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Esclusi dal fallimento i beni costituiti in un fondo patrimoniale

La legge fallimentare prevede che non siano compresi nel fallimento i beni costituiti dal fallito in fondo patrimoniale e i frutti di essi.
 

L’articolo 46, n. 3, legge fallimentare prevede espressamente che non sono compresi nel fallimento… i beni costituiti dal fallito in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 Cc. Al riguardo la locuzione salvo quanto disposto dall’articolo 170 Cc va interpretata nel senso che i creditori concorsuali potranno autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni. Deriva da quanto precede, pertanto, che in presenza di un atto opponibile al fallimento perché anteriormente trascritto (e fatta ovviamente salva la sua revocabilità ai sensi degli artt. 64 e segg. legge fallimentare, se ricorrono i presupposti delle varie azioni di inefficacia) il giudice delegato non può disporre, inaudita altera parte, ai sensi dell’articolo 25, n.2, legge fallimentare l’acquisizione in danno del fallito dei beni costituiti in fondo patrimoniale, che rappresentano un patrimonio separato destinato unicamente a soddisfare i creditori per i debiti contratti per i bisogni della famiglia, fra i quali non rientrano di norma i debiti contratti dal fallito nell’esercizio dell’impresa. Ciò tanto più quando il provvedimento incida anche sul diritto del coniuge disponente non fallito, incompatibile con l’acquisizione. Invero, il decreto di acquisizione può essere emesso solo quando sia pacifica la appartenenza del bene al patrimonio del fallito, e dunque certamente non in presenza di una norma che espressamente detta appartenenza esclude; né è dato ritenere che il giudice delegato possa autonomamente decidere se ricorrano i presupposti dell’articolo 170 Cc, a norma del quale il creditore può agire in via esecutiva sui beni del fondo se ignora che l’obbligazione è stata contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia, perché ciò significherebbe abrogare tacitamente la prima parte dell’articolo 46, n. 3, citato. Questo il principio espresso dalla Sezione I della Cassazione con la sentenza 26 giugno 2023 n. 18164.

I prececenti
Con riguardo all’art. 46 n. 3, legge fallimentare, nel testo anteriore al decreto legislativo n. 5 del 2006, sostanzialmente nello stesso senso della pronunzia ora in rassegna, e – in particolare – per l’affermazione che il provvedimento del giudice delegato al fallimento, con il quale il curatore viene autorizzato ad acquisire alla massa un immobile costituito in patrimonio familiare (dal debitore e dalla moglie) in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, costituisce un atto «abnorme», il quale, non potendo rientrare tra «i provvedimenti per la conservazione del patrimonio ex art. 25 legge fallimentare n. 2», è da ritenersi privo di esistenza giuridica, in quanto estraneo alla tipologia degli atti processuali, con la conseguenza che contro di esso, inidoneo a produrre effetti giuridici, non è proponibile il mezzo di impugnazione ordinario del ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost., bensì è esperibile, in ogni tempo, l’actio nullitatis che non è un gravame ma una azione ordinaria di accertamento, Cassazione, sentenza 9 aprile 1984, n. 2258, in Giustizia civile, 1984, I, p. 2131; in Diritto fallimentare, 1984, II, p. 757 e in Giurisprudenza italiana, 1984, I, 1, c. 1365.
Ricordate in motivazione, nella pronunzia in rassegna:
– in termini generali, nel senso che il decreto, emesso ex articolo 25 comma 1, n. ,2 legge fallimentare, con il quale il giudice delegato dichiari l’inefficacia di un ordine di bonifico, il cui importo sia già stato accreditato sul conto della società destinataria, è giuridicamente inesistente o abnorme, per carenza assoluta di potere, in quanto diretto all’acquisizione di somme in possesso di terzi che ne contestino la spettanza al fallimento; lo strumento di cui all’articolo 25 legge fallimentare, infatti, può essere adottato in luogo dell’azione in via ordinaria, per la declaratoria di inefficacia del giroconto ex articolo 44 legge fallimentare, solo quando non sia contestata la spettanza al fallimento dei beni e delle attività di cui è disposta l’acquisizione, non potendo i provvedimenti del giudice delegato, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge fallimentare, incidere su diritti soggettivi dei terzi senza l’attivazione di un ordinario procedimento di cognizione, Cassazione, ordinanza 24 gennaio 2023, n. 2058;
– per l’affermazione che l’articolo 46, n. 3, della legge fallimentare (nel testo anteriore al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5), secondo cui non sono compresi nel fallimento i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto disposto dagli articoli 170 e 326 Cc, sebbene dettato per l’abrogato istituto del patrimonio familiare, si applica anche al nuovo istituto del fondo patrimoniale, ad esso succeduto, in quanto, pur non coincidendo le relative discipline, per l’attenuazione dei vincoli di inalienabilità ed inespropriabilità previsti in riferimento al fondo patrimoniale, risultano identici i fini perseguiti dai due istituti e lo strumento a tal fine predisposto, consistente nella previsione di un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità, Cassazione, sentenza 22 gennaio 2010, n. 1112, in Guida al diritto, 2010, fasc. 7, p. 36, con nota di Leo M., Il vincolo di destinazione voluto dai coniugi resiste all’azione giudiziaria del curatore;
– per il rilievo che sebbene, ai sensi dell’articolo 43 della legge fallimentare, la perdita della legittimazione processuale del fallito coincida con l’ambito dello spossessamento fallimentare, poiché i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento (trattandosi di beni che, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori), permane rispetto ad essi la legittimazione del debitore-fallito, sicché sussiste la legittimazione processuale di quest’ultimo nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria ordinaria del fondo patrimoniale, Cassazione, ordinanza 9 maggio 2019, n. 12264; sentenza 18 ottobre 2011, n. 21494 (nonché Cassazione, sentenza 20 giugno 2000, n. 8379, in Diritto fallimentare, 2001, II, p. 913, con nota di Maceroni M., Il diritto di famiglia e le procedure concorsuali: difficile coesistenza di due ambiti incomunicanti).

Il merito
Sulla questione specifica, per la giurisprudenza di merito, sostanzialmente nella stessa ottica della pronunzia ora in rassegna e, in particolare, per l’affermazione che l’ articolo 46, n. 3, legge fallimentare, nella parte in cui fa salvo il disposto dell’articolo 170 Cc, deve essere interpretato non nel senso di consentire l’acquisizione al fallimento dei beni costituiti in fondo patrimoniale, al fine di soddisfare con il ricavato della loro vendita i crediti contratti per esigenze della famiglia che fossero eventualmente insinuati al passivo, bensì in quello di garantire che, malgrado il fallimento, i titolari di crediti di siffatta natura conservino la facoltà di aggredire i predetti beni, Tribunale di Verona, sentenza 12 ottobre 2020, in Dirittodellacrisi.it, 2020.

La revoca dell’atto di cosituzione del fondo patrimoniale
Sulla revoca dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, in caso di fallimento del costituente, si è precisato, tra l’altro:
– in tema di revocatoria ordinaria esercitata dal fallimento, spetta al curatore la dimostrazione dell’eventus damni, ovvero dell’effetto pregiudizievole dell’atto di cui si chiede la revoca, atteso che l’onere della prova della sufficienza del patrimonio residuo a soddisfare le ragioni creditorie non può, da un lato, gravare sul debitore – in quanto il curatore rappresenta contemporaneamente sia la massa dei creditori sia il debitore fallito – né, d’altro canto, essere posto a carico del convenuto beneficiario dell’atto, in quanto, in ossequio al principio della vicinanza della prova, quest’ultimo non è tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale del suo dante causa, Cassazione, sentenza 31 gennaio 2018, n. 2336, che ha cassato la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha ritenuto privo di effetti pregiudizievoli un atto di costituzione di fondo patrimoniale su immobile in precedenza ipotecato a tutela di un credito originato da mutuo fondiario, avendo, per effetto dell’articolo 41 decreto legislativo 1 settembre 1993 n. 385, l’ipoteca già diminuito la garanzia generale del debitore comune nei confronti della massa passiva del fallimento;
– la costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti; esso, pertanto, è suscettibile di revocatoria, a norma dell’articolo 64 legge fallimentare, salvo che si dimostri l’esistenza, in concreto, di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione, Cassazione, ordinanza 6 dicembre 2017, n. 29298, in Diritto di famiglia, 2018, p. 456; sentenze 8 agosto 2013, n. 19029, in Diritto di famiglia, 2014, p. 1050, con nota di Morace Pinelli A., Fondo patrimoniale e azione revocatoria fallimentare; 23 marzo 2005, n. 6267;
– l’articolo 47, comma 2, legge fallimentare, il quale vieta che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria l’abitazione di quest’ultimo e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso prima della fase terminale del procedimento fallimentare, si pone su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l’inefficacia dell’atto di costituzione della stessa in fondo patrimoniale, ai sensi dell’articolo 64 legge fallimentare e non interferisce, pertanto, con l’esperibilità dell’azione revocatoria, Cassazione, sentenza 8 agosto 2013, n. 19029;
– l’azione proposta dal curatore per far valere l’inefficacia, ex articolo 64 legge fallimentare, della costituzione del patrimonio familiare effettuata dal fallito nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento ha natura dichiarativa e, perciò, non è soggetta a prescrizione, Cassazione, sentenza 30 settembre 2011, n. 20067.

Fondo patrimoniale e merito
Nella stessa ottica, della giurisprudenza di legittimità testé ricordata, sulla revocabilità, ex art. 64, legge fallimentare, dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, per i giudici di merito, Tribunale di Monza, sentenza 1° febbraio 2018, in Rivista diritto famiglia e successioni, 2018, p.166, nonché Tribunale di Latina, sentenza 21 febbraio 2012, in Diritto fallimentare, 2013, II, p. 213 (con nota di Cerri F., Fondo patrimoniale e azione revocatoria fallimentare), secondo cui deve escludersi, altresì, che tale costituzione possa considerarsi di per sé, così ricadendo in una delle esenzioni previste dalla seconda parte del cit. articolo 64 legge fallimentare, come atto compiuto in adempimento di un dovere morale nei confronti dei componenti della famiglia.
Sempre in sede di merito si è affermato, altresì, che il fatto che la costituzione del fondo patrimoniale familiare sia stata immediatamente seguita dalle iscrizioni ipotecarie non è affatto indice della mancanza di volontà dell’atto, ma, anzi, fa ritenere che lo scopo dello stesso, cioè il motivo dell’atto effettivamente voluto, non era quello di vincolare i beni ai bisogni della famiglia ma quello di sottrarli agli atti esecutivi dei creditori; tale atto, comportando disposizione del patrimonio del debitore ed essendo potenzialmente pregiudizievole per i creditori che possono vedersi preclusa la possibilità di agire esecutivamente su quei beni e sui relativi frutti, è revocabile, Tribunale di Firenze, sentenza 6 marzo 1987, in Diritto fallimentare, 1987, II, p. 524, con nota di Bronzini M., Revocatoria e «fondo patrimoniale».
In termini generali:
– per il rilievo che i beni del fondo patrimoniale, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori, i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento, e rispetto ad essi (nella specie azione revocatoria ordinaria) permane la legittimazione processuale del debitore, Cassazione, sentenza 18 ottobre 2011, n. 21494, in Giustizia civile, 2013, I, p. 1157;
– nel senso che il giudicato, che accerti l’opponibilità alla curatela del fallimento di un atto costitutivo di patrimonio familiare (articolo 169, vecchio testo, Cc) e, quindi, l’inespropriabilità dei beni del patrimonio stesso in quanto esclusi dall’attivo fallimentare, spiega effetti anche nei confronti di coloro che abbiano comprato i beni medesimi in sede di liquidazione concorsuale, nonché dei successivi acquirenti, considerato che il loro diritto, presupponendo il potere dispositivo del curatore, resta travolto dal suddetto accertamento, Cassazione, sentenza 7 aprile 1989, n. 1661, in Fallimento, 1989, p. 895; in Diritto di famiglia, 1989, p. 577 e in Diritto fallimentare, 1989, II, p. 1077.

La dottrina
In dottrina, in margine a Cassazione, sentenza 22 gennaio 2010, n. 1112, cit., oltre alla già ricordata nota di Leo M., in Guida al diritto, 2010, fasc. 7, p. 36, tra i numerosi contributi: Fimmanò F., Destinazione patrimoniale e separazione delle masse, Notariato, 2010, p. 247; Rufo Spina C., Fondo patrimoniale e fallimento, in Giurisprudenza italiana, 2010, p. 2540; Figone A., Fondo patrimoniale e successivo fallimento del disponente, in Fallimento, 2010, p. 553; Galluzzo F., Destino dei beni costituiti in fondo patrimoniale in caso di fallimento del loro titolare, in Corriere Giuridico, 2011, p. 96; Arceri A., I beni costituiti in fondo patrimoniale non rientrano nella massa fallimentare, in Questioni diritto famiglia, 2010, fasc. 3, p. 59.

Fonte: Il Sole 24Ore

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