L’attività svolta dall’apprendista deve avere un nesso con il titolo di studio che conseguirà. In tal senso il parere 1369/2023 dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) circa i requisiti per lo svolgimento di un apprendistato di primo livello, finalizzato al conseguimento di una qualifica e del diploma professionale, del diploma di istruzione secondaria superiore e del certificato di specializzazione tecnica superiore.
Il caso riguarda un apprendista cuoco assunto per attività stagionale per il quale è stato chiesto all’Ispettorato se debba provenire da un istituto scolastico alberghiero, in assenza di indicazioni relative al percorso di istruzione nella regolamentazione regionale di riferimento.
La tipologia contrattuale in questione è caratterizzata da un contenuto formativo. Il datore di lavoro è tenuto a erogare, come corrispettivo della prestazione di lavoro, non solo la retribuzione, ma anche la formazione necessaria all’acquisizione delle competenze professionali o alla riqualificazione di una professionalità. L’apprendistato di primo livello, disciplinato dall’articolo 43 del Dlgs 81/2015, in particolare, è rivolto a giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, iscritti e inseriti all’interno di un percorso scolastico o formativo, la cui disciplina è rimessa quasi interamente alle Regioni. La finalità è il conseguimento di un titolo di studio della formazione secondaria di secondo grado, tramite un percorso formativo duale che, come precisato dal ministero del Lavoro nella circolare 12/2022, si realizza in parte presso un’istituzione formativa e in parte presso un’impresa. L’articolo 46 del decreto definisce gli standard formativi del contratto ai fini della validità delle successive certificazioni della formazione erogata. Infatti, al termine del percorso di formazione, l’istituzione formativa di provenienza dello studente certifica le competenze acquisite dallo stesso anche al fine dei titoli di studio che conseguirà.
Ciò premesso, l’assenza nella regolamentazione regionale di vincoli legati a uno specifico percorso di istruzione, come nel caso dell’Emilia Romagna, secondo l’Inl non consente comunque al datore di lavoro e all’istituzione formativa di trascurare una valutazione dell’attività che l’apprendista svolgerà in azienda. Del resto, nel manuale operativo allegato alla circolare 12/2022, viene sottolineato come il datore di lavoro e l’ente formativo debbano verificare l’effettiva fattibilità del contratto di apprendistato «attraverso l’accertamento della coerenza tra attività lavorative (figura contrattuale) e titolo di studio (es. qualifica/diploma)». Informazione che, in base al Dm 12 ottobre 2015, deve essere data all’apprendista e, se minorenne, ai suoi familiari.
Fonte: Il Sole 24Ore