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Chi delocalizza entro dieci anni deve restituire gli aiuti di Stato

Raddoppia solo per le grandi imprese il periodo di monitoraggio: la decadenza comporta anche la sanzione da due a quattro volte l’incentivo.

Divieto decennale di delocalizzazione extra Ue per le grandi imprese che hanno ottenuto aiuti di Stato a fronte di investimenti produttivi. Lo prevede l’articolo 8 del decreto legge 104/2023, in vigore da venerdì 11 agosto 2023, che porta da 5 a 10 anni il periodo entro cui la delocalizzazione fa scattare il recupero dei contributi ricevuti dalle imprese di grandi dimensioni. La disposizione, che interviene sull’articolo 5 del decreto Dignità del 2018, non prevede una decorrenza specifica, restando da chiarire se essa vada a colpire soltanto gli investimenti realizzati d’ora in avanti o anche quelli pregressi. Per la definizione di grande impresa si fa riferimento alle regole comunitarie e dunque a società che, al livello di gruppo, superano le soglie delle Pmi: 250 dipendenti, fatturato di 50 milioni oppure attivo di 43 milioni.

Delocalizzazione nel mirino
L’articolo 8 del Dl 104/2023 raddoppia, per le sole grandi imprese, il periodo di monitoraggio degli insediamenti produttivi a fronte dei quali sono stati concessi aiuti di Stato. La norma di riferimento è l’articolo 5, comma 1, del Dl 87/2018 che ha previsto che, fatti salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali, le imprese – italiane ed estere – che hanno beneficiato di un aiuto di Stato (articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) relativo a investimenti produttivi decadono dal beneficio qualora l’attività economica venga delocalizzata in tutto o in parte in Stati extra Ue (esclusi quelli dello spazio economico europeo) nei cinque anni successivi alla conclusione dell’iniziativa. La decadenza comporta, oltre al recupero dei contributi maggiorati di interessi (tasso ufficiale di riferimento aumentato di 5 punti), l’irrogazione di una sanzione da due a quattro volte l’incentivo ricevuto.

La delocalizzazione, come indica il medesimo articolo 5, consiste nel trasferimento dell’attività economica incentivata o di una sua parte ad un diverso sito produttivo, da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa controllata, controllante o collegata.

Il Dl 104 porta a 10 anni l’arco temporale di sorveglianza riguardante le grandi imprese, individuate ai sensi della raccomandazione Ue 2003/361/Ce. Si tratta, in particolare, delle imprese che superano i livelli per essere considerate Pmi: non più di 250 dipendenti e ricavi non superiori a 50 milioni di euro oppure totale attivo non superiore a 43 milioni di euro (valori risultanti dall’ultimo bilancio approvato). Se l’impresa fa parte di un gruppo con rapporti di controllo, si fa riferimento ai dati consolidati oppure, in caso di partecipazioni non di controllo, ma non inferiori al 25%, sulla base dei dati pro quota delle imprese associate (Dm 18 aprile 2005).

Decorrenza rebus
Rimane invece immutato in cinque anni, anche per le grandi imprese, il periodo di sorveglianza previsto dall’altra disposizione anti delocalizzazione, contenuta nel comma 2 dell’articolo 5 del decreto Dignità, che riguarda gli aiuti concessi per investimenti specificamente localizzati in una determinata area (in questo caso è colpita ogni delocalizzazione, anche in Italia o nella Ue, ma non sono dovute le sanzioni).

L’estensione a 10 anni della norma anti delocalizzazione per le grandi imprese è entrata in vigore l’11 agosto 2023 e non è accompagnata da una specifica decorrenza. La norma originaria (sulla quale interviene il Dl 104/2023) escludeva espressamente dalla stretta i benefìci già concessi e gli investimenti che erano già stati avviati. Mancando una simile disposizione transitoria, potrebbe dunque ritenersi che il nuovo periodo decennale si applichi anche a investimenti agevolati già completati, per i quali non sia ancora scaduto il periodo quinquennale previsto dalla disposizione precedente. In questi casi, cioè, l’impresa (di dimensioni “grandi”) rimarrebbe vincolata, non più fino alla scadenza del quinquennio, ma per il maggior termine di 10 anni dalla data di ultimazione. Non dovrebbero invece essere colpiti incentivi che si sono già definitivamente consolidati, essendo scaduto, entro il 10 agosto scorso, il periodo di 5 anni stabilito dalla norme precedente.

Fonte: Il Sole 24Ore

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