiunto assolta su tali spese deve, in via di principio, essere oggetto di detrazione integrale, a meno che talune operazioni economiche effettuate a valle siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto (…)» (sentenza 16 luglio 2015, cause riunite C-108/14 e C109/14, Laurentia, Minerva e Marenave).

La sentenza della Cgt Milano

Recentemente è stata messa in dubbio la riconducibilità ai fini Iva della Spv alle società holding, dichiarando l’inconferenza dei principi fissati dalla giurisprudenza Ue in tema di detrazione Iva per, appunto, le società holding. L’orientamento da più parti auspicato è stato espresso dalla Commissione di giustizia tributaria di primo grado di Milano 3361/7/22 del 5 dicembre 2022.

Ebbene, i giudici milanesi, richiamando la Suprema Corte di cassazione (ordinanza 15239/2020) hanno affermato che «in tema di Iva, ai sensi del Dpr 633 del 1972, articolo 19, comma 1, è inerente all’esercizio dell’impresa anche l’acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perché l’attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie, purché il contribuente dimostri l’effettiva e concreta riferibilità dei beni alla futura produzione di ricavi, tenuto conto, in particolare, della loro natura e del tempo intercorso tra l’acquisto e l’uso, senza che la sussistenza dei predetti requisiti possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell’acquirente» (occorre evidenziare come in alcuni punti della sentenza citata si richiami la circostanza che la società veicolo avesse registrato (anche) delle fatture attive e avesse sostenuto il costo di utenze e servizi e che, quindi, attraverso l’incorporazione della società target e il mantenimento della partita Iva, fosse essa stessa una società operativa.

I giudici milanesi hanno pertanto valorizzato la circostanza che l’acquisto di beni e servizi da parte della Spv fosse finalizzato e preordinato alla costituzione delle condizioni necessarie per svolgere un’attività commerciale. Tale motivazione, quindi, supera l’argomentazione sostenuta dall’agenzia delle Entrate.

Conclusione

La ricostruzione operata dall’agenzia delle Entrate appare a nostro avviso non del tutto condivisibile poiché fondata su un non corretto inquadramento della fattispecie; mentre l’orientamento espresso dalla recente sentenza della Commissione di giustizia tributaria di primo grado di Milano rappresenta un incoraggiante inversione di tendenza.

Come noto, la società holding è quella struttura societaria costituita appositamente con finalità esclusiva di controllo di una o più società, mediante il possesso in capo alla stessa di quote e titoli partecipativi del capitale delle società controllate. Pertanto, ritenere a priori che una società costituita nell’ambito di una operazione di acquisizione debba essere ricondotta nella categoria delle holding significa non inquadrare correttamente la fattispecie, poiché è solo sulla base del programma di attività che la Spv intende realizzare (post fusione inversa con la target) e di quella effettivamente svolta, che è possibile concludere se si è in presenza di un soggetto passivo ai fini Iva.

Giungendo quindi ad un’analisi concreta delle fattispecie che, in base all’esperienza, si presentano nelle operazioni di acquisizione, si può sostenere che:

• le società, aventi o meno oggetto sociale tipico delle holding pure o miste, che raccolgono le risorse finanziarie dall’acquirente e dagli eventuali re-investitori, destinate a rimanere nella catena societaria costituita ad hoc ai fini dell’operazione di acquisizione e che effettueranno mera gestione di partecipazioni (tipicamente denominata come “Holdco” o “Topco”), senza effettuare alcuna altra attività, non si dovrebbero qualificare come “soggetti passivi” ai fini Iva;

• le società, aventi o meno oggetto sociale tipico delle holding pure o miste, che raccolgono le risorse finanziarie necessarie ai fini dell’effettuazione dell’acquisizione della società target (tipicamente denominata “Bidco”), destinate ad essere fuse per incorporazione (fusione diretta o inversa) dopo l’acquisizione della società target (nello stesso periodo d’imposta dell’acquisizione oppure nel o nei successivi periodi d’imposta) e che effettuerà un’attività commerciale ai fini Iva una volta realizzata la predetta operazione di fusione, dovrebbero essere qualificate come “soggetti passivi” ai fini Iva.

A tali conclusioni ci si augura potrà giungere l’agenzia delle Entrate a cui è chiesto una rivisitazione del proprio orientamento che, come detto, risulta fondato su un inquadramento non del tutto condivisibile della Spv come holding di partecipazioni e sull’incoerenza della giurisprudenza unionale richiamata emessa in tema di holding, a favore invece di una impostazione aderente alla realtà delle situazioni effettive.

Fonte: Il Sole 24Ore

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