Affitti brevi della durata di almeno due notti nei centri storici delle grandi città. Qualifica di imprenditore per chi destina alla locazione turistica più di due appartamenti. Obbligo di installare i dispositivi per la rilevazione del monossido di carbonio e di rispettare gli obblighi di prevenzione incendi, i requisiti igienico-sanitari e la sicurezza impianti.
Per ora è soltanto un disegno di legge, ma il testo presentato dal ministro del Turismo, Daniela Santanché, ha già scatenato le proteste di Aigab, Confedilizia, Fiaip e Prolocatur ed è destinato – se sarà approvato dal Parlamento – a cambiare le regole degli affitti turistici.
In attesa di seguire il dibattito dei prossimi giorni e l’iter del testo, vediamo alcuni dei principali contenuti.
I contratti interessati
Il disegno di legge fa riferimento alle «locazioni di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche». Nel primo articolo, però, si dice che i princìpi dettati dalla legge sono da intendersi applicabili anche:
• al contratto di locazione breve (fino a 30 giorni), regolato dal manovra di primavera del 2017 (Dl 50, articolo 4);
• al contratto transitorio da 1 a 18 mesi, regolato dalla legge generale sugli affitti abitativi (431/1998);
• a «ogni altro contratto, comunque denominato, che abbia ad oggetto la concessione in godimento, per finalità turistiche, di unità immobiliari ad uso abitativo».
Presunzione d’impresa oltre i due appartamenti
La manovra 2021 (legge 178/2020, comma 595) ha previsto che il regime fiscale delle locazioni brevi fino a 30 giorni – che prevede tra l’altro la cedolare secca al 21% – «è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta». Oltre questa soglia, l’attività «si presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell’articolo 2082 del codice civile».
Il disegno di legge si propone abbassare il limite a due appartamenti. In pratica, la presunzione di attività imprenditoriale scatterebbe a partire da tre alloggi in su.
Tutti coloro che svolgono attività imprenditoriali – prevede ancora il Ddl – dovranno presentare la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) allo Sportello unico per le attività produttive (Suap).
Già con l’attuale limitazione a quattro appartamenti – scattata dall’anno d’imposta 2021 – è stato chiarito che il calcolo va effettuato considerando solo le unità destinate all’affitto direttamente dal singolo contribuente che opera come locatore (ignorando, perciò, quelle di sua proprietà affidate in gestione a un sublocatore o comodatario).
Inoltre, è ormai assodato che l’attività d’impresa – in presenza dei requisiti – può essere svolta optando per il regime forfettario.
Durata minima di due notti
Il disegno di legge fissa un limite minimo di due notti consecutive «a pena di nullità» per i contratti di locazione per finalità turistiche riguardante uno o più immobili abitativi situati nelle aree centrali (zone territoriali omogenee A come definite dal Dm 1444/1968) dei Comuni capoluogo delle città metropolitane. Si tratta quindi dei Comuni di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
È prevista, inoltre, una sanzione pecuniaria da 1.000 a 5mila euro per chi concede in locazione immobili per una sola notte.
Anche nelle città interessate dal nuovo limite, comunque, il minimo delle due notti non vale per le locazioni al di fuori dei centri storici. Andrà poi chiarito il caso delle locazioni “non turistiche”, come quelle per trasferte di lavoro, per assistere familiari ricoverati, per motivi di studio, per partecipare a un concorso pubblico e così via: ricadono nei princìpi del disegno di legge o saranno consentite anche per una sola notte?
Da notare che la norma ipotizza la nullità civilistica del contratto, senza esprimersi sul trattamento fiscale delle somme eventualmente incassate dal locatore in forza di un contratto nullo.
I requisiti minimi
Il disegno di legge afferma poi che tutti coloro che concedono abitazioni in locazione per finalità turistiche – siano essi privati o imprenditori – sono tenuti a rispettare «gli obblighi riguardanti la prevenzione di incendi». Impone, inoltre, l’installazione di dispositivi per la rilevazione del monossido di carbonio in tutte le unità immobiliari affittate allo stesso scopo. Prevede, infine, il divieto di concedere in locazione unità ad uso abitativo per finalità turistiche prive dei requisiti igienico-sanitari e sicurezza degli impianti.
Sarà importante inquadrare correttamente gli obblighi e le conseguenze delle loro violazioni: l’assenza del rilevatore di monossido di carbonio, ad esempio, non farebbe scattare il divieto di locazione turistica; l’assenza dei requisiti igienico-sanitari e sicurezza degli impianti, invece, sì.
Intermediari responsabili per l’imposta di soggiorno
Nel disegno di legge c’è anche l’estensione della responsabilità per il pagamento dell’imposta o del contributo di soggiorno (attualmente prevista in capo al soggetto che incassa il canone o il corrispettivo, o che interviene nel pagamento dei canoni o corrispettivi, dall’articolo 4, comma 5-ter del Dl 50/2017). In particolare, verrebbero ritenuti responsabili anche i soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare o gestione di portali telematici «qualora abbiano incassato il canone o il corrispettivo, ovvero siano intervenuti nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, in relazione ai contratti di locazione per finalità turistiche di cui alla presente legge nonché ai contratti di albergo, alloggio, o comunque diversamente denominati, conclusi con le strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere».
In pratica, sarebbero responsabili dell’imposta o del contributo di soggiorno anche le agenzie immobiliari e i portali telematici, compresi quelli che intervengono nella locazione turistica di strutture ricettive alberghieri o extra-alberghiere.
Le prestazioni accessorie
Sotto il profilo fiscale è interessante la precisazione che il contratto di locazione per finalità turistiche «può eventualmente avere ad oggetto prestazioni accessorie, quali la fornitura di biancheria e il servizio di pulizia dei locali».
L’indicazione non è esaustiva. Perciò, a una prima lettura, anche una locazione turistica che include – ad esempio – una visita guidata o un’attività didattica resta una locazione (e non diventa una prestazione di servizi), a patto che le altre attività siano “accessorie” e non diventino preponderanti rispetto alla messa a disposizione dei locali.
Il codice unico nazionale
Nel disegno di legge c’è anche l’obbligo per i locatori di chiedere al ministero del Turismo il codice identificativo nazionale (Cin), che alimenterà la banca dati nazionali e – a regime – sostituirà i Codici identificativi regionali già rilasciati.
Concedere in locazione turistica un immobile privo del Cin farà scattare sanzioni da 800 a 8mila euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore