Una linea di demarcazione netta tra crediti d’imposta inesistenti e non spettanti. È quella che prova a tracciare – per garantire imprese, professionisti e cittadini – la bozza di decreto sulle sanzioni messa a punto dalla commissione degli esperti nominata dal viceministro, Maurizio Leo.
Nel testo consegnato al ministero, per le valutazioni politiche e di copertura finanziaria, i tecnici fissano una regola chiara: di fatto, l’inesistenza di un bonus potrà essere contestata solo se c’è una frode o manca la documentazione a supporto; negli altri casi, invece, si dovrà far valere la non spettanza del credito.
Il bonus ricerca e sviluppo
La legge oggi prevede l’inesistenza quando mancano i presupposti costitutivi del bonus e l’irregolarità non è rilevabile con i controlli automatizzati, ma questa norma – introdotta dal 2016 – viene applicata in modo penalizzante dagli uffici e dai giudici.
Tant’è vero che moltissime imprese finora si sono viste contestare dalle Entrate l’inesistenza del bonus ricerca e sviluppo perché i funzionari ritengono che una certa attività svolta in laboratorio non sia innovativa. In questi casi, secondo l’impostazione proposta dagli esperti, dovrà essere contestata la non spettanza del credito, perché di fatto c’è una semplice divergenza di interpretazioni tra Fisco e contribuente. L’inesistenza colpirà le situazioni in cui, ad esempio, la documentazione è stata fabbricata ad arte e non è stata svolta alcuna attività di ricerca.
La differenza è enorme, a partire dal fatto che – con le sanzioni attuali – l’uso di un bonus non spettante è sanzionato al 30%, quello di uno inesistente dal 100 al 200 per cento. Inoltre, il reato tributario che oggi scatta oltre i 50mila euro annui di importo compensato, quando il credito è inesistente resta punibile anche se il contribuente paga l’intero debito tributario prima del dibattimento. Senza contare che la Cassazione, a fini penali, tende a considerare inesistente qualsiasi credito che per vari motivi non sia utilizzabile (sentenza 16353/23).
L’attuazione della riforma fiscale interverrà anche sulla misura delle sanzioni tributarie oggi previste, ma già la separazione tra l’ipotesi più grave e quella meno grave è fondamentale (sulla falsariga di quanto già rilevato nel Principio n. 1 di Modulo 24 Accertamento e riscossione del Sole 24 Ore dell’8 febbraio 2021).
Superbonus e lavori in casa
Il principio fissato dagli esperti varrà per tutti i crediti d’imposta, compresi quelli derivanti dal superbonus e dagli altri lavori di ristrutturazione, come prevede già il testo della legge delega (la 111/23).
Anche al di là dell’edilizia, il meccanismo del tax credit è stato molto usato negli ultimi anni per far fronte alla crisi indotta dalla pandemia (si pensi al bonus locazioni commerciali) o al caro bollette (i vari tax credit energia). È apprezzato dai contribuenti per la sua velocità di monetizzazione, ma proprio per questa facilità di utilizzo presta il fianco a rischi di frode e di riciclaggio, come evidenziato dalla Corte dei conti nella Relazione annuale sul rendiconto generale, soprattutto in caso di «circolazione illimitata e non adeguatamente presidiata».
È chiaro, però, che continuerà a essere prevista l’inesistenza del credito in caso di importi fittizi individuati con attività specifiche di indagine come quelle svolte dalla Guardia di finanza (intercettazioni, ispezioni e così via), che nel 2022 hanno portato alla luce 2,39 miliardi di euro di bonus non esistenti. E questo sia per i crediti generati da società cartiere nel campo della ricerca, sia per i bonus derivanti da cantieri edilizi rimasti sulla carta.
Fonte: Il Sole24Ore